Memorie di Carlo Goldoni/Parte terza/XXXIII
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CAPITOLO XXXIII.
- I fogli periodici di Parigi. — Alcune opere, la cui continuazione non ha periodi fissi.
Il giornale di cui ho testé parlato, mi richiama alla memoria quella immensa quantità di fogli che si spacciano ogni giorno in Parigi. L’uomo più curioso e più disoccupato del mondo non potrebbe leggerli tutti, ancorchè v’impiegasse tutto quanto il suo tempo: farò parola di quelli soltanto che mi sono più noti. La Gazzetta di Francia comparisce due volte la settimana, e se non dà le notizie più fresche, le dà bensì più sicure. L’articolo di Versailles è sempre importante a cagione delle promozioni e presentazioni: è un testo sicuro è perpetuo dei titoli, delle cariche e dignità. Il Corriere Europeo è una gazzetta inglese tradotta in francese, nella quale trovanti ragguagli estesissimi delle discussioni ed arringhe dei parlamenti, ed in cui il partito realista non è trattato diversamente da quello dell’opposizione. Questo foglio era ricercato più d’ogni altro, ed è stato di gran momento durante l’ultima guerra, ed occupa molto l’attenzione pubblica sulla condotta del governo britannico. Le gazzette d’Olanda, quelle di Germania e alcune d’Italia che si stampano in Francia, sono utili soltanto per confrontare le notizie. Infatti i gazzettieri si sollecitano di darne, ma non hanno tempo di verificarle; onde qualche volta s’ingannano, e la necessità di disdirsi somministra loro articoli per riempire i fogli successivi. Il Mercurio di Francia, chiamato altre volte il Mercurio Galante, ha ora variato l’ordine della sua distribuzione. Invece di un volume al mese, se ne dà una parte ogni sabato. Questo lavoro è fatto da una società di persone letterate: esso comprende quanto riguarda le arti, le scienze, la letteratura, i teatri, le notizie politiche, ed ha sempre conservato l’antico uso degli enimmi e logogrifi, dei quali dà la spiegazione nel volume successivo. Il vocabolo enigma deve esser noto a chiunque, ma quello di logogrifo può benissimo essere ignoto a parecchie persone: io, per esempio, non ne aveva notizia alcuna in Italia. Ecco la spiegazione che si trova nel dizionario del Trèvoux: «Logogrifo: sorta di simbolo in parole enimmatiche; consiste in qualche allusione equivoca, o mutilazione di parole, per cui variasi il senso letterale della cosa significata: di maniera che sta di mezzo fra l’equivoco e il vero Enimma, o l’Emblema.» La reputazione e lo spaccio del Mercurio non sono però sostenuti da simili bagattelle, benchè sarebbe forse minore il numero degli associati, qualora si sopprimessero. Tostochè comparisce questo libro, i curiosi si affrettano a vedere se hanno indovinato gli enigmi e i logogrifi del volume precedente: passano, subito dopo, alle nuove composizioni dell’istesso genere: le studiano, consumano le intiere giornate in questa occupazione, che diviene per loro un momento più dell’altro seria e incitante. Una dama di mia conoscenza, che aveva il dono d’indovinare spessissimo alla prima, s’imbatte un giorno in un diabolico enigma che la fa disperare. Giunge finalmente ad indovinarlo, o crede almeno di averlo indovinato. Era in letto, suona, s’alza, grida, e manda tosto a partecipare agli amici la sua scoperta. Il giorno seguente trovano che ella si è ingannata: non è possibile dipingere adeguatamente lo stato di desolazione, in cui la vidi io medesimo per tal motivo. L’Anno letterario è parimente un foglio periodico, che si pubblica tutti i mesi, e del quale era autore il signor Fréron, uomo molto istruito e sensatissimo; nessun altro poteva mai vantarsi di far meglio di lui l’estratto di un libro, o di una composizione teatrale; era, è vero, qualche volta un poco cattivo, ma ciò dipendeva dal suo mestiero medesimo. Quello ancora che rendeva questo giornale più importante, era la guerra dichiarata in esso al filosofo di Ferney; l’uomo celebre ebbe la debolezza di mostrarsene offeso. Il Fréron era la sua versiera; per tutto incastrava il nome di lui; ovunque lo ricolmava di sarcasmi e di motti ridicoli, e ciò somministrava al giornalista materiali sempre nuovi, per empire i suoi fogli, e divertire il pubblico nel tempo stesso. Questa produzione periodica è passata in mano di un uomo di sommo merito, la cui penna è felice e il criterio prezioso. Il Giornale dei Dotti non è fatto per tutti. Esso corrisponde al suo titolo; ma generalmente parlando piace più il divertirsi, che l’istruirsi. La Gazzetta dei Tribunali è utile agli impiegati e curiali, ed il Giornale d’Agricoltura è fatto per i coltivatori; l’uno e l’altro però sono benissimo compilati, ed hanno un sufficiente numero di lettori che ricompensa la fatica dei loro autori.
Ma il foglio periodico più fortunato, e che si legge ancora con qualche piacere, è quello che si pubblica ogni mese sotto il titolo di Biblioteca dei Romanzi. Un francese nobile e ricco possiede in Parigi una libreria, che crede la più ampia e la meglio provvista di quante si posseggono da persone private in Europa. Il catalogo di essa è immenso; ma ciò che sembra incredibile, e che io stesso vidi co’ miei propri occhi, è, che a ciascun articolo trovasi in margine una annotazione scritta di pugno del possessore di questa preziosa raccolta; indubitata prova che non il fasto, ma bensì il buon gusto e la intelligenza hanno presieduto a sì pregevole acquisto. Fra le collezioni più rare e più complete, trovasi quella degli antichi romanzi: è il quadro più fedele dei costumi, usi e caratteri di tutti i secoli. Parecchie persone di lettere, incoraggite e protette dal dotto e generoso bibliofilo, esposero al pubblico sotto la direzione di lui varii estratti di queste opere, singolarissimi ed importantissimi; ma in capo di qualche anno furono obbligate per alcune particolari ragioni a ricavar altronde i loro materiali; contuttociò questo giornale non è meno importante, nè manca di associati e di lettori. Esce bensì adesso da questa medesima libreria una raccolta non meno utile; e questa è una specie d’istoria universale della letteratura di tutte le nazioni incivilite, della quale è autore il signor Dorville. Merita pure di essere letto il Giornale di Letteratura, benissimo scritto, e molto giudizioso nelle sue critiche. Passo sotto silenzio il Giornale de Bouillon, come pure gli Avvisi di Provincia, e molti altri, non essendo possibile di legger tutto e di aver di tutto notizia; laonde terminerò quest’articolo con dar conto semplicemente dei due fogli che giornalmente si pubblicano: uno sotto il titolo di Giornale di Parigi, e l’altro sotto quello di Giornale di Francia, ovvero i Piccoli Avvisi. Oggetto principale dell’ultimo è di dare avviso dei beni mobili e immobili che sono in vendita o da allogarsi, delle cariche, di cui vorrebbero disfarsi i possessori, le dimande dei privati, gli effetti perduti o ricuperati, le mode che si trovano dai mercanti, i lavori degli artisti, insomma tutto ciò che riguarda l’utilità e il comodo pubblico. Da qualche anno in qua vi sono state aggiunte le notizie letterarie; vi si trovano estratti benissimo fatti, critiche giudiziose, osservazioni sensate. Nè di minore utile e piacere è il Giornale di Parigi, che dà giornalmente le novità più fresche e più sicure, e rende conto dell’idee, scoperte e discussioni di qualsivoglia genere. In esso hanno parimente luogo i tratti di valore, di virtù e di beneficenza. Bisogna dunque servirsi di questo foglio, allorchè si vuol partecipare al pubblico le produzioni dell’ingegno, ed i lavori meccanici dei particolari. In simili occorrenze gli autori di esso non trascurano nelle loro esposizioni di fare spiccare il merito, indicando nel tempo stesso modestamente i luoghi che avrebbero bisogno di schiarimenti o di correzioni. Alcune volte il pubblico si lamenta che il Giornale di Parigi non è abbastanza ricco di notizie; ma ve ne può egli essere ogni giorno? e poi, si può egli dir tutto, scrivere tutto, stampar tutto? L’articolo dei Teatri però non manca mai, e questo solo basta a soddisfare la maggior parte dei lettori e degli associati. Il Giornale di Francia esso pure si è impadronito di questa materia; nè è male vedere le produzioni drammatiche esaminate a fondo da due diversi autori. Esposta una commedia nuova, il giorno dopo se ne trova in codesti due giornali un sunto, il successo e la critica; qualche volta vanno entrambi d’accordo, e qualche altra volta sono diversi i loro sentimenti: uno è più severo, l’altro più indulgente; senza che io li nomini, il pubblico li conosce abbastanza. Tali sunti e tali critiche sono però lezioni utilissime ai giovani autori. Vi sono anche altri fogli, i quali dopo qualche tempo fanno essi pure estratti ed osservazioni riguardanti le opere drammatiche già espose, ma questi possono dirsi soccorsi tardi ed inutili; la prontezza dei giornali, dei quali ho fatto parola, istruisce gli autori istantaneamente, di modo che un’opera andata a terra nella prima recita, può risorgere nella seconda, producendo in questa tanto piacere, quanto avea cagionato disgusto nella precedente. Qui forse mi sarà detto: è il pubblico quello che indica i luoghi che lo colpiscono o lo annoiano; ma gli autori ed i comici, possono eglino mai scernere la vera cagione del cattivo umore dell’assemblea? sono gli autori dei giornali, che secondo il proprio giudizio, e quello degli spettatori, hanno avuto il tempo di esaminare attentamente e con calma; sono essi, ripeto, che possono rendere conto dei buoni e dei cattivi effetti prodotti dalla composizione, e dare nel tempo medesimo salutari avvisi. Ecco la mia maniera di pensare sull’utilità di queste opere periodiche, che stimo moltissimo, ma che a prezzo di tutto l’oro del mondo non sarebbero mai state oggetto della mia occupazione. Nulla può esservi di più penoso, che essere obbligati a lavorare o per forza o per amore ogni giorno impreteribilmente. Si ha un bel dividersi il lavoro con parecchi altri scrittori; gli obblighi contratti col pubblico sono terribili, e la difficoltà di piacere a tutti, mette in disperazione.
Vi sono poi opere le quali non sono periodiche, e che hanno una continuazione arbitraria. Tale, per esempio, è la Vita degli Uomini illustri, o il Plutarco francese del signor Turpin. Gli elogi di questo stimabile autore son tutti quanti ricavati dall’istoria. Ma quel che in esso merita ammirazione è l’arte singolare di ravvicinare i fatti senza recare noia al lettore: e col suo stile nobile, vigoroso, sa dare maggior risalto alla virtù, senza avvilirla con l’adulazione. Il signor Rétif de la Bretonne è parimente un autore di una fecondità senza pari: le sue Contemporanee fra le altre sono cognite a tutto il mondo, e si leggono sempre con soddisfazione. Egli ha delineati quadri di ogni specie: se ha dipinto sulle tracce della natura convien dire che abbia molto veduto; e se un tal lavoro è tutto parto di sua fantasia, ha dato certamente molto nel segno. Qui mi si porgerebbe appunto l’occasione di far parola del Quadro di Parigi del signor Mercier; ma lo confesso schiettamente, io mi trovo su questo proposito impacciato: professo molta stima all’autore, ma son sdegnato contro la sua opera. Egli non sa trovare nulla di bello, buono, o di tollerabile in Parigi; ma si suol dire, che chi prova troppo non prova nulla. Il signor Mercier aveva fatto precedentemente piangere il pubblico con la rappresentazione delle sue composizioni drammatiche: è forza credere che abbia voluto rallegrarlo colla lettura del suo libro.