Lezioni sulla Divina Commedia/Dai riassunti delle lezioni tenute a Zurigo nel 1856-57/Il Paradiso/Lezione X

Il Paradiso - Lezione X

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Lezione X

[La passione di famiglia e di partito: Cacciaguida (c.. XVI).]


Rispondendo Dante a Cacciaguida, gli parla col voi; il che fa ridere Beatrice; onde il poeta raccoltosi in sé fa delle considerazioni sul valore della nobiltá. Nelle quali trovi l’immagine del mantello raccorciato dall’uso e dal tempo che va intorno colle force, che ne fissano la forma. Indi Cacciaguida ripiglia la parola, e si fa [a] parlare delle antiche famiglie fiorentine. Il contenuto è lo stesso, che nel canto precedente, cioè il paragone tra l’antica e la nuova Firenze. Pure qui trovi un soggetto aridissimo, una infilzata di cognomi, ciò che ha avuto un gran valore per i contemporanei, ma per noi di nessuno interesse. Non di meno l’argomento è stato alcun che lavorato dall’ingegno ed innalzato a valore poetico. Dante dapprima ha veduto il significato di quei nomi cagione della differenza. Nell’antica Firenze trovi Fiorentini discendenti da’ Romani, una cittadinanza pura fino nell’ultimo artista. Nella nuova Firenze la [p. 302 modifica]popolazione è cresciuta di un quinto; gli stranieri vi affluiscono; gli abitanti de’ borghi sono a poco a poco divenuti fiorentini e competono di ricchezze e di potere co’ natii. In questo modo l’argomento acquista una forma generale che lo rende interessante; ma questo primo lavoro è comune al filosofo, allo storico ed al poeta. Qui al contrario in mezzo a queste spiegazioni spira l’impressione del poeta, ed è questo fuoco di espressione, questa violenza di sentimento, che ti dá la poesia. Cosi Dante rimprovera ad uno degli stranieri, che il suo avolo andava alla cerca; a Fazio da Signa l’occhio aguzzo per barattare:

                                                             ... e sostener lo puzzo
Del villan d’Aguglion, di quel da Signa,
Che giá per barattare ha l’occhio aguzzo.
     

Pure fin qui è una semplice poesia di partito che dal poeta è innalzata in una sfera piú ampia. Il vedere con tanta rapiditá alcune famiglie abbassarsi, altre salire, lo innalza alla contemplazione del nulla delle cose umane. È un sublime negativo successivamente ingrandito. Dapprima vedi sparir le famiglie, poi le cittá, e da ultimo la rapiditá dello sparire paragonato al va e vieni del mare sotto l’influsso della luna.

                                         E come il volger del ciel della luna
Cuopre e discuopre i liti senza posa
Cosi fa di Fiorenza la fortuna.
     

Il Tasso ha espresso il medesimo sentimento a proposito di Cartagine; ma giá vi senti quel difetto di colorito locale e di particolari, quella abbondanza di epiteti, quel romore di verso e quella prevalenza della forma, che piú tardi generò il secentismo. Oltre questo lavoro generale l’argomento scintilla qua e lá di alcuni tratti poetici ed è quando il poeta non si contenta dell’arido nome, ma esprime o l’impressione che ne riceve, o le qualitá di quel nome. Tale è il modo col quale caratterizza i Cavicciuli e gli Adimari. [p. 303 modifica]

                                         L’oltracotata schiatta, che s’indraca
Dietro a chi fugge ed a chi mostra il dente
O ver la borsa come agnel si placa,
     Giá venia su ma di piccola gente.
     

Né meno belli sono i versi ne’ quali esprime la sua indegnazione contro di Buondelmonte:

                                         Molti sarebber lieti che son tristi
Se Dio t’avesse conceduto ad Ema
La prima volta che in cittá venisti.