Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXXIX - Cappelle fuori della Città.

Capo XXXIX - Cappelle fuori della Città.

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Capo XXXVIII - Cappella di S. Carlo, del Crocifisso e di S. Libera. Capo XL - Conventi.
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CAPO XXXIX.


Cappelle fuori della città.


1ª Chiesa della Consolata.

Nel sito ove sorge attualmente questa chiesa su d’un muro attiguo alla fontana detta della Gottrosa eravi dipinta una immagine di M. V. col Bambino. Si professava a questa una divozione particolare dai cittadini di Ceva, e dalle popolazioni circostanti.

In vista di ciò nacque il pensiero di costruirvi una chiesa. Si raccolsero limosine, si presero i necessarii concerti con monsignor Brizio vescovo d’Alba ed alli 10 giugno 1647. L’arciprete Ippolito Derossi a ciò specialmente delegato, collocò solennemente la prima pietra fondamentale della nuova chiesa. Si fa di essa particolar menzione da monsignor Della Chiesa nella Corona Reale a pag. 145, il quale parlando delle chiese di Ceva, dice.... «se ne è fabbricata ai giorni nostri una dedicata alla madre del Signore, nella quale quotidianamente dai fedeli varie grazie si ricevono».

Uno dei più fervidi promotori di questa fabbrica si fu il medico Stefano Calandri, il quale vi fondò un benefizio con istromento 30 settembre 1647, rogato in Pievetta dal notaio Chiarlone con discreta dotazione. Benefizio approvato da monsignor Brizio li 7 novembre stesso anno.

Questa chiesa di forma ottangolare e di vago aspetto con bella facciata e spazioso portico, fu fabbricata in un’area graziosamente ceduta dai fratelli Antonio e Matteo Moretti.

[p. 209 modifica]La civica amministrazione concorse in parte alla costruzione di questa chiesa, interviene in corpo alla processione che vi si fa ogni anno addì 8 settembre, e si è obbligata sino dall’epoca della sua fondazione a somministrare annualmente n. 14 candele da 3 oncie caduna, per la novena della Natività di Maria SS.

La sacrestia della Collegiata in forza di testamento 5 dicembre 1795 della fu Elisabetta Squarra è pure tenuta a pagar annualmente per questa novena le somma di ll. sedici cent. cinquanta.

Il signor D. Lorenzo Manfredi cappellano di questa Chiesa costituì un censo di lire mille duecentocinquanta con istromento 6 luglio 1801 da convertirsene il provento in celebrazione di Messe. Sono proprii di questa chiesa due altri censi, l’uno di lire mille e venti, l’altro di lire 4001.

L’anno 1843 per cura del cappellano D. Uberti Giuseppe si fece ampliare questa chiesa con una rotonda che comprende l’altar maggiore e forma una specie di coro, e fece dipingere tutto l’interno della chiesa e la stessa facciata e portico dal Cevese Pietro Bergallo pittore ornatista non disprezzevole.

Grande è la divozione che si professa dai cittadini a questo piccolo ma vago santuario. I confratelli di S. Maria praticano in ogni anno di farvi nei dì festivi nove processioni, e vi si fa dal capitolo e dal popolo la seconda processione delle rogazioni.

Al ritorno di casa Savoia nei suoi Stati di terraferma si fece a questo tempio una solenne generale processione per ringraziare l’Altissimo e la gran Vergine della Consolazione pei riacquistati antichi monarchi, e si fece apporre sul frontone della chiesa la seguente iscrizione dettata dall’ex-Agostiniano padre Franco professore di rettorica.

[p. 210 modifica]« Laetamini. exultate. Cives. hic. Deo. grates. Virgini. laudes. Regi. reduci. aetatem. ore. corde. dicite. XXII. Maji. MDCCCXIV. »

Questa chiesa è servita da un cappellano nominato dall’arciprete della Collegiata ed approvato dal Vescovo.

2° Cappella del forte.

Questa cappella intagliata nel duro tufo su cui era costrutto l’antico forte, fu da tempo antichissimo dedicata a M. V. dei dolori; non è molto ampia, ma esposta al pien meriggio, veste un aspetto il più gaio che desiderar si possa. Avanti all’ampio fenestrone che le dà la luce si conservano anche negl’inverni i più rigidi pianticelle verdeggianti e di precoce fioritura. Si giunge a questa cappella per un lungo corridoio a piano inclinato, fiancheggiato da piccole camere, e dalla parte occidentale della medesima vi è una sala grande quanto la chiesa che serviva una volta di polveriera. L’antica statua che ivi si venerava fu, come si dirà altrove, trasportata nella chiesa collegiata, e la chiesa profanata dalle truppe francesi che si resero padroni del forte nel 1796, fu di nuovo benedetta e resa uffiziabile per cura del signor Luigi Nasi da Pamparato padrone di tutti i siti che occupava l’antica fortezza.

Quando quella era in piede era grande l’affluenza dei divoti a questo sotterraneo santuario, chiamato la Madonna della Guardia, ed anche al giorno d’oggi non v’è persona che visitando le maestose rovine di questa cittadella non visiti pur anche questa cappella.

Li 26 luglio 1855 fu visitata con singolar compiacenza dai giovani principi Umberto ed Amedeo di Savoia figli del Re Vittorio Emmanuele II, i quali avendo visto nell’antica polveriera due palle da cannone irrugginite mostrarono desiderio di averle, e loro furono col più vivo piacere accordate dal padrone del luogo. I due principi reali furono colà accompagnati dai due governatori conte Rossi, e conte Villamarina, dall’abate Placido Pozzi da Villanova di Mondovì [p. 211 modifica]loro precettore, dal conte Sauli Senatore del Regno, dal marchese Luigi Pallavicini vice sindaco di Ceva, e dall’arciprete Giovanni Olivero scrittor di queste memorie.

È tradizione, che prima che si fabbricasse la fortezza vi fosse su quella rocca un borgo cospicuo di Ceva, e questa tradizione si conferma da una lapide marmorea già avanti citata che si scoperse nella demolizione dei baluardi attigui alla Madonna della Guardia, su cui si legge in cattivi versi latini che nel 1489 vi fu colà un giubileo concesso dal papa Innocenzo mentre era ministro di quella chiesa (come si deve supporre) padre Garrassino. Si vedono scolpite su questa lapide due armi gentilizie dei Calagrano, e vi si leggono i nomi di Gerolamo e di Guglielmino de Calagranis2.


     Annis. millenis quatricentis. octo. qe. genis
     Trinacliis. qe. tribus sanctus fuit hic jubileus
     A pœna et culpa te dante in Papa Nocenti
     Arma suprema Pape destris stat arma Hieromi
     Sunt Guglielmini que sunt a parte sinistra
     De Callagranis quos lungum ducat in evum
     Minister templi factus frater Garrassinus.


Questa lapide è attualmente posseduta dal signor Biagio Garrassino, uno dei principali cittadini di Ceva.

Nel 1825, ricordevoli alcuni membri del Capitolo che questa chiesa era al possesso di stabili e di preziosi arredi sacri rassegnarono alla maestà di Carlo Felice Re di Sardegna la supplica seguente che si riporta in disteso potendosi considerare come un istorico documento.

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S. R. M.

«Li canonici della Collegiata di Ceva, rappresentano col maggior rispetto a V. S. R. M. che nella fortezza la quale sovrastava a questa città vi stanziava una chiesa dedicata alla SS. Vergine dolorata, in cui si venerava una miracolosa statua di detta Vergine, che da più secoli è sempre stata in somma venerazione non solo presso questi cittadini, ma anche appresso i fedeli dei paesi circonvicini, di modo che nell’anno 1483 la santità d’Innocenzo VIII, per la rinomanza avuta della singolar divozione che questa città aveva verso questa SS. Vergine, e per le grazie da Essa ottenute, si degnò di accordare a detta chiesa il santo giubileo, di che ne consta da lapide marmorea quale esisteva in detta fortezza e che tuttora si conserva in questa città.

Che la suddetta chiesa aveva alcuni stabili, i quali furono alienati dal cessato governo, che questa pure era provvista di tutti i vasi sacri, come pure di due lampade, di turibolo e navicella, il tutto d’argento, oltre varii voti d’argento ed uno d’oro con tutte le suppellettili sacerdotali per le sacre funzioni.

Che tutti questi effetti all’occasione che l’armata nemica francese tentava di occupare la fortezza, il signor conte di Tornafort in allora governatore di questa piazza li fece trasportare a Torino facendoli accompagnar dal signor D. Pacchiaudi cappellano di detta chiesa e stipendiato dalla R. Segreteria di guerra dove son sempre rimasti.

Che il lodato signor governatore sul timor che occupata la fortezza la suddetta miracolosa statua potesse soffrire dal nemico qualche sacrilego trattamento, animato da religioso zelo la fece portar in questa città, consegnandola a questo collegiale Capitolo, e a condizioni che fosse riposta nella sua primitiva chiesa, quando fossero cessate le ostilità, ma in seguito alla demolizione della fortezza questo sacrato pegno restò in questa Collegiata, dove collocata in un altare suo proprio continua ad esser venerata colla maggior divozione, denominandosi tuttora la Madonna del forte.

[p. 213 modifica]Che però la detta cappella ed altare, dove ritrovasi, non essendo abbastanza decente, gli esponenti bramerebbero di ergere altra cappella ed altare più convenienti ad una statua sì antica e miracolosa, oppure di meglio adornarne quella, ove attualmente ritrovasi, mancando questa chiesa collegiata quasi d’ogni sorta di reddito e non avendo altro mezzo per eseguire il pio desiderio, hanno pensato di ricorrere ai piedi del Trono di V. S. R. M.

Umilmente supplicandola a voler accordar loro benignamente una qualche somma od annua pensione per essere intieramente impiegata ad onor della statua che si gloriano di conservare come propria della V. S. R. M.3

La R. Segreteria di Stato rispose a questa supplica in data 3 settembre 1825 con un semplice non farsi luogo, e così sparirono gli stabili, i sacri arredi, e le argenterie di cui era padrona questa chiesa4.

[p. 214 modifica]3° Due cappelle dei Ferrazzi.

Nel quartiere dei Ferrazzi, territorio e parrocchia di Ceva, si trovano due cappelle, la prima dedicata a Maria SS. di Loreto, e la seconda alla Madonna degli Angeli.

La Madonna di Loreto è situata sulla collina attigua alla strada che da Ceva conduce a questa contrada campestre dei Ferrazzi, è di modesta architettura, piuttosto piccola, e vi si venera una statua tinta di nero nel volto, nelle mani, e nei piedi, così si dica del Bambino che sostiene sul destro braccio, e si dice che tale sia la statua che si venera in Loreto.

Di questa cappella non si hanno documenti autentici che ne datino la fondazione, né vi sono annessi legati di messe. Quella dedicata alla Madonna degli Angeli, di moderna costruzione, ornata di buoni quadri era propria dei signori Rovelli, ed attigua ad una cascina di loro proprietà distante un quarto di miglio dalla Madonna di Loreto verso mezzanotte.

L’abate Alessandro Rovelli fu convittore di Superga, e quindi canonico onorario di questa Collegiata, con suo testamento 13 novembre 1811 rogato Bellone, obbligò in perpetuo i suoi eredi e successori nel possesso di detta cascina, di far celebrare in tutti i giorni festivi dell’anno una messa letta in questa cappella coll’obbligo al celebrante di fare o prima o dopo la messa, un po’ di catechismo agli accorrenti.

3° S. Lino e S. Bernardino.

La piccola cappella di S.Lino è posta su di un alto poggio, che sovrasta alla regione così detta di Costabella. Si gode di lassù d’una vista delle più estese e deliziose dei dintorni di Ceva. La solitudine del sito, la purità dell’aria, il nome di S. Lino che ricorda il primo papa dopo S. Pietro, l’affluenza dei divoti che vi s’adunano una volta l’anno su quella vetta, destano nel cuore commozioni le più dolci e religiose. Nel tempo, delle guerre contro i francesi questa [p. 215 modifica]chiesuola serviva di deposito delle polveri e munizioni da guerra.

Un monumento storico per Ceva era la piccola cappelletta che si trovava nella regione di Sull’aia e vicino al ritano che serve di confine alla parrocchia di Ceva lungo la via che tende a Savona.

S. Bernardino da Siena che andò predicando per tutta Italia; pacificando i popoli divisi dalle terribili fazioni Guelfe e Ghibelline, fece anche sentire ai Cevesi l’apostolica sua parola. La fama che precedeva questo instancabile predicatore del Vangelo e dell’amor di Gesù fece sì che il suo arrivo in Ceva fu considerato come un fausto avvenimento per questa città. Diffatti la civica amministrazione ed il popolo lo accompagnarono alla sua partenza sino ai confini della parrocchia, dove si eresse per voto pubblico la cappella di cui si tratta.

S. Bernardino morì il 20 maggio 1444, ed il 25 maggio 1450 fu canonizzato da Nicolò V.

Conservandosi fresca la memoria della sua strepitosa predicazione non esitarono un istante i cittadini di Ceva a sceglierlo per loro santo protettore. Il municipio stabilì di far ergere una cappella là dove si era da lui accommiatato il Santo, e fece solenne voto di fare ogni anno addì 20 maggio una processione in onore del medesimo, il che si pratica costantemente.

L’antica cappella fu demolita pendente la guerra contro la Francia del 1796.

La divozione che si mantenne viva per S. Bernardino nei cittadini Cevesi mal comportava che più non risorgesse la cappella a lui dedicata.

I principali cittadini ed il popolo animarono l’arciprete Olivero ad accingersi all’ardua impresa li 23 agosto 1845, si benedì e si pose la prima pietra della nuova chiesa disegnata dall’ingegnere Cav. Cecchi del Cairo, e da costrursi non più nell’antico sito, ma sul punto di divisione dei due grandi stradali di Savona ed Oneglia.

[p. 216 modifica]In cinque anni superati gli ostacoli che vi frappose la tristezza dei tempi, mercè le generose limosine dei cittadini, le gratuite condotte dei materiali per parte dei contadini, si diede compimento alla nuova Chiesa, che in paragone dell’antica può chiamarsi colossale.

Addì 31 agosto 1851, venne con solenne pompa benedetta dal Vescovo di Mondovì monsignor Giovanni Tommaso Ghilardi dell’ordine dei predicatori, il quale predicò in quel dì per due volte da un pulpito eretto fuori della Chiesa ad un immenso popolo che lo circondava5.

Note

  1. Molti furono i legati fatti in danari ed in stabili a questa chiesa sino dai primi tempi di sua erezione che coll’andar degli anni si sono perduti.
  2. Più sopra parlando di Mons. Calagrano Vescovo di Mondovì si portò quest’iscrizione come sembra doversi leggere, e come l’interpretò il mio dotto e gentile amico Cav. ed Avv. Celestino Combetti, Segretario agli Archivi generali del Regno, qui poi si riferisce come si legge ancora. (A. B.)
  3. In questa supplica si notò l’anno del giubileo 1483 concesso dal Papa Innocenzo VIII di casa Cibo genovese, ma falsamente, perchè questo Sommo Pontefice fu creato solo nel 1484 ai 29 d’agosto, come si ha dal Ciaconio e da Altri, e morto ai 25 luglio 1492, e non si badò al trina e tribus, che sembrano indicare tre volte tre, cioè nove, o tre con altri tre. (A. B.)
  4. Nei manoscritti dell’abate Sclavo trovasi un documento interessante riguardante questa Cappella del forte del tenore seguente:
    1503 indict. X. die undecima octobris. Rev. in Xp̄o. Pater D. Raphael ex marchionibus Cevae Dei et Apostolica Sedis gratia, Episcopio Melphitanus, nominavit D. Andream Episcopum Albanensem, adveniente obitu honorabilis Domini Jacqueti de Judicibus, Ecclesiae seu heremitorii S. Mariae de Guardia, de Ceva Albanensis Dioecesis perpetui Vicarii, venerabilem virum Dominum Hyeronimum de Clavellis etiam de Ceva, clericum in corporalem realemque possessionem eiusdem Ecclesiae seu heremitorii jurium et pertinentiarum, ejus inducendum....
    Acta fuerunt haec Romae, in domo habitationis dicti Domini Episcopi constituentis, praesentibus Dominis Amareto de Amaretis Canonico Paduano, et fratre Vincentio de Pratis Ordinis Praedicatorum, et ego Gulielmus de Rozo clericus Cenomanensis. Da Bove not.
  5. Il suolo pel nuovo edifizio fu ceduto gratuitamente dal sig. D. Soldetti cappellano della Collegiata e da Margherita Ferro fu Andrea.
    Il medaglione in marmo che sovrasta all’altar maggiore di scultura antica e di buon gusto, è dono grazioso dei sig. coniugi Benedetto Francolino, e Barbara Sito.
    La statuetta in legno di S. Bernardino, fu conservata dalla virtuosa sig. Angela Iemina nata Bottalla. Questa rispettabile dama unica erede di casa Bottalla, antica ed illustre famiglia di Ceva, con istrumento 20 maggio 1855, rog. Rovea, fece acquisto d’una porzione di campo attiguo alla chiesa coll’obbligo in perpetuo della celebrazione di n.° 12 messe annue, e lo cedette alla stessa chiesa.
    Nella fabbrica di questa nuova chiesa si distinse per generosità il sig. medico Tamagno che ne fu il primo priore, e per zelo il canonico Carlo Testanera.