Lodi monografia storico-artistica/Capo I

Capo I. — Descrizione della città di Lodi

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Capo I. — Descrizione della città di Lodi
Al lettore Capo II
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CAPO I


DESCRIZIONE DELLA CITTA DI LODI1.

Il territorio lodigiano, interamente piano, se si eccettui il colle di S. Colombano, alto circa 900 m., e tutto, puossi dire, ad un medesimo livello, si estende per 1175 chilometri quadrati, de’ quali circa un settimo appartengono alla Geradadda, ed un sesto circa è occupato da acque, fabbricati e strade. Il terreno, già per sè molto fecondo, è reso ancor più produttivo dalle acque perenni che lo attraversano. I fiumi, mentre non vanno soggetti a piene gran fatto disastrose, portano un generoso tributo d’acque (e più nella stagione delle siccità), già temperate dalla loro sterile crudezza, e che un sapientissimo sistema d’irrigazione ha reso, fin da tempi antichissimi, molto più proficue.

Primo fra i corsi d’acqua è il Po che tocca una parte dei confini meridionali. L’Adda attraversa il Lodigiano in tutta la sua lunghezza, lambe le mura di Lodi, e quasi le minaccia, e ricevuto il Tormo (che formasi nel territorio d’Agnadello), e il Serio, si getta nel Po verso il confine cremonese. Vuolsi che le acque di questo fiume si allargassero in tempi preistorici per tutto quello spazio che sta da un lato fra Comazzo e Pandino, e dall’altro fin sotto Lodi, fra Cavenago e Rubbiano, rimanendone poscia vaste paludi e molti laghetti, e per ciò, e per gli estesi banchi di ghiaja, quello spazio, che anche posteriormente fu più volte occupato dalle acque dei fiumi circostanti, ottenesse il nome di lago, ed anche mare Gerondo o Geroso, oggidì Gera d’Adda. I Mosi del Cremasco ne sono probabilmente un avanzo. Lo spazio circoscritto fra Serio, Adda e Tormo chiamossi nel Medio Evo isola Fulcheria.

Il Lambro viene dal confine milanese e pavese (il Lambro meridionale che a S. Angelo confonde le sue acque col fiume principale), riceve a Melegnano l’Addetta, trasformata in parte nel canale della Muzza, il primo dei tanti canali irrigatorj derivati dall’Adda (ricchezza principalissima, ma troppo trascurata2 del nostro territorio), ed ingrossato dal Silero che nasce nel Lodigiano superiore, e dal Venere, finisce nel Po verso il Piacentino.

La moderata declività e l’abbondante irrigazione, indussero gli abitanti del territorio lodigiano a coltivarlo in gran parte a praterie, e l’arte umana gareggiò colla natura nel renderlo in massimo grado produttivo. Riconosciutasi assai presto la convenienza di allargare le tenute, scomparvero in gran parte le [p. 8 modifica] piccole proprietà. Le vaste possessioni che i ricchi proprietarii mal potevano sorvegliare, furono cedute in affitto, con grave danno della classe agricola, costretta a sopportare il doppio peso del proprietario e del fittabile.

I prati del Lodigiano van rinomati per la quantità e qualità del fieno; laonde vi si allevano numerosissime mandre, e se ne ritrae quel latte dolce e sostanzioso che si adopera per fabbricare il miglior burro ed il miglior formaggio del mondo. Oltre questi principalissimi prodotti, il territorio lodigiano dà pure molto frumento, grano turco, riso, vino, frutta, erbaggi, lino e bozzoli; epperò è de’ più ricchi d’Italia, e de’ più popolosi.

Il circondario di Lodi (presso a poco l’antico territorio) conta circa 173,000 abitanti, popolazione maggiore di quella di sei provincie italiane, che ripartita per superficie dà 200 abitanti per chilometro quadrato, con una densità maggiore di quella che si riscontra nel Belgio. Ha 160 chilometri di strade provinciali, 1141 di comunali; è percorso dai fiumi demaniali arginati Adda, Po e Lambro, con propri consorzi o comprensori. È territorio idrograficamente ed economicamente distinto dal Milanese per la irrigazione col canale Muzza, che vi serve esclusivamente con 73 roggie principali3, e col Lambro, le quali acque vi determinano una speciale agricoltura. Il reddito pei terreni supera quello di 38 provincie; il reddito complessivo erariale quello di 25. Il circondario è sede di quattro agenzie di tasse, di quattro ricevitorie di registro, di otto preture, e d’un magazzino di privative; comprende cinque borgate da sei a 14,000 abitanti, e 115 comuni, e possiede un ingente capitale di beneficenza di cui sorvegliare l’amministrazione. Nei dati d’istruzione classica e tecnica supera 26 provincie.

Di mezzo a questo territorio, sulla grande strada centrale dell’Italia, sulla destra sponda dell’Adda, e propriamente sovra un’altura che si avanza a mo’ di penisola nel fiume là dove il suo letto è più largo, giace Lodi fra il 45°, 18’, 31” di latitudine settentrionale ed il 27°, 9’, 67” di longitudine orientale dall’isola del Ferro, a 79,40 m. sul livello del mare. Il clima è mite e meno incostante che nelle città contermini sia per la posizione sua fra l’Alpi e gli Appennini, sia per la vicinanza dell’Adda. Dista 33 chilometri a scirocco da Milano, 36 a maestro da Piacenza, circa altrettanti a greco da Pavia, e 18 a libeccio da Crema. Le sue mura della lunghezza di 3,700 metri, in gran parte antiche, cingono una superficie di 1,201,400 metri quadrati, sulla quale stanno 1178 case, con una popolazione (nel 1871) di 19,088 abitanti, dei quali 9,642 maschi e 9,446 femmine4.

Lodi presenta la figura d’un cuore aperto a ponente, ha belle strade di circonvallazione ed un bellissimo ponte sull’Adda, la quale or non sono molti anni da qui fino al Po era navigabile anche con grosse barche ed ora non lo è più che con leggere barche peschereccie. Quattro sono le porte che mettono alla città: Porta Palestro, Porta d’Adda e Porta Cremona, il cui bastione fino alla [p. 9 modifica] Porta Vittorio Emanuele offre un breve, ma ameno passeggio. Fra le due ultime eravi un tempo la Porta Pavese, detta Stoppa quando fu chiusa.

Distrutte le fortificazioni al principio del secolo scorso, anche l’antico castello fu da Giuseppe II ridotto a bella e comoda caserma, non rimanendo dell’antico edifizio che un solo torrione. Le nuove condizioni d’Italia avendo fatto cessare il bisogno di tanto edifizio per alloggi militari, furonvi collocate Porta del palazzo Modegnani. la R. Scuola normale maschile con annesso convitto e scuola elementare maschile modello, la R. scuola tecnica e la R. stazione sperimentale di caseificio.

Molto regolare è la pianta della città, che al primo aspetto si rivela sorta dietro un unico concetto: rette, spaziose, bene acciottolate, lastricate e pulite si presentano generalmente le vie interne, fiancheggiate da begli e comodi fabbricati, alcuni anche grandiosi, quali sarebbero il palazzo Modegnani, già dei conti della Mozzanica, che ha una bellissima porta di puro stile bramantesco, [p. 10 modifica] con eleganti ornati e medaglie del secolo XV, il sontuoso palazzo Ghisalberti, l’episcopio, il palazzo Barni, quello Griffini, già Maineri, con bella porta romana adorna dei ritratti degli imperatori Vespasiano ed Antonino ed un’elegante finestra dell’epoca del rinascimento, le belle e comode caserme per la cavalleria, ecc., ecc.

Rimarchevole è la piazza maggiore, formata da un bel quadrato, cinto da portici, da un lato della quale la moderna architettura dell’elegante loggia municipale contrasta colla semigotica facciata del Duomo.

Il palazzo del municipio, o broletto, risale al 1284, successivamente ritoccato, e adorno d’un loggiato nel 1656. In fronte al medesimo vedonsi due monumenti con iscrizioni, che i Lodigiani eressero alla memoria del console romano Gneo Pompeo Strabone, restauratore di Lodi vecchio, e dell’imperatore Federico Barbarossa fondatore della città nuova. Sotto il portico una bella lapide commemora i prodi Lodigiani caduti per la salute della patria comune. D’ambo i lati collocaronsi con bel pensiero i busti in marmo di Cavour e Garibaldi, i due personaggi che più contribuirono al risorgimento d’Italia.

La cattedrale, dedicata a M. V. Assunta, fu eretta l’anno stesso della fondazione della città (1158), e se ne crede architetto quello stesso Tinto Muzio de Gata che diresse la costruzione di Lodi nuovo: essa però non serba d’antico che poche parti esteriori; così il lato esterno verso la canonica e la piazza del mercato e la facciata. Gli ornati della porta maggiore e della laterale verso il Broletto appartenevano alla cattedrale di Lodi antico, dalle cui ruine fu tolto quanto si potè per la nuova costruzione. I due finestroni laterali, di stile bramantesco, furono aperti nel secolo XVI. Il campanile fu ricostrutto nello stesso secolo su disegno di Calisto Piazza. Vetustissima è la statua in bronzo dorato di S. Bassiano al timpano della facciata. L’interno fu restaurato una prima volta verso la metà del secolo XV, una seconda verso la metà dello scorso, sicchè l’architettura primitiva ne rimase totalmente alterata. Sono veramente maestose le tre scalinate corrispondenti alle navate che conducono all’altar maggiore ed alle cappelle laterali. Il visitatore di questo tempio vi troverà due bellissime tavole di Calisto Piazza, tre di Ercole Procaccini, un’Annunciata ed un Crocifisso di Giulio Cesare Procaccini, i quadri del Lanzani e del Malosso; il monumento dei conjugi Bassano Pontano ed Orsola Spini, eseguito nel 1510, e due antichissimi bassorilievi, rappresentanti l’uno S. Ambrogio e S. Bassiano, e l’altro i dodici Apostoli, sulla parete della scalinata a sinistra. Dalle tre navate si discende per quattro scale nel sotterraneo, nel quale è posto l’altare di S. Bassano con ricca urna d’argento e cristalli, chiusa in altra di marmo a scoltura, che contiene le ossa del patrono della città, trasportatevi nel 1163. Nella sala capitolare attigua alla chiesa, si ammira una Pietà di Callisto Piazza, e conservasi il così detto tesoro di S. Bassiano, oggidì ridotto ad un grandioso ostensorio d’argento massiccio, ornato di ceselli e figure in getto, un baldacchino ricamato in perle e pietre preziose, qualche calice e pianeta, lavori del secolo XV e dono del vescovo Carlo Pallavicini.

Non poche altre chiese conta Lodi: noi diremo soltanto delle principali. Il santuario dell’Incoronata, innalzato a spese dei cittadini nel 1487 sopra disegno di Giovanni Battaggio, rinomato architetto lodigiano, che alcuni dicono attingesse consigli dal Bramante (e bramantesca n’è infatti l’architettura), [p. 11 modifica]Pagina:Lodi monografia storico-artistica 1877.djvu/19 [p. 12 modifica] racchiude un vero tesoro di belle arti. Questo tempio, vero santuario dell’arti belle consiste in un elegantissimo ottagono, adorno di stucchi, cornici, fregi e pitture fra le quali si ammirano le tele di Antonio Fossato detto il Borgognone, e quelle de’ nostri Piazza. Il seicento guastò l’antica volta, che era adorna di pitture del Luino e del Lomazzo, per sostituirvi delle goffe statue ed ornati barocchi. Oggidì, mercè le cure di apposita commissione artistica, e generoso concorso della proprietaria Congregazione di carità, viene il Santuario ridonato alla pristina bellezza ed eleganza. Le vaghissime pitture in fresco, che adornano le lesene, i fregi, e i vari scompartimenti ad angolo, appartengono alla scuola del Callisto. Ammirabili sono pure e l’altar maggiore, ricco di breccie africane ed altre pietre orientali, e bronzi dorati, e l’annesso coro, ornato di begli affreschi e di sorprendenti intagli in legno del concittadino Carlantonio Lanzani.

Di bella architettura del secolo scorso sono anche le chiese di S. Filippo, S. Maria del Sole, e della Maddalena. Vari pregevoli dipinti ad olio e a fresco si veggono altresì nella chiesa di S. Lorenzo, che racchiude la tomba di Lodovico Vistarmi, in quella di S. Tommaso, nella gotica Sant’Agnese, nella chiesa dello Spedale ov’è una Discesa dello Spirito Santo di Giulio Cesare Procaccini.

Degno di speciale ricordo si è il tempio di S. Francesco, innalzato e dotato dalla generosità di Antonio Fissiraga nel 1287. La facciata è di stile gotico e l’interno a croce latina e a tre navate, colle pareti qua e là ornate d’antichissime pitture della scuola lombarda, lodevolmente restaurate, or son pochi anni, dal Knoller. Lapidi, stemmi, ritratti, busti e dipinti, molti dei quali a memoria di defunti e di famiglie tuttora esistenti e portanti bellissimi ornati e tagli di vesti e suppellettili, fanno di questo tempio un patrio museo di archeologia e belle arti e principalmente de’ secoli più oscuri della pittura. Sonvi i busti del poeta Lemene, e del giureconsulto Azzati colle relative iscrizioni, e il monumento ad Antonio Fissiraga. Nella cappella di S. Bernardino ammirasi un magnifico affresco rappresentante la Vergine col Bambino, opera vuoisi del celebre Gian Giacomo da Lodi. In quella di S. Antonio l’incontro di questo santo con Ezzelino da Romano, è bellissimo dipinto del Trotti, detto il Malosso. Nella cappella di S. Catterina il Martirio è di Camillo Procaccini; in quella della Concezione i quattro bellissimi dipinti ad olio furono eseguiti da Giulio Cesare Procaccini.

Fra gli edifizi della città vogliono essere notati anche il teatro Sociale, non vasto ma molto elegante, l’ospedale Fissiraga, e l’ospedale maggiore. E questa una costruzione di grandiosa architettura, eretta nel 1457, rinnovata in parte nel secolo XVII, ed ampliata nello scorso. Esso contiene un cortile circondato da portici molto pregevoli per ornati ed architettura lombarda. L’attiguo dispensatorio dei medicinali ha una stupenda volta dipinta nel 1597 a lavori raffaelleschi.

Lodi è città oltremodo ricca d’istituzioni utili. Per la pubblica istruzione essa conta 28 classi di scuole elementari per ambo i sessi con circa 1330 fra allievi ed allieve, dieci classi d’asilo per l’infanzia con più di 500 bambini, scuole festive e serali, frequentate in media da più di 800 fra artigiani ed adulti; un regio liceo e ginnasio, una scuola tecnica ed una normale maschile con annesso convitto, che è fra le prime del regno, una scuola magistrale femminile, un [p. 13 modifica]Cortile dell’ospedale. istituto dei sordo-muti poveri, posto a pochi passi dalla città5; un numeroso convitto maschile colle classi liceali e ginnasiali retto dai Barnabiti, un fiorente educandato tenuto dalle Dame inglesi, un seminario vescovile, una scuola [p. 14 modifica]musicale, un’ampia ed assai ben fornita palestra ginnastica, scuole di disegno frequentate da più di 400 individui; nonchè molti istituti privati d’educazione e d’istruzione.

La pubblica biblioteca conta da oltre 18,000 volumi, e va ogni anno aumentando. Essa possiede, fra le altre opere preziose, i manoscritti e le stampe in pergamena dei trattati di musica del Gaffurio, il volgarizzamento in prosa dell’Eneide per Atanasio greco (Vicenza 1476), unico esemplare impresso in pergamena; un De imitatione Christi del 1488 (Venezia), il libro di Maffeo Veggio De significatione verborum in jure civili (Venezia 1477), un antico manoscritto di alcune opere di Cicerone, alcune pregevoli carte geografiche dei primi anni del secolo XVI, non pochi manoscritti e documenti che riflettono la storia politica, letteraria ed artistica della città e contado6.

Nel patrio museo storico-artistico, posto sotto la sorveglianza di una Deputazione archeologica, benchè sorto da pochi anni, stan già raccolti non pochi preziosi oggetti, fra cui un’ara di Minerva, un bassorilievo con diversi cippi di Ercole, parecchie lapidi romane, che attirarono l’attenzione di illustri archeologi nostrali e stranieri; più di trecento fra monete e medaglie; venti quadri di scuola lodigiana, sei magnifici antifonali con miniature del secolo XVI, una serie di 89 ritratti dei più illustri lodigiani, ecc., ecc.

Oltre il museo cittadino novera Lodi parecchie raccolte archeologiche ed artistiche private presso i signori Francesco7 e Bassiano Martani, Francesco Picozzi, nobile famiglia Barni, Luigi Perla, Giuseppe Martini, Carlo Silvini, collegio delle Dame inglesi8, ecc., ecc.

Gli stabilimenti di pubblica beneficenza sono molto numerosi, hanno una rendita cospicua, e provvedono a tutti i bisogni della cittadinanza povera ed in parte anche a quella del contado. L’ospedale maggiore e luoghi pii uniti per cura di ammalati, partorienti e cronici9, dispone di vaste e ben aerate sale e d’ogni altra maggiore comodità voluta dai progressi della moderna terapia. Per ciò, e per l’interno ordinamento e saggia amministrazione, questo istituto riesce uno dei migliori d’Italia e viene con premura visitato da forastieri. Il luogo pio della Carità ed ospedale Fissiraga, retto dai frati di S. Giovanni di Dio, detti Fate-bene-fratelli, fu istituito per la cura dei malati, specialmente se ricchi decaduti e sacerdoti poveri10. [p. 15 modifica]

Sonvi inoltre un orfanotrofio maschile ed uno femminile11; la congregazione di carità che riunisce il luogo pio elemosiniero, la casa d’industria e ricovero di mendicità per individui d’ambo i sessi12; il monte di pietà, e gli asili per l’infanzia povera, con un reddito annuo di L. 125,000; finalmente una causa pia pel mantenimento di figlie nobili decadute, e per doti ed elemosine.

Fra le altre utili istituzioni della città van ricordate una succursale della banca nazionale13, una cassa di risparmio, figliale di quella di Milano14; una banca popolare agricola, la più fiorente d’Italia in tal duplice qualità15; tre società operaje di mutuo soccorso che contano intorno ad ottocento soci, e danno sussidi temporanei agli infermi, alle vedove ed agli orfani16; una biblioteca popolare circolante che dispone di più di 3,000 volumi, un comizio agrario, ecc. ecc.

Lodi non è molto ricca di stabilimenti industriali, tuttavia ha una grandiosa filatura meccanica e fabbrica di tessuti in lana che impiega circa 500 operai d’ambo i sessi; nonchè fabbriche di majoliche d’antica rinomanza, di zolfanelli, carrozze, candele, concerie, tipografie, filatoi, una fonderia, ed una fabbrica di materiali in cemento nei sobborghi.

I traffici di tutti i prodotti del fertilissimo territorio, e principalmente dei vini, del burro, formaggio di grana, stracchino, bozzoli, che si fanno nei mercati settimanali, al martedì, e più al sabbato, attirano sulla piazza di Lodi ingenti capitali.

Come capoluogo di circondario Lodi è sede di una sottoprefettura, e possiede quasi tutti gli uffici propri di un capoluogo di provincia, un tribunale correzionale, due preture, sezione di corte d’Assisie, una direzione delle poste, ufficio telegrafico, camera di commercio, archivio notarile17, ufficio di conservazione delle ipoteche e del registro; scuole medie complete maschili e femminili; parecchi fiorenti istituti di credito; guarnigione d’un reggimento di cavalleria, e diverrà sede d’un distretto militare.


  1. Vignati, Lodi e il suo territorio. Martani, Lodi nelle poche sue antichità e cose d’arte.
  2. Leggasi in argomento l’erudita monografia dell’egregio avvocato Francesco Cagnola, Cenni sulla Muzza, nel Bullettino dell’Agricoltura, N.° 39.
  3. Ha un proprio consorzio, cioè la congregazione lodigiana di Muzza.
  4. La popolazione di Lodi andò sempre crescendo. Nel 1619 era di sole 9,865 anime; nel 1689 eran già 14,003; verso la metà del secolo XVIII erano circa 16,000. Secondo i dati anagrafici del 1876 la popolazione stabile sarebbe di 18,152 anime, la mobile di 637. Il comune colle parti ultimamente aggregate conta circa 26,000 abitanti.
  5. Fu aperto nel 1832, accoglie 38 allievi, ed ha un patrimonio di circa 82,000 lire.
  6. Fu appunto dal paziente studio di questi manoscritti che gli autori della presente Monografia ricavarono la maggior parte delle notizie e degli inediti documenti nella medesima contenuti.
  7. Possiede, fra gli altri oggetti, lo Sposalizio di S. Catterina di Callisto Piazza; un Salvatore dei primi anni del risorgimento; bronzi antichi, una tazza aretina, una raccolta d’incisioni, ecc., ecc.
  8. Ha una preziosa raccolta di disegni, incisioni, miniature e quadri; bellissime copie di parecchi capolavori di pittura, ed una Danza di bambini dell’Albano.
  9. Il personale sanitario di questo stabilimento è composto di tre medici primari, tre assistenti ed uno residente (direttore), oltre a 35 fra infermieri ed infermiere, otto suore ispettrici, due farmacisti e due assistenti spirituali. L’ospizio può accogliere fino a 396 ammalati: la media degli ammalati giornalieri è di 242, l’annuo oltrepassa i 3000. Il patrimonio di 6,500,000 dà una rendita netta di 300,000 lire. Il numero degli individui che ricevono dalla farmacia dell’ospedale i medicinali gratuitamente è di 8,500 circa all’anno. Tre sono i medici curanti a domicilio i poveri, e la media annua dei curati 3,500.
  10. Dispone di 32 letti con un’entrata netta di L. 35,000. Accoglie annualmente intorno a 600 malati, ai quali prestano loro cure due medici.
  11. Il maschile ricovera 30 orfani ed ha una rendita annua di L. 21,000; il femminile accoglie 43 orfane e gode d’una rendita di L. 31,000.
  12. Con un patrimonio di 2 milioni.
  13. Nel 1876 diede un utile netto superiore a quello di 37 succursali, con un movimento generale di cassa di circa 26 milioni.
  14. Con un movimento annuale (1875) di 9,790,000 lire, superiore a quello di quasi tutte le altre figliali: i libretti in circolazione sono circa 11,000.
  15. Possiede un capitale di 1,142,340 lire e un fondo di riserva di circa mezzo milione: i depositi rappresentano (1876) la somma di più di tre milioni; il portafoglio L. 5,214,106.
  16. Il capitale sociale ammontò nel 1876 a circa 134,000 lire; la cifra dei sussidi a circa L. 8,800.
  17. Codesto archivio è di grande importanza perchè comprende gli originali lasciati da 662 notai, divisi in 10,126 filze e fasci di documenti, che risalgono al 1349.