Melmoth o l'uomo errante/Volume II/Capitolo XIII
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CAPITOLO XIII.
Isidora era tanto accostumata alle esclamazioni bizzarre ed alle intelligibili allusioni del suo misterioso amante, che ella non provò una troppo viva inquietudine alle straordinarie parole ed alla brusca partenza di lui; in questa non vi era stato nulla di più minaccevole o formidabile di quello che ella aveva altre volte veduto, e si rammemorava che, dopo tali accessi, lo ritrovava di un umore più placido. Sentì dunque Isidora consolarsi a tale riflessione, e forse per la convinzione inesplicabile la quale germoglia nel cuore di tutti quelli che amano, che l’amore non può mai senza una qualche sofferenza sussistere. Rimase dunque ella meno sorpresa per la partenza di Melmoth, che per un messaggio fattole pervenire da donna Chiara sua madre nel corso della mattina per avvertirla che la stava attendendo nel suo ordinario salotto, ove attendeva al ricamo, a fine di parteciparle nuova, che un espresso aveale portata.
Comunemente donna Chiara distribuiva il suo tempo fra le cure della sua cucina e del suo oratorio, fra le preghiere ai santi e le querele coi suoi domestici, fra la sua divozione e la sua collera. In queste, per lei grate, alternative, donna Chiara trovava il mezzo di tener sè e tutta la famiglia, in una occupazione continua, ed interessante, in uno stato di leggiera irritazione, che per altro non mancava di dolcezza.
Isidora nel corso di quella mattina aveva osservato uno straordinario movimento in tutta la casa, e che avrebbe potuto ispirarle qualche sospetto, se fosse stata in grado di prestarci attenzione; e la sua maraviglia fu grande quando entrando nel luogo ove era la sua genitrice la trovò assisa d’avanti ad una scrivania, con in mano una lettera, che aveva terminato di leggere, e quando si sentì indirizzare le seguenti parole: Vi ho mandato a chiamare, mia figlia, affinchè anco voi possiate prender parte al piacere, che questo foglio deve cagionare ad entrambe. Perciò vi prego di porvi a sedere, e di ascoltare con attenzione intanto che ve ne sarà fatta la lettura.
Nel mentre che donna Chiara pronunziava queste parole era seduta sur un seggiolone, la cui spalliera era di un’enorme altezza, e del quale pareva che ella stessa facesse parte, tanto era inflessibile ed immobile in tutta la sua persona; gli occhi senz’anima e senza espressione. Isidora fece una riverenza e si assise sopra uno sgabello di velluto. Intanto una cameriera molto attempata, seduta sur un altro sgabello a lato di donna Chiara, lesse con un numero infinito di pause, e non senza difficoltà la lettera seguente, che la sua padrona aveva ricevuta da suo marito, da poco tempo sbarcato in un porto di mare, e che era in viaggio per raggiungere la sua famiglia:
Signora e cara sposa.
«Egli è quasi un anno, che ricevetti la vostra lettera, colla quale mi annunziavate, che era stata rinvenuta la vostra figlia, quella che io credetti smarrita, insieme con la Mora sua nutrice, in uno dei miei viaggi alle Indie. Avrei più sollecitamente risposto alla vostra lettera, ma parecchie occupazioni mi hanno sempre impedito di farlo.
«Vi prego a credere, che io non mi rallegro meno per aver ricuperata una figlia, quanto per aver riguadagnata un’anima ed una suddita al cielo. Al mio arrivo mi aspetto, in grazia delle istruzioni del padre Giuseppe, di trovare in lei una perfetta cristiana. Mi lusingo altresì, che essa possederà tutte le qualità e virtù proprie di una giovinetta spagnuola, e principalmente la divozione e la riserbatezza. Io ho sempre riscontrato in voi queste belle qualità, e spero che vi sarete sforzata di comunicarle a lei, poichè dalla vostra conversazione ella aveva moltissimo da guadagnare, nulla da perdere.
«Finalmente, siccome è giusto, che le giovanette sieno ricompensate della loro virtù e della loro modestia per mezzo della loro unione con un degno sposo, così il dovere di un tenero padre è quello di cercarne uno per la sua figlia. Spinto da questo desiderio condurrò meco don Gregorio Montillo, col quale penso di farla unire in matrimonio. Non mi rimane il tempo di farvi la descrizione delle ottime qualità, che adornano questo giovane, ma conto che ella lo raccoglierà come conviene ad una figlia obbediente, e voi come l’amico del
Vostro affezionato marito,
francesco di aliaga.
Voi avete sentita la lettera del vostro genitore, proseguì donna Chiara con un tuono grave e maestoso, e vi aspettate senza dubbio di sentire da me una istruzione sui doveri dello stato, che dovrete tra non molto abbracciare. Questi doveri secondo me, si riducono a tre solamente; obbedienza, silenzio ed economia. In quanto al primo... santa Vergine, gridò ad un tratto la cameriera come diventa pallida donna Isidora! In quanto al primo.... proseguiva a dire donna Chiara senza ascoltare ciò che diceva la cameriera; ma ella fu interrotta da un leggiero rumore, il quale però non avrebbe per nulla distolta la sua attenzione a quello, che stava dicendo, se la vecchia non si avesse ad alta voce gridato: Ma signora, guardate! donna Isidora si sente male!
Donna Chiara, che di rado usciva dal suo sangue freddo, si contentò di abbassare gli occhiali, e gettando uno sguardo sopra la figlia, che dallo sgabello era caduta per terra, ove giaceva senza movimento, dopo una breve pausa disse seccamente: Ella si sente male di fatti. Sollevatela; chiamate soccorso e datele un poco d’acqua fredda, o ciò, che sarà più opportuno, e conducetela all’aria aperta. Quando la figlia fu partita dal salotto di donna Chiara, questa esclamò: Ecco le conseguenze di tutte queste follie di amori e di matrimonii! Io, grazie al cielo, non ho mai amato in vita mia; e quanto al matrimonio, si trattò unicamente di fare la volontà di Dio e de’ nostri genitori.
Isidora avendo riacquistati i suoi sentimenti mandò a fare le sue scuse alla madre della sofferta momentanea indisposizione, e pregò le sue ancelle di lasciarla sola. Sola! ella è questa una parola, alla quale gli amanti non annettono che un’idea, quella cioè di trovarsi in compagnia dell’oggetto amato, che per essi equivale all’universo intiero. Isidora desiderava in questa circostanza terribile di dimandar consiglio a quello, la cui immagine era ognora presente al suo cuore, e del quale sentiva incessantemente la voce, anco quando non era con lei. La crise, in cui ella trovavasi, era in vero fatta per mettere alla prova il cuore di una donna, e quello di donna Isidora pieno di sensibilità, ma privo di giudizio e di esperienza, accostumato da una parte ad una libertà perfetta e dall’altra ad una timidezza e ad una confidenza, che quasi convertivasi in disperazione, la rendette vittima di emozioni diverse, che sembrarono per qualche momento minacciarla di farle smarrire la ragione. La di lei primiera esistenza sì indipendente e tutta di istinto, rianimavasi ad intervalli, e le suggeriva delle risoluzioni imprudenti e disperate, quali si son vedute prendere ed anco mandare ad effetto dalle più timide fra le donne, allorquando si sono trovate esposte a’ più straordinarii pericoli. Ma quindi tutto ad un tratto il contegno della sua nuova religione, ma che ella non amava meno ardentemente, la fecero rinunziare ad ogni pensiero di resistenza o di opposizione, che ella avrebbe riguardata, come offensiva al cielo.
Quel giorno fu terribile per Isidora, non già che le mancasse il tempo di approfondarsi nella riflessione, ma si sentiva onninamente convinto, che ogni riflessione renduta sarebbesi inutile; che le circostanze, nelle quali ella trovavasi collocata, doveano decidere della di lei condotta, noi già i suoi proprii pensieri; che, finalmente, nella sua situazione le forze morali state non sarebbero sufficienti da far resistenza alle forze fisiche. Qualche spirito più portato ad osservare le varietà del cuore umano, che a compatirne le pene, avrebbe potuto trovare dell’interesse nell’esaminare il dolore inquieto d’Isidora, posto a contrasto con la fredda e tranquilla soddisfazione della sua genitrice, che impiegò tutta quella giornata a comporre una lettera studiata in risposta a quella del suo marito.
L’indisposizione servì di scusa ad Isidora per non ricomparire alla presenza della sua genitrice. La notte arrivò finalmente, quella notte, che celando a lei gli oggetti che la circondavano, le ridonava in certa guisa il sentimento della sua antica esistenza, e quello di una indipendenza, che non provava giammai nel corso dei giorno. L’assenza di Melmoth aumentava la sua inquietudine, ed incominciava a temere, che esso non avesse realmente avuta la barbara intenzione di abbandonarla per sempre; e ad un tal pensiero sentì mancarsi il cuore.
I lettori avvezzi alle sventure dei romanzi troveranno forse incredibile, che una giovanetta, così tenera e nel tempo stesso così coraggiosa come era Isidora, potesse provare della inquietudine o dello spavento in una situazione tanto naturale ad una eroina; ma nè i lettori nè gli scrittori sembra che abbiano riflettuto a quella folla di piccole cause esteriori, che agiscono sulla volontà umana con una forza molto più possente di quel movente interiore, che occupa sì gran parte in un romanzo, ed una parte sì rara e sì frivola nel corso ordinario della vita.
Isidora sarebbe morta per l’uomo, cui aveva consacrati i suoi affetti. Sul patibolo o sul rogo ella avrebbe ad alta voce confessata la sua passione, e si sarebbe fatto un pregio di morirne vittima. Lo spirito acquista agevolmente il coraggio, che è necessario per un grande sforzo, e rimane spossato dalla necessità ognor rinascente de’ domestici conflitti. La casa ove dimorava Isidora era per la medesima una prigione; dessa non poteva, pure per brevissimo istante; sortire dalla porta del castello: ogni speranza di fuga le era in conseguenza tolta e negata; ma quando pure tutte le uscite fossero state aperte per lei, essa non avrebbe voluto profittarne; sarebbe stata come quell’augello, che sortendo dalla gabbia, ove è stato per del tempo rinchiuso, non sa trovare un ramoscello in cui possa posarsi. Tale era l’avvenire che a lei si presentava, se fosse riuscita ad evadersi; ma ben più terribile: quello della sua casa. Il tuono di autorità freddo e severo, col quale era scritta la lettera del suo genitore, non le dava grande speranza di dover trovare in lui un amico. A ciò si aggiungeva la debole, ed imperiosa mediocrità della sua genitrice, il carattere egoista ed orgoglioso di don Fernando, gli avvertimenti in fine e le esortazioni perpetue del direttore spirituale della famiglia. Ella era obbligata ad ascoltare le stesse ripetizioni di esortazioni, di rimproveri, di minacce, o a cercare un asilo, nella sua camera, nella quale passava le intiere ore nella solitudine e fra le lagrime. Gli incessanti combattimenti di una persona, coraggiosa sì, ma senza alcun potere contro tanti individui, tutti congiurati a pervenire al loro intento; quel perpetuo conflitto di mali, leggieri bensì, riguardati in particolare, ma insopportabili nella loro totalità, abbattè le forze d’Isidora, che versò delle lagrime amare pensando alle concessioni, che si sarebbero da sè esatte quando avesse finalmente perduto ogni potere di resistenza. Oh! andava ella esclamando, congiunte le mani ed arrivata all’ultimo stadio dello sconforto: Oh! perchè non è desso qui presente per dirigermi e consigliarmi! ancorchè io non dovessi più rivederlo in qualità di amante, ma come un semplice amico!
Dicono, che esista un certo genio sempre pronto ad esaudire i voti, che uno fa per la sua propria disgrazia. A mala pena Isidora ebbe pronunziate queste parole, vide l’ombra di Melmoth nel giardino, e che quasi al medesimo istante si trovò sotto la finestra di lei. Nel vederlo approssimare, Isidora fece un grido di gioia e di terrore insieme; ma egli le impose silenzio con un cenno della mano, e quindi con voce sommessa le disse: So tutto.
Isidora se ne stette in silenzio; ella non aveva altra cosa da dirgli, se non che renderlo informato delle sue ultime disgrazie, della quale esso sembrava già pianamente istrutto. So tutto, proseguì Melmoth, il vostro genitore è sbarcato in Ispagna, e seco lui conduce il vostro futuro sposo. Vi sarà impossibile di poter resistere alla risoluzione decretata da tutta la vostra famiglia, la quale è tanto ostinata, quanto debole, e da qui a quindici giorni voi sarete la sposa di Montillo. — Io discenderò prima nel sepolcro, rispose Isidora con un tuono fermo e spaventevole.
A queste parole Melmoth se le avvicinò maggiormente per considerarla più da vicino. Tutto ciò, che, era indizio di una risoluzione forte e terribile, trovavasi in armonia con le corde sonore, ma discordanti dell’anima di lui. La pregò di ripetere ciò che ella aveva detto con bocca tremante ma con voce ferma, e se le avvicinò ancor più, onde vie meglio contemplarla mentre parlava. Il di lei aspetto era bello e terribile allo stesso tempo; pallida ed immobile, detto avresti, lei aver favellato senza sapere quali fossero le parole, che le erano uscite di bocca: aveva l’aspetto di una statua; Melmoth stesso si sentì confondere; si ritirò di alcuni passi; quindi avvicinandosi nuovamente le disse: Ed è questa la vostra ferma risoluzione, Isidora, ed avete realmente il coraggio di...... — Di morire, gli rispose Isidora, col medesimo accento, e con una fisonomia talmente ferma, che dava chiaramente a dimostrare d’esser capace di eseguire quanto diceva. Cotesta unione della energia colla debolezza, della bellezza e della morte fece palpitare il cuore di Melmoth con un sentimento per lui finora sconosciuto; onde rivolgendo indietro il capo e con un tuono, che sembrava rimproverarsi la sua dolcezza, disse: Potreste voi dunque morire per colui, pel quale non volete vivere? — Ho già detto, che amarei mille volte la morte piuttosto che essere sposa di Montillo. Io non so che cosa sia la morte; poco conosco la vita, ma perirei prima di commettere uno spergiuro dividendo la sposa di un uomo che non posso amare. — E perchè non potete voi amarlo? la interuppe Melmoth trastullandosi col cuore della sua amante, come un fanciullo si trastulla con l’augellino, che tiene legato per un filo. — Perchè, gli rispose, io non posso amare, che un solo. Voi foste la prima creatura umana, che m’insegnaste a sentire; la vostra immagine mi sta continuamente d’avanti agli occhi, presente, o assente che siate; tanto nel sonno, come nella veglia. Io ho vedute delle forme più seducenti; ho ascoltato delle voci più melodiose; avrei potuto trovare un cuore meno crudele; ma la prima immagine, quella immagine incancellabile si è impressa nel mio cuore, ed in esso rimarrà fino a tanto che avrò vita. Io non vi ho già amato per la vostra bellezza, nè pel vostro umor gaio, nè pe’ vostri discorsi teneri; vi ho amato perchè voi foste il primo, il solo vincolo che riunì il mio cuore col mondo, quegli che insegnommi a conoscere l’istrumento maraviglioso, che posseggo in me medesima, cioè la ragione: perchè la vostra immagine nel mio pensiero si congiunge con tutto ciò che vi ha di bello nella natura, perchè la vostra voce, la prima volta, che io l’ascoltai, mi sembrò uniforme al fragore de’ flutti, all’armonia delle stelle; anco al dì d’oggi essa mi rammemorava la felicità immaginaria, che io un tempo godetti. Io la ascolto tuttora come un esule, che in un paese straniero ode il canto della sua patria; io ho amato una volta e per sempre!... Ma ad un tratto tremante per le parole, che si era lasciate uscire di bocca, aggiunse con un misto di orgoglio e di verginale purezza: I sentimenti, che vi ho ora espressi, possono nuocermi se abusarne vorrete; ma essi non si cancelleranno giammai.
Sono questi dunque i vostri sentimenti veraci? le disse Melmoth dopo una lunga pausa, ed agitandosi come un uomo che sia da profondi ad inquieti pensieri agitato. — I miei veri sentimenti! esclamò Isidora facendosi rubiconda; e che? sarebbe possibile di pronunziare parole, che non fossero vere? Potrei obbliare sì presto la mia antica esistenza? — Se tale è dunque la vostra risoluzione; se tali veracemente sono i sentimenti... Sì, sì, disse Isidora sciogliendosi in amare lagrime. — Riflettete seriamente però all’alternativa che vi attende, proseguì Melmoth con lentezza e facendo le viste di pronunziare gli accenti con difficoltà, come se avesse provata della compassione per la sua vittima. Una unione con un uomo, che voi non potete amare, o un conflitto perpetuo, una persecuzione senza fine dalla vostra famiglia. Pensate al giorno, che... — Oh! io non posso pensare a nulla: ditemi che cosa volete che io faccia per sottrarmi. — Per dirvi il vero, rispose Melmoth aggrottando le sopracciglia in modo da non far distinguere se l’espressione della sua fisonomia fosse la stima, ovvero un sentimento profondo è sincero; non saprei quale scampo possa a voi rimanere, se non fosse quello di sposarmi. — Sposar voi! esclamò Isidora passandosi la mano sulla fronte; sposar voi! e come ciò può esser possibile? — Tutto è possibile quando si ama, riprese Melmoth con un sorriso sardonico, che l’oscurità della notte non permetteva di distinguere. — Mi sposerete voi a tenore del rito della Chiesa, alla quale io appartengo? — Di questa o di qualunque altra. ― Oh! non mi vogliate rispondere con termini tanto vaghi. Non dite un sì con un tuono tanto orribile. Volete voi sposarmi come si deve una vergine cristiana? La mia esistenza passata non è stata, che un sogno; ma al presente io sono vigilante. Se io unisco il mio al vostro destino, abbandono la mia famiglia, il mio paese, il mio.... — Ebbene! cosa perdereste in tal caso? La vostra famiglia vi tormenta e vi tien rinserrata; il vostro paese esulterebbe nel vedervi montare sul rogo per espiare qualche proposizione eretica; quanto al rimanente... — Mio Dio! esclamò la giovane vittima giungendo le mani e volgendo gli occhi verso il cielo, mio Dio! soccorretemi in questo fatale frangente! — Se io deggio qui aspettare, che abbiate ultimate le vostre preci, le disse Melmoth con durezza, non tarderò ad impazientarmi. — Voi non mi abbandonerete già per lasciarmi sola lottare contro il timore e la perplessità! Come potrei io salvarmi quando anco... — Voi potrete effettuare la vostra fuga con gli stessi mezzi, che io posseggo di entrare e sortire inosservato in questo luogo; se avete coraggio lo sforzo non vi costerà molto; se amate, non vi costerà nulla. Ditemi: volete che mi trovi qui dimani sera a questa medesima ora per condurvi in luogo ove godrete della libertà e della...
Egli voleva aggiungere la parola sicurezza, ma gli mancò la voce. Dopo una lunga pausa Isidora gli rispose, ma con voce tanto bassa, che Melmoth a mala pena potè distinguere il suono delle parole. Dimani sera! Dessa chiuse quindi la finestra e Melmoth si ritirò a passo lento.