Memorie di Carlo Goldoni/Parte terza/XXXI
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CAPITOLO XXXI.
- Il Palazzo Reale. — Sua nuova forma, e suoi divertimenti.
Nell’anno medesimo 1781 di cui ho parlato, furono conosciute dal pubblico le mutazioni proposte sulla fabbrica del Palazzo Reale, e di fatto il 15 d’ottobre si cominciò ad atterrare gli alberi nel gran viale. Quante lagnanze per questa perdita in tutta Parigi! Tutti trovavano piacevole questa passeggiata, come era infatti: essa formava la delizia di tutti, e nessuno sapeva persuadersi che potesse rendersi più dilettevole, o più comoda; temevasi anzi che per una speculazione non si sacrificasse all’interesse del padrone il divertimento de’ particolari. I proprietari poi delle case che circondavano il giardino erano molto più in agitazione degli altri, per essere minacciati da una nuova fabbrica, la quale andava a privarli dell’amenissima vista e dell’ingresso di quel luogo di delizia. Tutti quanti però si unirono in corpo, e fecero i tentativi possibili, per conservare i pretesi loro diritti; ma i principali giureconsulti li persuasero a desistere, per essere già stato ceduto dal re il terreno alla casa d’Orléans, in conseguenza della qual cessione il signor duca di Chàrtres, oggi duca d’Orléans, e primo principe del sangue, ne godeva il possesso. Le finestre e le porte d’ingresso in questo giardino erano soltanto tollerate, e tranne la perdita che per questa parte ne risentivano i querelanti, altro non avevasi in mira, se non lavorare per la maggior soddisfazione del pubblico. Ma questo pubblico non si fidava. Troppo dispiaceva la distruzione di quel magnifico viale, ove nelle belle giornate adunavansi infinite persone, ove le primarie bellezze di Parigi facevano pompa delle seducenti loro attrattive, ove la gioventù correva pericoli, ed incontrava fortune, ove finalmente gli uomini sensati si divertivano a spese talvolta dei balordi. Ogni albero che si atterrava, eccitava nell’animo degli spettatori una sensazione dolorosa. Io mi trovai per caso alla caduta dell’albero di Cracovia, di quel bel castagno che intorno a sè adunava i novellatori, e che da tanto tempo era stato testimone della loro curiosità, de’ loro contrasti e delle loro menzogne. Essendomi riuscito di entrare nella folla, ebbi la sorte di avere un ramo di esso, che aveva conservato le sue fresche foglie, e lo portai tosto in casa di miei conoscenti. Fu allora che vidi parecchie signore piangere, e uomini accendersi di sdegno. Tutti gridavano contro il distruttore, ed io me la rideva meco stesso avendo molta fiducia ne’ suoi disegni; nè mi sono ingannato. Insomma, ecco rinnovato, rifabbricato e compiuto il Palazzo Reale: si ha ora un bel dire, un bel criticare. In quanto a me non vi entro una volta senza provare nuovo piacere, e l’affluenza di persone che attualmente lo frequenta, conferma la mia opinione. Dicesi, che il recinto del giardino è ristretto; per altro è, tuttora assai vasto per offrire viali deliziosi tanto nell’estate, come nell’inverno, e nel mezzo ha uno spazio considerabilissimo che non è mai pieno. — Non vi è aria bastante. — Quelli che non cercano altro che aria, devono preferire i Campi Elisi; ma coloro che amano di trovar riunita nello stesso luogo molta gente, il piacere e la comodità, difficilmente si scosteranno dal Palazzo Reale. Portici che proteggono dalla pioggia e dal sole, botteghe di mercanti accreditatissimi, e sempre piene di avventori, negozii di stoffe, di gioie e di tutto ciò che può abbisognare all’abbigliamento delle signore, al vestiario degli uomini e alla curiosità; caffè, bagni, trattori, quartieri ammobiliati, conversazioni, spettacoli, quadri, libri, accademie, appartamenti comodissimi nell’interno, ed esteriormente ornatissimi anche troppo; sempre gente, gente d’affari, negozianti, politici; ognuno vi trova la sua utile occupazione, il suo divertimento, e la varietà dei piaceri corrisponde alla diversità dei gusti che vi s’incontrano. Accadono talvolta piccole risse, alcuni schiamazzi: ma dove mai non ne seguono? La polizia invigila qui in egual modo che altrove, e vi sono guardie svizzere sempre pronte al menomo susurro. La gente di cattivo umore trova il Palazzo Reale indecente, ma io dico che nulla vi è da temere per le persone dabbene. Io stesso, per esempio, ho veduto uomini alle Tuileries andar dietro a donne onoratissime, e costringerle a ritirarsi, non per altra ragione se non per aver esse qualche cosa di troppo singolare e straordinario nel loro abbigliamento o nel loro aspetto, ciò che non è mai succeduto al Palazzo Reale. Quivi è troppo grande il concorso, perchè una persona sia presa di mira, e sia circondata da una folla di curiosi e di spensierati. In alcuni giorni ed in certe ore, si ha anche cura di separare il volgo della gente dabbene; e se avviene talvolta che si confondano inopportunamente fra loro le gonnelle delle governanti colle sontuose vesti delle gran dame, ciò avviene di passaggio, nè vi si bada; in somma è questo un luogo di traffico, utile, comodo, dilettevole; evviva il Palazzo Reale!