Meditazioni sulla economia politica con annotazioni/XXVII

Dell'Agricoltura

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XXVI XXVIII
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§. XXVII.

Dell’Agricoltura.


O
Gni spazio di terra è la materia prima dell’Agricoltura, la qual produce ai popoli la ricchezza la più vera, e la più indipendente d’ogni altra col variar delle opinioni. Ogni genere di Agricoltura è utile allo Stato, perchè accresce l’annua riproduzione; ma quel genere di agricoltura sarà preferibile, che più accresce l’annua riproduzione. Pare che l’interesse del proprietario delle terre sia quello di ricavare dal suo fondo la maggiore annua riproduzione, per lo che al legislatore sembra che non convenga averne il pensiero riposandosi sulla vigilanza dell’interesse del proprietario. Con tutto ciò può darsi, che gl’interessi dello Stato non coincidino talvolta con l’interesse del proprietario. Questa verità si conosce riflettendo, che l’interesse del proprietario si è non già d’accrescere l’annua riproduzione totale de’ suoi fondi, ma bensì di accrescere quella porzione di rendita che ne ritrae. Ciò posto facilmente vedrassi, che la rendita del proprietario per due [p. 169 modifica]maniere si può accrescere, o coll’aumentazione della riproduzione annua, o colla diminuzione delle spese della coltura. L’interesse del proprietario coincide con quello del legislatore, fin tanto che si scelga il primo mezzo per accrescere la rendita; ma qualora si scelga il secondo, possono gl’interessi dello Stato, e quelli del possessore essere in opposizione. Suppongasi, che un genere di coltura richieda l’opera di dieci agricoltori che vivono sul lavoro di un campo. Il Proprietario potrebbe guadagnar più, sostituendovi un’altra coltura, la quale impiegasse due uomini soli, perchè potrebbe il risparmio di otto uomini di meno da mantenere essere una somma maggiore della differenza, che passa fra la total produzione del primo paragonata al secondo genere di coltura. È dunque un oggetto l’Agricoltura, che anche nelle sue specie diverse debbesi aver sott’occhio dagli uomini destinati a vegliare sulla felicità pubblica. Prima regola dunque generale sarà: preferire quel genere d’agricoltura che più accresce l’annua riproduzione, e che adopera maggior numero di braccia.

Alcuni generi d’agricoltura possono accrescere l’annua riproduzione su quel [p. 170 modifica]terreno, su cui si esercitano, e diminuire in proporzione assai maggiore l’annua riproduzione delle altre terre. Tale si è la coltura che si fa per mezzo della irrigazione, la quale estesa su di uno spazio sensibile dello Stato, coi vapori ed esalazioni continue cagiona frequenti nebbie, grandini frequenti a devastazione delle altre campagne, e rende l’aria insalubre a diminuzione del popolo. Seconda regola generale: sarà sempre posponibile quel genere di coltura, che deteriori le condizioni del clima.

Si può dare un genere di coltura, il quale accresca l’annua riproduzione senza scapito alcuno, ma che essendo uno sforzo della terra, dopo alcuni anni la renda sterile, o di troppo difficile riproduzione. In questo caso pure gl’interessi della nazione sarebbero opposti a quelli del proprietario. Terza regola generale adunque sarà: preferire quel genere d’agricoltura, per cui si conservi alla terra la sua attività.

Ognuno vede facilmente, quanto sia preferibile per lo Stato il ricavar dalle terre prima d’ogni altra cosa l’immediato alimento, e quanto sia preferibile l’alimento di prima necessità a quello di piacere. Se una popolazione d’America metterà [p. 171 modifica]tutte le sue terre a coltivare lo zucchero, perchè nel total valore ne ritrae più di quello che farebbe coltivando i grani; dico, che quella nazione meriterebbe una vita sempre dipendente, e precaria dalle nazioni estere, e dovrebbe prima d’ogni cosa procurarsi nel proprio suolo l’alimento fisico immediatamente. Quarta regola generale adunque: preferire quel genere di coltura che soddisfaccia ai bisogni fisici, fintanto almeno che sieno largamente assicurati.

Altre osservazioni si possono fare sull’agricoltura, dalle quali dedurre altri precetti. Io credo che sia più utile allo Stato, che la parte dominicale sia pagata dal fittuario al padrone del fondo, piuttosto in derrate, che in moneta, perchè affine che il fittuario possa unire la somma da pagare, debbe affrettarsi a vendere i prodotti della terra; e siccome presso ogni nazione vi sono i tempi legali per pagare i terreni allogati, così tutti ad un tempo s’accrescono i venditori, e facilmente nascono gl’incettatori, e si può far monopolio. Oltre di ciò ristagna una parte sensibile di denaro frattanto, perchè il fittuario appoco appoco ammassa la somma da [p. 172 modifica]pagare, e così si sottrae una porzione della merce universale alla circolazione. Che se il padrone del fondo sarà pagato con tanti sacchi di grano, botti di vino ec. non vi saranno questi inconvenienti. Riflettasi pure, che l’eccesso dell’annua riproduzione sulla consumazione interna sarà sempre più facilmente trasportato agli esteri, quanto meno voluminosa sarà la derrata, e meno corruttibile; dal che si vede quali altre regole di agricoltura si possono aggiugnere.

Ma quando io dico, che questi oggetti son degni dell’attenzione del legislatore, e che un genere merita d’essere più promosso, e un altro più ristretto, non intendo dire perciò, che io creda mai bene l’obbligare i proprietarj con leggi dirette o penali ad abbandonare, o scegliere una coltura più che un’altra. Sì fatte leggi coercitive non possono mai produrre verun buono effetto, perchè limitando esse il diritto di proprietà per entro a troppo angusti confini, tendono a intimidire gli uomini, a scoraggire l’industria, e diminuire la ricerca dei campi, e a portare la freddezza in ogni parte, dove anzi conviene lasciar vegetare la vita, e schiudersi l’attività. Ciò si otterrà stabilmente e con [p. 173 modifica]placidi mezzi, qualora indirettamente il legislatore inviti più un genere di coltura che un altro, e ciò può fare colla ripartizione del tributo, aggravandone meno quella coltura che più è utile allo Stato, o sulle terre medesime, ovvero nelle gabelle sul trasporto delle derrate; poichè la ritrosa volontà dell’uomo vuol essere invitata senza scossa, e guidata senza violenza, affinchè s’ottenga un bene costante, e non compensato da un maggior male. Nelle nazioni illuminate gli uomini vanno direttamente, e obbliquamente vanno le leggi; ma quanto sono minori i lumi d’un popolo, tanto vanno più direttamente le leggi, e obbliquamente gli uomini.

I premj possono essere mezzi che talvolta ajutino l’industria anche nell’agricoltura, e se ne contano esempj di qualche nazione; ma d’ordinario danno poca utilità reale. Primieramente v’è pericolo che questi vengano distribuiti più per ufficj, che per attento esame, e non vi è cosa che avvilisca il merito, quanto un’arbitraria distribuzione de’ premj. Secondaria­mente se il valore di questi sta nella ricchezza fisica, saranno un aggravio certo universale per un’incerta utilità parziale: [p. 174 modifica]se il valore non sarà ricchezza fisica, diventerà un giuoco la distribuzione; e in una nazione vivace non sarà osservata con quella serietà atta ad eccitare l’emulazione. Finalmente ogni coltura che non trovi il premio intrinseco del guadagno nella vendita, sarà sempre una riproduzione efimera, e di pochissima utilità. Io non dico, che in alcun caso il premio proposto non possa essere di bene; dico soltanto, che questi sono il vero lusso della legislazione, a cui non è permesso il pensare, fino a tanto ch’ella in ogni sua parte non sia esattamente modellata e conforme alla società, per cui è fatta.

Si è detto, che il legislatore cercherà adunque di promovere più una coltura che l’altra; e riducendo ad una teoria sola qual coltura debbasi preferire, dirò: quella che più costantemente accresce il valore dell’annua riproduzione. Un ministro politico non sarà mai di altro sollecito, nè si curerà se sia variata o no la coltura; se molte materie prime delle arti si producono; se cresca sul suolo, quanto serve ai comodi della vita; poichè ciò si livella da sè; ogni cosa ricercata ha prezzo, e tanto maggiore, quanto è il numero delle ricerche; [p. 175 modifica]e tosto che il proprietario del fondo non coltiva un dato genere, è segno che ne ritrae valor maggiore altrimenti, col quale potrà procurarsi dall’estero la materia prima che si cerca. L’idea di formare un compendio dell’universo entro i proprj confini non è mai ben augurata: accrescere l’annua riproduzione, spingerla quanto oltre si può, snodando l’attività umana, questo è il fine solo, a cui tende l’Economia Politica.


Annotazioni.

Preferire quella coltura che più costantemente accresce il valore dell’annua riproduzione, è una massima che non abbisogna di prove, nè di dimostrazione, ed ognuno sarà facilmente d’accordo su questo punto col nostro Autore; non così sorse rispetto alle limitazioni portate dagli altri Canoni d’Agricoltura da lui precedentemente stabiliti. Di fatti non contento della possibile maggior riproduzione, vuole che vi s’impieghi per ottenerla il possibile maggior numero di braccia, quasi che nel supposto di una eguale riproduzione quella porzione maggiore, che in un dato genere di coltura meno dispendioso ne può spettare al Proprietario, svapori inutilmente, e non vada a ricadere a favore di un’altra Classe di persone, ad a compensare allo Stato per [p. 176 modifica]altre vie quella popolazione, che risparmia alla Campagna. Non ogni coltura poi conviene ad ogni terreno, anzi la qualità del fondo ella è quella, che la determina. Una Legislazione adunque, che anche indirettamente vi si opponesse senza il debito riguardo a questa essenzialissima circostanza, sarebbe cattiva, perchè diminuirebbe effettivamente quella riproduzione, che si vorrebbe aumentata.

Pare che l’Autore voglia col secondo Canone proscritte le irrigazioni; alle quali attribuisce i vapori, e le esalazioni, che rendono l’aria insalubre, e le gradini, che devastano le Campagne. Quanto alla seconda parte, quand’anche si volessero ritenere le irrigazioni per l’unica cagione delle nebbie, e delle grandini, dalle quali per altro non vanno esenti i Paesi che non le conoscono, ella è tele utilità che procurano coll’assicurare e col moltiplicare i prodotti, che basterebbe per compensare a cento doppj questo piccolo danno. Senza il riso, il lino, il fieno, ed il grano turco l’Agricoltura: e la sussistenza istessa sarebbe certamente molto più precaria, e ridotta a pochi oggetti si risentirebbe troppo facilmente, e troppo sensibilmente delle variazioni che potessero sopravvenire ne’ prezzi, e nelle ricerche. Quanto alla prima poi non so, se le esalazioni cagionate dille irrigazioni sieno maggiori, e più nocive di quelle che sarebbon sortite dalle acque stagnanti, e dai terreni umidi, freddi, e paludosi, che l’industria e l’arte ha saputo essiccare per derivarne [p. 177 modifica]inferiormente gli scoli a benefizio de’ fondi che senza di ciò sarebbono restati infruttiferi ed incolti, e per conseguenza non meno contrarj alla salubrità del Clima. Egli è dunque da vedersi se sia meglio di avere un paese intersecato da canali, e da font d’acque correnti, che formano l’ammirazione, e l’invidia degli altri Stati, oppure di lasciar, che le acque ristagnino in grave pregiudizio non solo della salubrità dell’aria, ma della stessa riproduzione.

Il terzo Canone, che prescrive di preferire quel genere di Agricoltura, per cui si conservi alla terra la sua attività, suppone ciò che non è, cioè che in questa parte l’interesse del Proprietario possa trovarsi in opposizione con quello della Nazione; ma qual sarà mai quel Proprietario, che sia per adottare scientemente un genere di coltura, che dopo pochi anni debba rendere sterili, o di difficile riproduzione i proprj fondi?

Anche rispetto al quarto Canone il nostro Autore può riposarsi intieramente sull’interesse privato. I generi di prima necessità saranno sempre di un esito più sicuro, e più vantaggioso, e per conseguenza naturalmente preferiti a tutti gli altri più soggetti a vicende, ed a rivoluzioni. Pare che lo abbia egli stesso riconosciuto in seguito quando dice, che un Ministro politico non si curerà se sia variata, o nò la coltura; se molte materie prime delle Arti si producono; se cresca sul suolo quanto serve ai comodi della vita; poichè ciò si livella da se; ogni cosa ricercata ha [p. 178 modifica]prezzo, e tanto maggiore, quanto è il numero delle ricerche, e tosto che il proprietario del fondo non coltiva un dato genere, è segno, che ne ritrae valor maggiore altrimenti, col quale potrà procurarsi dall’estero la materia prima che si cerca.

Finirò questa nota col dire, che anche sotto la rozza spoglia d’un incallito Contadino si può annidare, e si annida di fatti un germe d’ambizione, che messo a profitto da un accorto legislatore può schiudersi benissimo, e renderlo sensibile a’ premj, quantunque indipendenti da ricchezza fisica; e che una Nazione tanto sarà più suscettibile di questo fermento, quanto sarà più vivace. Che non trattasi d’impiegare in questo oggetto somme rilevanti, e che possano riuscire di sensibile aggravio allo Stato, e finalmente, che tutte le instituzioni sono soggette ad abusi, ma che questi non devono alienare dai tentare e procurare il bene con tutti i mezzi possibili.