Memorie inutili/Nota
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NOTA
La prima ed unica edizione delle Memorie inutili di Carlo Gozzi, curata dall’autore medesimo, consta di tre volumi che recano il titolo: Memorie inutili ❘ della vita di Carlo Gozzi ❘ scritte da lui medesimo ❘ e pubblicate per umiltá ❘ Parte prima [seconda, terza ed ultima] ❘ in Venezia ❘ dalla stamperia Palese ❘ mdccxcvii. In alcuni esemplari, tra i quali quello ora posseduto dalla Marucelliana di Firenze e gentilmente concessoci per lungo tempo in prestito dal solerte cav. Bruschi, il primo volume è preceduto da un Manifesto ❘ del cittadino ❘ Carlo Gozzi ❘ Venezia 1797 ❘ anno primo della italica ❘ libertá (pp. 16 innumer.); manifesto pubblicato qualche mese prima delle Memorie, e che, data la sua stretta attinenza con queste, si è creduto di riprodurre nella presente edizione.
Il primo volume, che contiene tutta la parte prima con l’indice relativo, consta di pp. xvi-348. Fra gli errori numerosi di stampa, di cui poi si discorrerá, va qui notato che l’ultimo capitolo reca il numero d’ordine xxxv, laddove in realtá è il xxxiv. Il secondo volume, di pp. xviii-420, è composto di un Ragionamento, di xliv capitoli della seconda parte, di un Avviso ai lettori e dell’indice. Anche qui avvenne un errore (che abbiamo corretto) nella numerazione dei capitoli, poiché dal xxxvii si salta al xxxix. Nel terzo volume, infine, si contengono: a) lo scritto: Carlo Gozzi alle sue «Memorie» (3-13); b) la Lettera confutatoria scritta l’anno 1780 e indirizzata a Pietro Antonio Gratarol a Stockolm ❘ opuscolo della parte seconda riportato nella parte terza (14-100); c) i capitoli xliv-xlix (xlv-l, secondo l’errata numerazione) della parte seconda (101-186); d) i sette capitoli della parte terza ed ultima (187-241); e) l’indice del iii volume (243-244); f) e infine Le droghe d’amore ❘ dramma ❘ in tre atti ❘ in verso sciolto (con numerazione a parte da 1 a 100), che nella nostra edizione si è omesso.
Come s’è accennato, di quest’opera, ormai divenuta rarissima, non esistono ristampe, giacché ristampa non può certo dirsi quella a dispense, incompleta e pur essa molto rara (non esiste in nessuna pubblica biblioteca di Venezia: né alla Marciana, né alla Quirini, né all’Ateneo, per non parlare della Nazionale di Firenze), tentata dagli editori Galli e Orlandini di Venezia nel 1895, e fatta, a dir vero, senza nessun senso critico. Cosí del pari può asserirsi che non ne esistano neppure traduzioni complete. Semplice adattamento in francese sono infatti i Mémoires de Charles Gozzi, poète vénitien du XVIII siècle, traduction libre par Paul de Musset (Paris, Charpentier, 1848. pp. 300); — di gran lunga superiore, ma non esente da qualche abbreviatura e spostamento cronologico è la bella traduzione inglese di John Addington Symonds, The memoirs of count Carlo Gozzi translated into english, with Essays on italian impromptu comedy, Gozzi’s life, the dramatic fables and Pietro Longhi by the translator (London, J. C. Nimmo, 1890: cfr. l’articolo dello stesso Symonds, in Fortninghtly rewiew, xliv, 1888; nonché Ernesto Masi, in Nuova Antologia, cix, 663 sgg.); — e addirittura traduzione dei soli cinque capitoli finali (xlv-xlix) della seconda parte e del proemio, come d’altronde si scorge dal titolo, è il libro: Carlo Gozzi, Venetianische Liebesabenteuer. Aus den «Memorie inutili» Carlo Gozzis ins Deutsche übertragen von Willy Kastier (Ed. Iulius Zeitler, Leipzig, 1905).
Non essendo risultato da accurate ricerche compiute a Venezia che esista il manoscritto delle Memorie inutili1, e poiché il Gozzi stesso ne aveva curata l’edizione, a noi non rimaneva altro còmpito che di riprodurla tal quale. Ma qui sorsero due difficoltá: una per la punteggiatura, usata dal Gozzi in modo affatto arbitrario e non rispondente al senso dello scritto; l’altra per la grafia di molte parole, resa incertissima dai numerosi errori di stampa.
Occorre osservare che, trascurando senz’altro la tentata ristampa Galli Orlandini, gli eruditi che avevan dovuto riprodurre larghi brani delle Memorie inutili o dare edizioni di scritti inediti del Gozzi, non avevan fornito alcun criterio da seguire. Ernesto Masi, per esempio, dovendo citare nella prefazione alla sua edizione de Le fiabe (Bologna, Zanichelli, 1885) alcuni brani delle Memorie (volume i, pp. xv-xxiii, ecc.: cfr. presente edizione, i, 48-50, 62-65, 69-73), sentí di non poterli riprodurre diplomaticamente dall’edizione originale; per altro li modificò con qualche arbitrio. Mutò talvolta la punteggiatura caratteristica del Gozzi, ma tal altra la conservò («Chi legge Omero, e Virgilio trova» ecc.: Gozzi, ediz. orig., i, 69; Masi, p. xx); tolse alcuni apostrofi tra i frequentissimi del Gozzi e altri ne lasciò («a’ loro» diventa «ai loro», ma «ne’ nidi» resta «ne’ nidi»: Gozzi, i, 69; Masi, p. xxi); lasciò alcune maiuscole, anche dove non ci vogliono (per es. «galera Generalizia») e ne mise di suo dove non c’erano (per es. «veneti Patrizi» diventa «Veneti Patrizi»: Gozzi, i, 39; Masi, p. xv); non corresse parole mancanti di doppia consonante (per es. «milantatori»: Gozzi, i, 40; Masi, p. xvi), e ne corresse altre in cui la correzione era inutile (per es. «litorali» in «littorali»: Gozzi, i, 69; Masi, p. xxi); pose «galoppo» e «galoppare» in luogo di «gualoppo» e «gualoppare» che son di Crusca (Gozzi, i, 62; Masi, p. xx); e una volta (se pure la colpa non è del suo stampatore) mutò persino il senso («Ho veduto tutte le fortezze, molte terre e molti villaggi» ecc. del Gozzi, i, 68, diventò nel Masi, p. xx: «Ho veduto molte fortezze, incolte terree molti villaggi», ecc.).
Osservazioni simili, sebbene per punti di assai minore importanza, si potrebbero fare per i brani riferiti nel Manuale della letteratura italiana del D’Ancona e Bacci (iv, 391-395), o per quelli citati dal Magrini nell’opera: Carlo Gozzi e le fiabe.
Data questa mancanza d’un criterio costante di punteggiatura e di ortografia, la quale si riscontra anche in editori, per altro diligenti, di scritti inediti del Gozzi, come per esempio in Pietro Fanfani (Ragionamenti del conte Carlo Gozzi sopra una causa perduta, dedicati alla memoria del conte Gaspero fratello del ragionatore, con prefazione e note di P. F., estratto da L’unitá della lingua, iii, Firenze, 1873) e in Guido Mazzoni (che nel libro In biblioteca, Roma, Sommaruga, 1883, pp. 159-70, riproduce una Chiacchiera intorno alla lingua letterale italiana); data, dicevamo, questa mancanza di criterio, abbiamo dovuto trovarne uno da noi.
Risolvere il problema della punteggiatura è stato agevole: l’abbiamo ammodernata sempre, sopprimendo un mondo di virgole inutili (figurarsi, per es., che in un luogo, iii, 149 dell’ediz. orig., il Gozzi scrive: «Mi chiese, s’io conoscessi una donna, ed un uomo marito, e moglie poveri, i quali», ecc.), cangiando in semplici virgole parecchi punti e virgole, abolendo molti capoversi e via discorrendo.
Piú difficile ci è riescita la soluzione della questione della grafia. La quale non si riduceva, di certo, a sostituire lettere minuscole a inutili maiuscole iniziali, lasciando tuttavia la maiuscola, o magari sostituendola alla minuscola, quando occorresse di evitare possibili equivoci (p. e. «Principe» nel significato di «governo»; «Grandi» in quello della classe patrizia di Venezia). Giacché essendo l’edizione originale seminata di errori tipografici, riesciva assai difficile determinare dove si trattasse di grafia antiquata o dialettale o personale, e dove di errore di stampa. Per esempio, in una sola pagina (i, 64) si trova tre volte la parola «stalla», due volte scritta «stala» e una volta «stalla»: si tratta di venezianismo voluto dal Gozzi o dal suo veneto tipografo? ossia «stala» è o non è errore meramente tipografico? E ammettendo che in questo caso dovevamo usare la forma corretta italiana, potevamo regolarci nel medesimo modo in tutti gli altri numerosissimi casi analoghi? E ancora: come comportarsi quando una parola era scritta scorrettamente nelle Memorie inutili, e invece secondo l’uso moderno in altre opere del medesimo autore? Ad esempio, in tutte le Memorie inutili si trova spesso e persin due volte nella stessa pagina (ii, 278) la parola «papagallo». Questa costanza farebbe pensare a un uso voluto proprio dal Gozzi; ma se si aprono le Opere complete (Venezia, 1772), rivedute anche esse dall’autore, si trova (vi, 10), al contrario, «pappagalli».
Ora il Gozzi non dava nessuna importanza artistica a queste Memorie, preferendo loro di gran lunga, com’è tradizione dei letterati italiani, gli scritti piú agghindati e in regola con le retoriche. In queste stesse Memorie l’abbiamo sentito dire che «non si costrinse a proccurare di scriverli [i due primi tomi] con l’esattezza, col sapore e colle grazie della nostra lingua...» (i, 4). E parlandone a un amico in una epistola in terza rima2, s’esprimeva:
Son grato per la vostra sofferenza |
È certo insomma che se avesse avuto tempo e voglia, si sarebbe posto
... la Crusca fra le mani |
Ebbene: in questa edizione ci siamo molto giovati, oltre che dell’esame della grafia usata nelle Opere complete, anche del dizionario della Crusca, in edizioni, s’intende, anteriori al 1800; e in base a questo criterio abbiamo corretto molte doppie consonanti, ancorché frequentemente usate (per es. «avvanzare» e suoi derivati), o lasciata una parola in due forme grafiche (per es. «omettere» e «ommettere»), o non corretta una grafia antiquata (per es. «proccurare» e suoi derivati).
Queste doppie consonanti soppresse o aggiunte forman da sole due terzi delle correzioni grafiche. Le altre, a parte gli errori di stampa piú evidenti, si posson dividere in vari gruppi, il piú interessante dei quali è quello dell’«s», o piú spesso dell’«ss», trascritto con «sc» («svanisce» per «svanisse», «susciego» per «sussiego», «suggerisce» per «suggerisse», «sfuggisci» per «sfuggissi», «scillaba» per «sillaba», «proseguisce» per «proseguisse», «discipano» per «dissipano», «apparisce» per «apparisse», «proliscio» per «prolissio»); forma che si è creduto inutile conservare malgrado la costanza quasi senza eccezione della grafia, anche per evitare gli equivoci cui avrebbe dato luogo fra la terza persona singolare dell’indicativo presente e la terza persona singolare del soggiuntivo imperfetto.
Furori corretti anche i nomi stranieri scritti male (p. e. «Scaron» per «Scarron»), quando era evidente che il Gozzi non aveva avuta l’intenzione di mutarne la grafia; al contrario fu sempre lasciato «Russò» per «Rousseau», «Rabelè» per «Rabelais», «Mercié» per «Mercier». Furono sciolte tutte le abbreviazioni come «Co:» per «conte», «S. Angelo» per «Sant’Angelo». Fu corretta o aggiunta qualche parola tutte le volte che la correzione o l’aggiunta riparava a un’evidente svista o a un salto dovuto al tipografo (p. es. ii, 290: «scoperte... i fistoli» in «scoperti... i fistoli»; «che allora tra le mani de’ comici» in «che allora era tra le mani de’ comici» ecc.); al contrario il testo fu scrupolosamente rispettato dove sorgeva legittimo il sospetto che l’errore fosse stato commesso a posta dal Gozzi per trarne effetti ironici (per es. i, 218: «scemitragiche»). Furon infine corrette le frasi e voci straniere, spagnuole e francesi, in generale errate (sulla conoscenza del francese del Gozzi, ricordare i, 34). Cosí per es. «les jour qu’il partit» si è corretto in «le jour qu’il partit»; «ces sont des bagatelles morales», in «ce sont des bagatelles morales»; «Zelos cum zelos se curat», in «Celos con celos se curan», ecc.
Proseguire piú oltre in questo elenco e avvertire ancora che abbiamo soppressi tutti gli inutili apostrofi («un’uomo»), o sostituito un «i» all’apostrofo quando ciò era richiesto dalla fonetica («gl’uomini» corretto in «gli uomini»), e conservato al contrario l’apostrofo quando la fonetica consentiva («de’», «a’», «su’», «e’»), e molte altre cose dello stesso genere, ci sembra inutile. L’essenziale era di riprodurre, sempre che ragioni critiche non si opponessero, il testo con diplomatica fedeltá; e ciò ci siamo sforzati di fare come meglio abbiamo saputo.
Dovremmo ora aggiungere, giusta i criteri degli Scrittori d’Italia, una sommaria bibliografia degli scritti intorno alla vita e alle opere del Gozzi. Ma in ciò il nostro còmpito sará assai piú sbrigativo; giacché basterá additare al lettore, per un primo orientamento, le quattro opere bibliografiche che seguono:
1. Bartolomeo Gamba, Notizie intorno alle edizioni delle opere di C. G. (Venezia, Alvisopoli, 1824).
2. Vittorio Malamani, Saggio bibliografico degli scritti di C. G., in appendice al secondo volume de Le fiabe di C. G., a cura di Ernesto Masi (Bologna, Zanichelli, 1885), pp. 523-558 [cfr. le aggiunte fattevi nella recensione del Giorn. st. d. letter. ital., v, 445].
3. Cesare Levi, Saggio di bibliografia degli studi critici su C. G., nel centenario della morte (Riv. d. archivi e biblioteche febb.-apr. 1906, pp. 26-30); al quale si aggiunga per la bibliografia fino al 1910:
4. Alessandro D’Ancona e Orazio Bacci, Manuale d. letter. italiana, Supplemento bibliografico, vi (1910), 424.
Note
- ↑ Non ha nessun valore ed è fondata su d’un equivoco l’asserzione del Malamani (Nuova rivista, Torino, 1881, n. lxii): che «per motivi politici rimase inedito un volume delle Memorie inutili, né si sa dove sia», ragione per cui solamente «gli altri due, benché di poca importanza, furon tradotti in francese da Paul de Musset». Ciò che restò inedito, ma soltanto fino al 1797, sono per l’appunto le due prime parti, che poi escirono in quell’anno insieme con la terza.
- ↑ Lettera in terza rima a Tomaso de Luca in Bocca di Cadore, 1802, pubblicata per nozze Zironda-Ancilotto (Padova, 1880).
- ↑ La tartana degl’influssi per l’anno bissestile 1756-1757 (Parigi, 1756), p. 6.