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il paradiso 3i3


Dante non ha potuto però evitare alcuni difetti che fanno risaltare l’ariditá del suo fondo, come la monotonia del dialogo a domande e risposte, la natura troppo speciale delle quistioni, e le barbare formole scolastiche delle quali è stato troppo vago.

                                         Fede è sustanzia di cose sperate
Ed argomento delle non parventi:
E questa pare a me sua quiditate.
     

Lezione XV

[Povertá d’azione nei vari cieli; risveglio d’interesse nell’Empireo.]


La vita intrinseca di un lavoro è posta in un concetto che riempia di sé tutte le parti. Abbiamo veduto il concetto del paradiso essere la forma evanescente, e questo concetto lo abbiamo trovato e nella forma e nel sentimento e nel pensiero. Fin qui però possiamo chiamar questo mondo un tutto concorde e ragionevole, possiamo nell’autore ammirare la potenza dell’architetto, che sa ben congegnare le diverse parti, ma non ancora il poeta. Abbiamo dunque esaminato questo mondo sotto il rispetto artistico, e veduto gli sforzi fatti dal poeta per dare ad un mondo essenzialmente lirico una forma epica. Ma queste forze interne non bastano essendo di lor natura astratte. Si richiede che elle paian fuori in un corpo, cioè a dire che abbiano estrinsechezza in una tela di fatti che dicesi ordito. L’ordito è un mezzo per mostrare al di fuori l’anima, cioè le forze intellettive, affettive ed immaginative, pensieri, caratteri, passioni, immagini ecc. Ora l’ordito dantesco è per la sua semplicitá accomodato a questo suo scopo, non essendo altro l’azione o l’ordito che il salir di Beatrice e di Dante di stella in stella. Nella loro visione e ne’ loro discorsi con le luci in cui s’incontrano, si manifestano le forze interne del paradiso.

Ma l’ordito non è solo un mezzo; esso dee avere il suo proprio valore, e destare curiositá, sospensione, ammirazione per la