Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XL - Conventi.

Capo XL - Conventi.

../Capo XXXIX - Cappelle fuori della Città. ../Capo XLI - Convento di S. Agostino. IncludiIntestazione 27 marzo 2013 100% Storia

Capo XXXIX - Cappelle fuori della Città. Capo XLI - Convento di S. Agostino.
[p. 217 modifica]

CAPO XL.


Conventi.



La pietà degli antichi Cevesi innalzò in varii tempi case religiose ad ornamento della loro Città, e a bene spirituale del divoto popolo. Sarà pregio dell’opera darne un minuto ragguaglio all’appoggio delle memorie che di esse ancor si conservano, e delle stesse rovine d’alcune di esse, tuttor esistenti.

Si contavano una volta tre conventi di regolari Francescani, Agostiniani e Cappuccini, ed un monastero di donne. Comincieremo a parlare del più antico convento che è quello dei P. P. Minori di S. Francesco.

È tradizione non priva di fondamento che questo convento sia stato fondato dallo stesso S. Francesco il Serafico sulla sponda sinistra del Tanaro dove trovasi attualmente la cascina denominata di S. Francesco il vecchio, e dove estendevasi l’antico borgo della Torretta distrutto in gran parte dalla terribile innondazione del 1331.

Dopo la morte di S. Francesco che avvenne nel 1226, il Sommo Pontefice Innocenzo IV, con bolla del 1° maggio 1247 concedeva cospicui privilegi alla Chiesa di questo convento, confermati ed accresciuti dal Pontefice Giovanni XXII, con bolla 20 gennaio 1331.

Danneggiati gravemente dalla succitata innondazione, molestati continuamente dalle guerre che in quei tempi si perpetuavano su queste terre, ed anche per l’aria poco salubre [p. 218 modifica]deliberarono i Padri Francescani di cercare altrove una più conveniente dimora, e fondarono un nuovo Convento ed una nuova Chiesa sulla sponda destra di Cevetta e non distanti dalla rocca del forte. Non si conosce l’epoca precisa di questa traslocazione, ma vi è tutto a credere che sia anteriore al 1400.

Colla scorta della visita pastorale di monsignor Peruzzi nel 1585, daremo una precisa descrizione della Chiesa di questo traslocato Convento. Eccone le precise parole tradotte dal latino in cui è scritta la relazione di questa visita:

«Addì cinque maggio 1585, visitò il Prelato la Chiesa di S. Francesco fuori immediatamente della terra e del paese di Ceva vicino al fiume Cevetta. Vide che questa Chiesa era molto vasta e composta di tre navate. Le di lei pareti erano però molto deturpate dall’attaccatavi polvere e fango in seguito al naufragio sofferto per l’alluvione non mai sentita a memoria d’uomo, avvenuta nello scorso anno 1584, per l’impeto delle acque di Cevetta e di Tanaro che apersero i monumenti, ne strascinarono le ossa dei morti, ed esportaronsi persino le granaglie di cui era provvisto il Convento, dimodochè dovettero i padri Sacerdoti ridursi al numero di cinque, da otto che erano per l’addietro.

Per l’ordinario due di questi Padri erano approvati per le confessioni o dal Vescovo d’Alba, o dal suo Vicario Foraneo di Ceva.»

O per povertà o per incuria questa Chiesa, trovavasi mancante di molte cose necessarie al culto divino. Si conservava l’Eucaristia in un calice, ed in un tabernacolo di terra cotta. Prescrisse il Vescovo visitatore che nell’esposizione del SS. si dovessero accendere n° dodici candele disposte in forma triangolare, sei delle quali fossero di cera (il che fa supporre che in quei tempi si usassero nella chiesa anche candele di sevo). Quasi tutti gli altari erano mancanti di croce e di candellieri, e non vi erano in Chiesa confessionali per udir le confessioni delle donne.

[p. 219 modifica]Lo stesso altar maggiore trovavasi senza candelieri e senza croce, e si decretò che venisse provvisto d’una croce e di quattro candellieri di bronzo di sufficiente altezza, come pure gli altri altari in proporzione.

Passò il Vescovo visitatore ad esaminare gli altari laterali. Il primo dedicato a S. Bernardino fu ridotto dall’innondazione in uno stato affatto indecente, ed una finestra attigua al medesimo fu sconquassata dall’impeto delle acque.

Il secondo dedicato a S. Ludovico fu riconosciuto indecentissimo, e spogliato di tutto.

Il terzo dedicato a S. Gerolamo proprio della famiglia Barberis, fu trovato abbastanza decente, ma troppo angusto. L’ancona di questo altare che dicesi Satis pulcra, può essere quella stessa che il signor Gerolamo Barberis, regalò nel 1850 alla nuova Cappella di S. Bernardino in Soraglia.

Il quarto dedicato all’Annunziazione di M. V. apparteneva alla famiglia Sofìa ed era anch’esso spogliato di tutto il necessario.

Il quinto sotto il titolo di S. Anna quantunque dotato di dodici stare di frumento ed altrettante di vino est omnibus spoliatum valde indecens et nihilominus ad illud missas celebrai fratres ipsi.

Il sesto delle stimmate di S. Francesco era parimenti indecentissimo e privo di sacri arredi, e vi si celebrava una Messa ebdomadaria legata da casa Gandolfi.

Il settimo dedicato a S. Giovanni, apparteneva alla famiglia Chiavelli.

L’ottavo di S. Gioachino era di patronato Sciarra.

Il nono di S. Nicola apparteneva alla famiglia Cadana.

Il decimo altare indecentissimo e spogliato di tutto, apparteneva alla famiglia Giogia e vi si diceva ogni giorno la S. Messa.

L’undecimo ed ultimo altare descritto in questa relazione di visita, porta il titolo della Concezione di M. V. ed era provvisto da una società di divoti. [p. 220 modifica]Certo P. Bernardino Raineri dell’istesso ordine di S. Francesco che aveva fatto dono al Convento di molti beni stabili, celebrava ogni giorno la Messa nell’aurora a quest’altare. Colto dalla terribile innondazione del 1584 vi perdette miseramente la vita; e d’allora in poi più non si disse questa Messa, il Prelato visitatore, sull’istanza dei cittadini Cevesi, ed in vista dei fondi legati dal Padre Raineri ne decretò la celebrazione.

Accanto a questo convento eransi fatte costrurre alcune celle dal P. Aurelio dei Marchesi di Ceva, ad uso d’infermeria, con facoltà alle donne d’introdurvisi per visitare i frati infermi, avendo il Vescovo riconosciuto che questo riusciva di scandalo al popolo lo fece chiudere immediatamente.

La chiesa di questo convento fu rifabbricata su di un disegno moderno nel principio del 1700. Si vedono tuttora alcuni resti dell’antica fabbrica con pittura a fresco di buon gusto. Fu pure rifabbricato in nuovo l’annessovi convento, che servì di Collegio dopo la soppressione degli ordini religiosi, ed ora serve d’ospedale per gl’infermi.

Peccato che questa bella chiesa la più vasta e leggiadra dopo la Collegiata sia destinata a magazzino dei sali che a poco a poco ne preparano la rovina. In questa Chiesa erano venerate due insigni reliquie l’una del santo legno della Croce e l’altra di due denti di san Biagio.

Questo convento aveva un numeroso noviziato, e di esso parla con molta lode monsignor Brizio dichiarandolo ampio, magnifico e tenuto dai Liguri in grande onore per la somma probità de’ religiosi che lo abitavano.