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320 | memorie inutili |
o magari sostituendola alla minuscola, quando occorresse di evitare possibili equivoci (p. e. «Principe» nel significato di «governo»; «Grandi» in quello della classe patrizia di Venezia). Giacché essendo l’edizione originale seminata di errori tipografici, riesciva assai difficile determinare dove si trattasse di grafia antiquata o dialettale o personale, e dove di errore di stampa. Per esempio, in una sola pagina (i, 64) si trova tre volte la parola «stalla», due volte scritta «stala» e una volta «stalla»: si tratta di venezianismo voluto dal Gozzi o dal suo veneto tipografo? ossia «stala» è o non è errore meramente tipografico? E ammettendo che in questo caso dovevamo usare la forma corretta italiana, potevamo regolarci nel medesimo modo in tutti gli altri numerosissimi casi analoghi? E ancora: come comportarsi quando una parola era scritta scorrettamente nelle Memorie inutili, e invece secondo l’uso moderno in altre opere del medesimo autore? Ad esempio, in tutte le Memorie inutili si trova spesso e persin due volte nella stessa pagina (ii, 278) la parola «papagallo». Questa costanza farebbe pensare a un uso voluto proprio dal Gozzi; ma se si aprono le Opere complete (Venezia, 1772), rivedute anche esse dall’autore, si trova (vi, 10), al contrario, «pappagalli».
Ora il Gozzi non dava nessuna importanza artistica a queste Memorie, preferendo loro di gran lunga, com’è tradizione dei letterati italiani, gli scritti piú agghindati e in regola con le retoriche. In queste stesse Memorie l’abbiamo sentito dire che «non si costrinse a proccurare di scriverli [i due primi tomi] con l’esattezza, col sapore e colle grazie della nostra lingua...» (i, 4). E parlandone a un amico in una epistola in terza rima1, s’esprimeva:
Son grato per la vostra sofferenza |
È certo insomma che se avesse avuto tempo e voglia, si sarebbe posto
... la Crusca fra le mani |