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nota 319

altra la conservò («Chi legge Omero, e Virgilio trova» ecc.: Gozzi, ediz. orig., i, 69; Masi, p. xx); tolse alcuni apostrofi tra i frequentissimi del Gozzi e altri ne lasciò («a’ loro» diventa «ai loro», ma «ne’ nidi» resta «ne’ nidi»: Gozzi, i, 69; Masi, p. xxi); lasciò alcune maiuscole, anche dove non ci vogliono (per es. «galera Generalizia») e ne mise di suo dove non c’erano (per es. «veneti Patrizi» diventa «Veneti Patrizi»: Gozzi, i, 39; Masi, p. xv); non corresse parole mancanti di doppia consonante (per es. «milantatori»: Gozzi, i, 40; Masi, p. xvi), e ne corresse altre in cui la correzione era inutile (per es. «litorali» in «littorali»: Gozzi, i, 69; Masi, p. xxi); pose «galoppo» e «galoppare» in luogo di «gualoppo» e «gualoppare» che son di Crusca (Gozzi, i, 62; Masi, p. xx); e una volta (se pure la colpa non è del suo stampatore) mutò persino il senso («Ho veduto tutte le fortezze, molte terre e molti villaggi» ecc. del Gozzi, i, 68, diventò nel Masi, p. xx: «Ho veduto molte fortezze, incolte terree molti villaggi», ecc.).

Osservazioni simili, sebbene per punti di assai minore importanza, si potrebbero fare per i brani riferiti nel Manuale della letteratura italiana del D’Ancona e Bacci (iv, 391-395), o per quelli citati dal Magrini nell’opera: Carlo Gozzi e le fiabe.

Data questa mancanza d’un criterio costante di punteggiatura e di ortografia, la quale si riscontra anche in editori, per altro diligenti, di scritti inediti del Gozzi, come per esempio in Pietro Fanfani (Ragionamenti del conte Carlo Gozzi sopra una causa perduta, dedicati alla memoria del conte Gaspero fratello del ragionatore, con prefazione e note di P. F., estratto da L’unitá della lingua, iii, Firenze, 1873) e in Guido Mazzoni (che nel libro In biblioteca, Roma, Sommaruga, 1883, pp. 159-70, riproduce una Chiacchiera intorno alla lingua letterale italiana); data, dicevamo, questa mancanza di criterio, abbiamo dovuto trovarne uno da noi.

Risolvere il problema della punteggiatura è stato agevole: l’abbiamo ammodernata sempre, sopprimendo un mondo di virgole inutili (figurarsi, per es., che in un luogo, iii, 149 dell’ediz. orig., il Gozzi scrive: «Mi chiese, s’io conoscessi una donna, ed un uomo marito, e moglie poveri, i quali», ecc.), cangiando in semplici virgole parecchi punti e virgole, abolendo molti capoversi e via discorrendo.

Piú difficile ci è riescita la soluzione della questione della grafia. La quale non si riduceva, di certo, a sostituire lettere minuscole a inutili maiuscole iniziali, lasciando tuttavia la maiuscola,