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348 parte terza

CAPITOLO XXXII.

Il nuovo teatro per la commedia francese. — Quello della commedia italiana. — Il Magnetismo animale. — I Palloni. — I Sonnambuli. — L’uomo di Lione che doveva camminare sull’acqua a piedi asciutti. — Questa buffoneria compromette il Giornale di Parigi. — Sua amplissima giustificazione.

La commedia francese lasciò le Tuileries per andare ad occupare il teatro destinatole nel sobborgo di San Germano. Questa fabbrica è isolata, e la sua facciata offre un bel colpo d’occhio risedendo sur un terreno spazioso e comodissimo per le carrozze; oltre a ciò se malgrado le precauzioni immaginate vi si destasse un incendio, nulla vi sarebbe da temere per il vicinato. La platea è vasta, nobile, comoda, ed i comici hanno introdotto nella platea un uso del tutto nuovo. Il pubblico può sedervi, ed allora paga il doppio. Questa novità può essere per l’introito vantaggiosa, e pregiudicevole; i giovani, per esempio, già avvezzi a pagare venti soldi, ci pensano due volte a pagare il doppio, laddove quelli che una volta andavano ai posti di sei franchi, trovano gradito e decente raccomodarsi a sì buon prezzo. Havvi ancora un’altra osservazione da fare su questo cambiamento. Una volta il giudizio delle commedie nuove apparteneva alla sola platea. Ma ora questa platea non è più l’istessa. Gli attori dispensano biglietti per procurare il buon esito della rappresentazione, nel tempo che gli invidiosi ne distribuiscono altri per farla andare a terra: il raddoppiamento del prezzo deve diminuire gli appoggi degli uni, come pure la cabala degli altri. È egli questo un bene, o un male? La cassetta dei commedianti potrà dare una risposta. Ma ella è sempre così cospicua, ed assicurata mediante il provento dei palchetti, presi in affitto per il corso dell’anno, che non è mai possibile che si accorgano del maggiore o minore loro vantaggio.

Anche i comici italiani, l’anno seguente, cambiarono posto. Ne avevano essi, a dir vero, più bisogno degli altri. La situazione del loro antico palazzo di Borgogna era incomodissima per il pubblico, e molto più per gli abitanti del quartiere; io era appunto uno di quelli, ed ho corso talvolta qualche pericolo rientrando in casa nel tempo dello sfilare delle carrozze. In mezzo ad una folla di disegni, che gli architetti proponevano ogni giorno, i comici prescelsero quello del palazzo e del giardino del principe di Choiseul, che andava a formare un nuovo quartiere, con strade, abitazioni e stabilimenti d’ogni sorte. Gli impresari di queste fabbriche dettero ai comici, salvo le decorazioni del teatro, la sala costruita, ornata, terminata e pronta a servire all’uso degli acquirenti, per il prezzo convenuto di scudi centomila. I comici sottoscrissero il contratto, e pagarono la somma fissata, e adesso la sala è di loro proprietà. L’anno dopo, vi fecero alcune mutazioni per maggior comodo del pubblico, e queste diedero al locale un aspetto ancor più bello. Infatti è uno dei più bei teatri di Parigi; è piacevolissimo e frequentatissimo.

Ecco pertanto i tre grandi teatri rinnovati quasi nel medesimo tempo, ed ecco quel che i Francesi vorrebbero vedere ogni giorno. Il pubblico non si diletta che di novità; l’una fa dimenticare l’altra, ed in un gran paese si succedono le une dopo le altre rapida-