Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri/XV

Della morte di Dante, e della sua sepoltura.

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XIV XVI


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§. XV.

Della morte di Dante, e della sua sepoltura.

Correva l’anno 1321. quando approssimandosi per Dante il termine di questa vita mortale, egli si ammalò gravemente nella città di Ravenna, ove aveva ritrovato il porto per viver sicuro gli ultimi periodi del suo disastroso pellegrinaggio su questa terra. Da qualche tempo conoscendo la vanità e la leggerezza degli umani desiderj, si era dato a esercitare il suo poetico genio in soggetti sacri adattati all’età sua, ed a quel prudente metodo di pensare, al quale, dopo il bollore delle passioni, sogliono tutti gli uomini savj adattarsi. È pertanto probabile, che Dante si occupasse allora a trasportare nel volgare idioma i sette Salmi del real Profeta, ed a comporre il suo Credo, qual sincera professione di quella Fede, da cui non si era mai discostato, benchè di cattivo cristiano in sua gioventù fosse stato da’ suoi cittadini tacciato1. Il dì 14. settembre giorno dell’Esaltazione della Santissima Croce del suddetto anno mille trecento ventuno in età d’anni 56. e 5. mesi in circa, passò finalmente agli eterni riposi Dante con sommo dispiacere di Guido Novello, di Ostasio Polentano, che governava insieme con Guido2, e di tutti i Ravennati. Fra coloro i quali hanno e fra i moderni e fra gli antichi parlato del nostro Poeta, vi è qualche [p. 143 modifica]varietà3 nell’assegnare il tempo preciso della sua morte; ma molti sono i riscontri, i quali ci hanno indotto a fissare nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santissima Croce nel detto anno 1321. il termine finale de’ suoi giorni4. Il Padre Antonio Terrinca nel suo [p. 144 modifica]libro altre volte citato5 dice coll’autorità di F. Moriano dell’Ordine di S. Francesco, Scrittore del XVI. Secolo6, che Dante fermatosi in Ravenna, si era fatto ascrivere fra i Terziarj di detto Ordine, e che essendo vicino a morire, si era vestito dello stesso abito; onde per questo motivo era stato portato a seppellirsi nella Chiesa dei Francescani. Dal Boccaccio poi7 siamo informati, che Guido Novello per onorare il corpo del defunto Poeta, di cui era stato in vita magnanimo Protettore, dopo averlo fatto con ornamenti al suo grado adattati adornare8, e non già in abito di terziario, volle che sopra gli omeri de’ suoi più qualificati cittadini insino al luogo9 de’ Frati Minori fosse onoratamente portato10. Quivi per ordine del medesimo fu in un’arca [p. 145 modifica]di marmo riposto il cadavere di Dante senza alcuna Iscrizione, perchè la disgrazia sopraggiunta poco dopo al detto Guido11, gli tolse il comodo di eseguire il concepito disegno di fare a lui un’onorifico Sepolcro, e di apporvi la memoria di chi entro vi stava rinchiuso. Molti Poeti della Romagna12 non tanto per onorare le ossa del defunto loro maestro, quanto per compiacere al loro Signore, il quale sapevano che ciò desiderava, gli avevano inviati diversi elogj, acciò quello scegliesse, che avesse giudicato il migliore13. Ma non avendo Guido potuto dar [p. 146 modifica]compimento al suo desiderio, Bernardo Bembo padre del famoso Cardinale Pietro Bembo, allorchè fu l’anno 1483. Pretore di Ravenna per la Repubblica di Venezia, fece fare a Dante un decoroso Deposito14, e fece a mano destra della Cappella, in cui furono serrate le ceneri del Poeta, sotto l’immagine di una Madonna di marmo, porre i seguenti versi:

exigua tumuli, dantes, hic forte jacebas
squallenti nulli cognite pene situ;
at nunc marmoreo subnixus conderis arcu,
omnibus et cultu splendidiore nites.
nimirum bembus musis incensus etruscis
hoc tibi, quem in primis hae coluere dedit.
anno salutis icccclxxxiii. vi. kal. jan.
bernardus bembus aere suo posuit.

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Ed al Sepolcro quest’altra Iscrizione, la quale vi è chi crede che il medesimo Dante componesse a se stesso15, mentre era ancora in vita:

S. V. F.

iura monarchiae, superos, phlegetonta, lacusque
lustrando cecini voluerunt fata quosque:
sed quia pars cessit melioribus hospita castris,
auctoremque suum petijt felicior astris,
hic claudor dantes patriis extorris ad oris
quem genuit parvi16 florentia mater amoris.

Sopra detto Sepolcro vi è l’effigie del Poeta in basso rilievo di mezza figura con la fronte coronata di lauro in atto di leggere, scolpita in marmo da Pietro Lombardo Scultore famoso, sopra della quale in mezzo ad una ghirlanda si vede scritto:

VIRTUTI, ET HONORI.17

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A mano sinistra vi è quest’altra memoria scritta col pennello, da cui s’impara essere stato restaurato questo Deposito nel 1692. per ordine del Cardinale Domenico Maria Corsi18 Legato di detta Città, e di Monsignor Giovanni Salviati Vicelegato19, le armi dei quali si vedono fra molte altre nella facciata della Cappella:

exulem a florentia dantem liberalissime
excepit ravenna
vivo fruens mortuum colens
magnis civibus licet in parvo magnifice parentarunt
polentani princeps erigendo
bembus praetor luculentus extruendo
praetiosum musis
quod injuria temporum
dominico maria cursio legato
joanne salviato prolegato
magni civis cineres patriae reconciliare
cultus perpetuitate curantibus
S. P. Q. R.
jure ac aere suo
tanquam thesaurum suum munivit,
instauravit, ornavit.
A. D. MDCXCII.

Il Cardinale Valente Gonzaga portò nuovo restauramento a questo sepolcro nel 1790., e lo fece incidere in rame20. [p. 149 modifica]

Nel 1396. la Repubblica Fiorentina, la quale non aveva curato in vita questo suo Concittadino, pensò di fargli innalzare nella Chiesa di S. Maria del Fiore un’onorevol Sepolcro; ma o per trascuraggine di chi ebbe la cura di questo lavoro, o per altra cagione, questo bellissimo pensiero non ebbe effetto21. Nel 1429.22 con grande instanza furono chieste le ceneri di Dante dai Fiorentini, i quali non le poterono avere, perchè è probabile che i Ravennati non volessero privarsi di questo tesoro, di cui tanto si pregiano. Alcuni Fiorentini, dopo del tempo, tentarono di nuovo di ottenere dal Pontefice Leon X. le dette ceneri, avendo disegnato di erigere un magnifico Deposito, e benchè in questo affare si fosse mescolato il divino Michel Angiolo Buonarroti, il quale si esibì di concorrere a detto lavoro23, pure non fu possibile, non so qual ne fosse la cagione, che le sup[p. 150 modifica]pliche di tanti personaggi, quanti erano quelli che desideravano una tal grazia, restassero esaudite. Così fuori della sua Patria sono restate le ossa di colui, che Firenze non seppe in vita, quanto lo meritava, tener caro.

Note

  1. Nel XIX Canto dell’Inferno ver. 19. e seg. racconta Dante che per liberare dal pericolo di annegarsi in uno di quei pozzetti, che erano nel nostro Battisterio di S. Giovanni (Ved. la Storia delle Chiese Fiorentine del Padre Richa nell’Introduzione della Part. 1. del Quartier S. Giovanni pag. 27. e seg.) un fanciullo, il quale nel trastullarsi cogli altri vi era caduto, ruppe uno dei detti piccoli pozzi; e fa con i suoi versi comprendere che di ciò fu ripreso come se fatto lo avesse per empietà, o per altro malvagio fine. La taccia di eretico che fu data a Dante per aver composto il libro della Monarchia, non prova già che in materia di fede non credesse tutto quello, che come Domma c’insegna la Chiesa Cattolica.
  2. Rossi Storia di Ravenna lib. 6.
  3. Fra Bartolommeo della Pugliola nella sua Cronica di Bologna nel Tom. XVIII. Script. Rer. Ital. col. 332. Ei pone la morte di Dante nel 1320. La Vita di Dante scritta dal Boccaccio nell’edizione di Firenze appresso Bartolommeo Sermartelli 1576. in 8. e nell’altra pur di Firenze del 1723. in 4. dice che il nostro Poeta morì nel 1325. Questo per altro è un error di stampa, poichè nell’impresisone della stessa Vita fatta in principio della Commedia impressa nel 1477. da Vendelino da Spira, in vece di 1325. si legge 1321. Nel giorno ancora in cui seguì la morte di Dante non sono gli Scrittori. Gio. Villani nel lib. 9. cap. 135. Cristofano Landino nelle posteriori edizioni del suo Comento unito a quello di Alessandro Vellutello, in cui pose le mani Francesco Sansovino, lo stesso Alessandro Vellutello, Bernardino Daniello, il citato Girolamo Rossi nel lib. 6. della sua Storia di Ravenna, ed altri scrivono che Dante era morto nel mese di luglio; lo che non si accorda con la verità.
  4. Che la morte di Dante seguisse l’anno 1321. lo asserisce il Villani nella sua Storia; Benvenuto da Imola nel suo Comento latino sopra la Commedia Canto XXX. del Paradiso vers. 135; Leonardo Aretino ed altri. Ma più di tutti fa grande autorità Gio. Boccaccio nel cap. 1. del suo Comento sopra Dante, stamp. nel Vol. 5. dell’edizione di tutte Opere di detto Boccaccio in Napoli nel 1794. sotto nome finto di Firenze pag. 29. Quivi egli dice aver saputo da Ser Pietro di Messer Giardino da Ravenna, che era stato uno de più intimi amici, i quali avesse avuto il nostro Poeta in della città, che egli era morto in età d’anni 56. e tanti mesi, quanti corrono da maggio a settembre, il dì 14. di questo stesso mese dell’anno 1321. Vedi ancora ciò che hanno osservato i Giornalisti di Venezia intorno alla morte di Dante nel Tom. 35. del loro Giornale, ove (pag. 242.) ci assicurano che in un manoscritto cart. in foglio di bel carattere, ch’era stato di Gio. Batista Recanati, e che di presente è nella Libreria di S. Marco di Venezia, il qual Codice contiene le Storie di Gio. Villani, si legge Dante esser passato agli eterni riposi nel mese di settembre, non nel mese di luglio, come hanno le Copie stampate. Ciò dice pure il Boccaccio citato nella Vita di Dante. In un manoscritto che sotto n.° 8. esisteva in Siena nelle libreria degli Agostiniani di S. Agostino del 1439. contenente la Commedia di Dante, si dice: Dante nacque l’anno MCCLXV. e visse al mondo LVI. anni, e morì a Ravenna nella provincia di Romagna l’anno MCCCXXI. el giorno de la croce, di settembre.
  5. Theatr. Etrusco-Minorit. in addit. pag. 288. e 289.
  6. Nel suo trattato «De Origine Nobilitate et Excellentia Provinciae Tusciae» terminato dal suo Autore nel 1517. il qual trattato si conserva manoscritto nella Biblioteca del Convento di Ognissanti di questa città di Firenze. Di questa e di altre sue Opere vedi il P. Terrinca loc. cit. pag. 208. e seg.
  7. Vita di Dante.
  8. Gio. Villani dice che fu seppellito a grande onore in abito di Poeta. Quest’abito al dire dell’Autore d’una lettera inserita nel Tom. I. delle nuove memorie per servire all’Istoria letteraria impressa a Venezia da Silvestro Marsini in 8° pag. 285. non era, che una toga magistrale, simile a quelle con le quali si vedono vestite le immagini di molti Dottori sopra i sepolcri del XIV. secolo, e del susseguente, la qual toga più convenendo a Dante come poeta che per altro titolo, dal nostro storico venne chiamata abito di Poeta.
  9. Luogo e non già Chiesa dice anco Benvenuto da Imola. Rileva il Padre Rubbi che lo Storico Desiderio Spreti che nacque da un altro Desiderio nel 1414. disegna il luogo così (lib. 1. pag. 29.) Ibidem etiam in porticu exteriore marmoreum sepulcrum extat, in quo clarissimi Poetae Dantis Aligerii corpus situm est, ed è un portico laterale sul fianco destro della Chiesa, che univa la cappella di Braccioforte a quella detta della Madonna, e poi di Dante. Vedasi una sua lettera stampata nelle Novelle letterarie di Firenze nel 29. maggio 1767.
  10. Il Villani lib. 9. cap. 135. dice che Dante fu sepolto avanti la Porta della Chiesa maggiore, perchè la presente Chiesa di S. Francesco era già intitolata col nome di S. Pier Maggiore, o di Basilica Petriana, avendola anticamente eretta S. Pier Grisologo, come ce ne assicura l’Agnello nella Part. 1. del suo Pontificale; ora sta il detto sepolcro in una cappella presso la porta del convento, per la parte di fuori la tramontana, serrata da un cancello di ferro.
  11. Lo dice Filippo Villani, e lo stesso Boccaccio; e dal più volte citato Girolamo Rossi nel lib. 6. della Storia di Ravenna si ha che Guido morì esule in Bologna nel 1323. in circa.
  12. Boccaccio Vita di Dante.
  13. Il detto Boccaccio, secondo l’edizione del Sermartelli, riporta un’Epitaffio fatto da Giovanni del Virgilio Bolognese per il sepolcro di Dante che incomincia:

         Theologus Dantes nullius dogmatis espers
              Inclita fama cujus etc.

    Ma la vera Iscrizione che in 14. versi compose il detto Giovanni e che, come la migliore di ogni altra, volle trascrivere in quel luogo il Boccaccio, non è questa, ma bensì la seguente, la quale s’incontra nell’edizione del 1477. della mentovata Vita, ed in quella di Firenze del 1723. nel Codice Recanati della Storia di Gio. Villani, nell’operetta inedita di Filippo Villani nella Laurenziana, o prima nella Gaddiana, ed in un manoscritto del Canonico Salvini (Ved. il Tom. 35. del Giornale d’Italia pag. 345.)

         Theologus Dantes nullius dogmatis expers
              Quod foveat claro philosophia sinu.
         Gloria musarum vulgo clarissimusa auctor
              Hic jacet et fama pulsat utrumque polum.

         Qui loca defunctis graduumb regnumque gemellum
              Distribuit laicisc rhetoricisque modis
         Pascua Pieriis demum resonabat avenisd
              Atropos heu laetum livida rupit opus
         Huice ingrata tulit tristem Florentia fatumf
              Exilium vati patria cruda suo
         Quem pia Guidonis gremio Ravenna Novelli
              Gaudet honorati continuisse ducis
         Mille trecentenis ter septem numerusg annis
              Ad sua septembris ydibus astra redit.

    1. gratissimus nel manoscritto Laurenziano di Filippo Villani.
    2. Così il Codice del Salvini. In quello del Recanati e altrove gladiis. Nel cod. poi di Filippo Villani, gladiis e gemellis.
    3. Loycis nel Codice Recanati.
    4. In un’antico testo che contiene la versione Latina della Commedia fatta da Fra Matteo Ronto, amicis.
    5. hic nel suddetto Codice.
    6. fructum nel poco fa mentovato Testo e nel Laurenziano.
    7. numinis manoscritti Recanati, e Salvini e nel Testo del Villani, minimus.
  14. Girolamo Rossi Storia di Ravenna Lib. VI.
  15. Paolo Giovio in Elog. doct. vir. cap. 4.
  16. Un Viaggiatore Francese (M. Grosley Autore de «Nouveaux memoires ou observations sur l’Italie, e sur les Italiens par deux Gentilhommes Sudeois trauit da Suedois» uscite in 3. Vol. in 12.° con la data di Londra nel 1765. Tom. I. pag. 338.) leggendo in questa iscrizione pravi in vece di parvi rileva contenersi nella medesima la scandolosa imputazione di cui venghiamo aggravati, e della quale aggraviamo per ripicco i Veneziani, e per riprova adduce un racconto popolare poco degno di esser consacrato alla memoria in un libro fatto per passare nelle mani di persone educate. Ma senza rispondere a ciò, dobbiamo solo rilevare che l’osservazione del predetto Autore è onninamente falsa, perchè è falso il fondamento su cui si appoggia. L’Algarotti poi trattando delle cose belle vedute in Ravenna in una lettera del 1761. al Mariette Op. Tom. VI. pag. 161. ed. di Livorno in 8.° scrive «Io le potrei parlare della lapida, e del ritratto in basso rilievo che si vede quivi di Dante, di quel poeta che gareggia co’ primi pittori, e di cui era tanto devoto Michelagnolo. Io l’ho diligentemente ricopiato e ne fo conserva tra le altre spoglie della Romagna. Spira veramente quell’austero, e quel profondo che qualifica i suoi versi».
  17. Il disegno di questo Deposito si vede annesso alla Storia di Ravenna di Girolamo Rossi nella ristampa fatta della medesima nel Tom. VII. Part. 1. Thesaur. Ital. Petri Burmanni pag. 543. ed Antonio Zatta l’ha riprodotto nel Tom. I. della sua edizione, avendolo preso dal Volume 1. pag. 73. del Magazzino Toscano che si pubblicava in Livorno.
  18. Il Cardinal Corsi morì nel 1697. il dì 6. Novembre. Vedi l’illustre Monsignor Guarnacci nel Tom. I. delle sue Vite dei Pontefici, e dei Cardinali da Clemente X. a Clemente XII. pag. 277.
  19. Questo fu fratello del Cardinale Alamanno Salviati, il quale si pose in Prelatura appunto perchè era accaduta la morte di Monsignor Giovanni.
  20. Negli Opuscoli Calogeriani Tom. XVII. si legge una dissertazione sul sepolcro di Dante d’Ippolito Gamba Ghiselli.
  21. La Repubblica aveva allora in animo di far non solo il Deposito a Dante, ma ad altri Letterati Fiorentini ancora, come al Boccaccio, all’ Accursio, al Petrarca ed a Zanobi da Strada. Ammirato il Giovane nelle giunte alla Storia dell’altro Ammirato, lib. 16. tom. 2. pag. 885. lo che al dire del Migliore non fu eseguito per non essersi potute avere le loro ossa. Migliore, Firenze Illustrata pag. 34.
  22. Nell’Uffizio delle Riformagioni si conserva la lettera che in detto anno scrisse la Repubblica. Canonico Salvini Pref. ai Fasti Consol. dell’Accad. Fiorent. pag. 17.
  23. Di ciò con autentico documento ragiona il Gori nella Annotazioni alla Vita del Buonarroti scritta a dettatura del medesimo dal suo scolare Ascanio Condivi, ed impressa in Firenze nel 1746. pag. 114. Da una lettera di Marsilio Ficino a Cristoforo Landino, impressa in principio del Commento del medesimo Landino sopra la Commedia, s’impara che l’immagine di Dante era stata per onoranza solennemente coronata di lauro nel nostro Tempio di S. Giovanni, ed allora si avverò per dir così quello che lo stesso Poeta s’immaginò nel Canto XXV. del Paradiso vers. 7. e seg. (Ved. il Padre Richa nella Storia delle Chiese Fiorentine altre volte citata Tom. V. pag. 68.). Per altro vi è chi dubita di questo fatto, di cui non si sanno le circostanze; ed in quanto alla Lettera del Ficino viene da costoro spiegata allegoricamente. Ved. l’Annotazioni al detto luogo del Paradiso nell’edizione di Verona 1749. in 8° della Commedia Tom. III. pag. 277.