Memorie di Carlo Goldoni/Parte terza/XXXII

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Carlo Goldoni - Memorie (1787)
Traduzione dal francese di Francesco Costero (1888)
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CAPITOLO XXXII.

Il nuovo teatro per la commedia francese. — Quello della commedia italiana. — Il Magnetismo animale. — I Palloni. — I Sonnambuli. — L’uomo di Lione che doveva camminare sull’acqua a piedi asciutti. — Questa buffoneria compromette il Giornale di Parigi. — Sua amplissima giustificazione.

La commedia francese lasciò le Tuileries per andare ad occupare il teatro destinatole nel sobborgo di San Germano. Questa fabbrica è isolata, e la sua facciata offre un bel colpo d’occhio risedendo sur un terreno spazioso e comodissimo per le carrozze; oltre a ciò se malgrado le precauzioni immaginate vi si destasse un incendio, nulla vi sarebbe da temere per il vicinato. La platea è vasta, nobile, comoda, ed i comici hanno introdotto nella platea un uso del tutto nuovo. Il pubblico può sedervi, ed allora paga il doppio. Questa novità può essere per l’introito vantaggiosa, e pregiudicevole; i giovani, per esempio, già avvezzi a pagare venti soldi, ci pensano due volte a pagare il doppio, laddove quelli che una volta andavano ai posti di sei franchi, trovano gradito e decente raccomodarsi a sì buon prezzo. Havvi ancora un’altra osservazione da fare su questo cambiamento. Una volta il giudizio delle commedie nuove apparteneva alla sola platea. Ma ora questa platea non è più l’istessa. Gli attori dispensano biglietti per procurare il buon esito della rappresentazione, nel tempo che gli invidiosi ne distribuiscono altri per farla andare a terra: il raddoppiamento del prezzo deve diminuire gli appoggi degli uni, come pure la cabala degli altri. È egli questo un bene, o un male? La cassetta dei commedianti potrà dare una risposta. Ma ella è sempre così cospicua, ed assicurata mediante il provento dei palchetti, presi in affitto per il corso dell’anno, che non è mai possibile che si accorgano del maggiore o minore loro vantaggio.

Anche i comici italiani, l’anno seguente, cambiarono posto. Ne avevano essi, a dir vero, più bisogno degli altri. La situazione del loro antico palazzo di Borgogna era incomodissima per il pubblico, e molto più per gli abitanti del quartiere; io era appunto uno di quelli, ed ho corso talvolta qualche pericolo rientrando in casa nel tempo dello sfilare delle carrozze. In mezzo ad una folla di disegni, che gli architetti proponevano ogni giorno, i comici prescelsero quello del palazzo e del giardino del principe di Choiseul, che andava a formare un nuovo quartiere, con strade, abitazioni e stabilimenti d’ogni sorte. Gli impresari di queste fabbriche dettero ai comici, salvo le decorazioni del teatro, la sala costruita, ornata, terminata e pronta a servire all’uso degli acquirenti, per il prezzo convenuto di scudi centomila. I comici sottoscrissero il contratto, e pagarono la somma fissata, e adesso la sala è di loro proprietà. L’anno dopo, vi fecero alcune mutazioni per maggior comodo del pubblico, e queste diedero al locale un aspetto ancor più bello. Infatti è uno dei più bei teatri di Parigi; è piacevolissimo e frequentatissimo.

Ecco pertanto i tre grandi teatri rinnovati quasi nel medesimo tempo, ed ecco quel che i Francesi vorrebbero vedere ogni giorno. Il pubblico non si diletta che di novità; l’una fa dimenticare l’altra, ed in un gran paese si succedono le une dopo le altre [p. 349 modifica] rapidamente. È per altro vero che allorquando esse danno luogo a questioni, durano sempre assai più. Quella, per esempio, del Magnetismo animale, cominciò nel 1777, prese sempre più vigore per qualche anno, e se ne parla tuttora, come d’un problema da sciogliersi, ovvero come un fenomeno meritevole di schiarimento. Fuvvi anche il signor Mesmer, medico tedesco, che prescelse i Parigini affine di partecipare loro una scoperta importantissima per l’umanità. Trattavasi di guarire perfettamente qualunque sorta di malattie col semplice tatto: che cosa mai può esservi di più gradito e piacevole che ricuperar la salute senza il disgusto de’ medicamenti? Ma io dimando: In queste operazioni v’è egli qualche agente, o non ve ne ha alcuno? Ecco appunto dove consiste il segreto della scoperta. Il Mesmer lo ha comunicato ad una società, che si è spontaneamente quotata in cento luigi a testa, fino alla somma di scudi centomila, con di più la promessa della segretezza. Ma in Parigi non tutti sanno tenere un segreto, onde si può addirittura scommettere, che il mistero si svelerà: ma se non vi è nessun agente esteriore, non vi è per conseguenza nulla da imparare, e se l’effetto dipende dalla sola virtù del tatto, sarebbe d’uopo in tal caso aver la mano fortunata dell’inventore. Il signor Deslon faceva con le sue mani prodigi al pari del signor Mesmer, nè questi gli confidò in modo alcuno il suo segreto. È lo stesso Mesmer che disse ciò, e lo ha pure pubblicato colle stampe. Dunque il signor Deslon lo aveva indovinato, e il medico francese aveva l’attitudine stessa del dottor tedesco. Mi era nota la probità del signor Deslon, e tutte quante le persone rispettabili di mia conoscenza, che familiarmente lo trattavano, e che bene spesso ricorrevano al suo magnetismo, mi hanno sempre più allontanato dai dubbi che poteano restarmi. Insomma, se questo rimedio non fosse buono ad altro che a guarire le malattie dell’animo, sarebbe necessario conservarlo sempre pel sollievo almeno degli uomini malinconici, e delle donne soggette ad affezioni isteriche. Un’altra scoperta comparve quasi contemporaneamente, e non fece minore strepito. Il signor Montgolfier fu il primo a lanciare in aria un globo; questo globo si alzò fino a dileguarsi dalla vista, volò a seconda dei venti, e si sostenne fino all’estinzione del fuoco e del fumo che lo alimentavano. Questa prima esperienza dette luogo a un’infinità di altre speculazioni. Il signor Charles, fisico dottissimo, impiegò subito per tale effetto l’aria infiammabile; onde i globi ripieni di questo gas non abbisognano di veruna lavorazione per durar lungo tempo, e sono in salvo dalla fiamma. Vi furono uomini tanto coraggiosi, che non ebbero difficoltà di affidare la loro vita a poche corde, le quali sostenevano una specie di barchetta e che erano attaccate a quel fragil pallone, soggetto a pericoli evidenti e a casi da non potervi prevedere. Il signor marchese Arlande ed il signor Pilastre de Rozier ne fecero la prima prova secondo il metodo del signor Montgolfier; e volò poco tempo dopo con la sua aria infiammabile il signor Charles stesso. Io non potei vederli senza fremere d’orrore; poichè a qual pro questo rischio e questo coraggio? se non si potrà giungere al punto importante della direzione, la scoperta sarà sempre mirabile, è vero, ma senza utilità veruna, nè altro in sostanza potrà chiamarsi, se non un giuoco. Si è parlato tanto, tanto è stato scritto sopra questa materia, che posso tralasciare dal dirne di più; anche perchè non ho cognizione alcuna nella fisica sperimentale. Terminerò bensì quest’articolo compiangendo amaramente la funesta sorte del signor Pilastre de Rozier, vittima del suo ultimo viaggio aereostatico, e augurando coraggio e fortuna [p. 350 modifica] al signor Blanchard, che è presentemente l’aeronauta più costante e più coraggioso. Il furore delle scoperte erasi impadronito talmente dell’animo dei Parigini, che si andava perfino a cercarne nella classe dei prestigii. Infatti si erano immaginati sonnambuli, che parlavano sensatamente, e a proposito con persone sveglie, attribuendo loro la facoltà d’indovinar il passato, e prevedere il futuro. Quest’illusione però non fece molti progressi; ve ne fu bensì un’altra quasi nel tempo medesimo, e questa ingannò quasi tutta Parigi. Una lettera in data di Lione annunziava un uomo che aveva trovato la maniera di camminare sull’acqua a piedi asciutti, e si proponeva di recarsi nella capitale a farne l’esperimento. Domandava perciò una sottoscrizione, che lo compensasse delle sue spese e della sua fatica. Divulgatasene la notizia, di presente restò compiuta la sottoscrizione, e restò fissato il giorno per vederlo traghettare la Senna. Nel giorno determinato all’esperimento, quest’uomo non comparve, e si trovarono pretesti per prolungare la burla. Insomma si venne finalmente in chiaro, che un bizzarro Lionese erasi divertito della credulità dei Parigini. Ma per quello che sembrava, la sua intenzione non era diretta ad insultare una città di ottocentomila anime; e certamente convien credere, che egli abbia prodotto ottime ragioni per farla passare in burla, poichè non gli avvenne in séguito alcuna cosa disgustosa. Quello che indusse i Parigini a prestar fede ad una simile invenzione fu il Giornale di Parigi che l’annunziò come una verità già confermata dall’esperienza; e siccome i compilatori di questo foglio periodico furono ingannati eglino stessi, si giustificarono perciò ampiamente, stampando le lettere, dalle quali erano stati ingannati, con i nomi di chi le aveva scritte e indirizzate al loro uffizio. Tre anni dopo venne a Parigi un forestiero, il quale effettivamente alla vista d’un popolo immenso attraversò il fiume a piedi asciutti. Quest’uomo fece un mistero dei mezzi adoperati nel suo esperimento, ed ebbe somma cura di nascondere la calzatura adoprata in questo passaggio. Per quello che vedevasi, era sua intenzione di vender caro il segreto, ma la poca utilità che in sostanza se ne poteva ricavare, non ne valeva la pena. In tutti i fiumi si trovano chiatte, battelli per traversarli, nè avviene se non di rado di aver bisogno di soccorsi straordinari per passar l’acqua; e poi, anche in questo caso non si potrebbero aver sempre con sè queste macchine, le quali non possono essere nè leggiere nè troppo comode a portarsi. Quest’esperimento ha bensì somministrato una nuova giustificazione ai compilatori del Giornale di Parigi, i quali avevano preveduto la possibilità di una simile scoperta.