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il paradiso 303
                                         L’oltracotata schiatta, che s’indraca
Dietro a chi fugge ed a chi mostra il dente
O ver la borsa come agnel si placa,
     Giá venia su ma di piccola gente.
     

Né meno belli sono i versi ne’ quali esprime la sua indegnazione contro di Buondelmonte:

                                         Molti sarebber lieti che son tristi
Se Dio t’avesse conceduto ad Ema
La prima volta che in cittá venisti.
     

Lezione XI

[La grandezza morale e la missione del poeta: Cacciaguida (c. XVII).]


Nel terzo canto di Cacciaguida Dante parla di sé. Il suo viaggio ha luogo nel milletrecento; pure attribuendo alle ombre la vista profetica trova modo d’innestarvi i fatti posteriori. La contingenza, dice Cacciaguida,

                                    Tutta è dipinta nel cospetto eterno.

     Da indi, si come viene ad orecchia
Dolce armonia da organo, mi viene
A vista il tempo che ti si apparecchia.
     

E qui possiamo ora esporre la teoria poetica applicabile a questi tre canti. Vi è una teoria che dice: — Guardati dal particolare — , e ve n’è un’altra che dice: — Guardati dal generale — . In effetti il particolare ti dá il nudo fatto, relativo a certi uomini e a certe cose, senza alcuno interno significato che lo renda durabile. Il generale è una mera astrazione, buona in filosofia, contraria alla natura della poesia, che dee rappresentare l’esistente. Il vero è che il poeta dee prender per base, o se si vuole per contenuto il fatto, ma dee sapervi spirar dentro il generale: altrimenti ti dá un corpo senza anima. Dee dunque