Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXXVIII
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XXXVIII.
ALLA STESSA
a Roma
Il di del Corpus Domini (1832)
Marianna mia,
Io già lo sapeva che andava a finir così. Le inquietudini, le amarezze, le fatiche che da tanto tempo sostieni, dovevano senza dubbio portare ad ammalarti. Credimi, o mia diletta, che la tua amica non può sopportar questo pensiero, pure Nina non mi dice nemmeno una parola che tu abbi migliorato, figurati dunque quanto dolore, e quanta smania. Non so poi come farai ora che ti indossano quest’altra fatica, e che ti deve riuscire anche più insopportabile, per tanti motivi. Io spero che ne uscirai con onore perchè sei brava, ma frattanto quanti palpiti, quanta incertezza! E poi, come vuoi cantare se ancora stai male? come vuoi studiare, come vuoi affaticarti? Io non capisco nulla, non so nulla; so che vorrei vederti fuori di questo intrigo, e lo vorrei con tutto il cuore. Poi vorrei che guadagnassi in breve tempo la metà, o anche un terzo di quanto ha guadagnato la Malibran, e che lasciassi andare di camminare per questa spinosa via, dove ad ogni passo s’incontrano guai e fastidi, e dove un animo come il tuo non può trovarsi lieto e tranquillo mai. Ed intanto goditi la celebre donna con cui canti, e ridi dei suoi vezzi e dei suoi capricci e parlamene e raccontami qualche cosa di lei. Ma sopratutto guarisciti, Marianna mia, e dimmelo subito: mi faresti torto col supporre che io non fossi in un desiderio ardentissimo di sentirti bene: ora non posso pensare che a te.
Non ti venga più in mente se non vedi mie lettere che io possa essere sdegnata teco; no, per carità, non lo pensar più. Se io non cambio natura tu sarai sempre per me quello che ora sei, l’unica mia consolazie, e quasi vorrei dir con San Paolo — gaudium meum et corona mea — e non sarà mai possibile che io non riguardi in te il modello della bontà, della dolcezza, dell’amor filiale, di tante virtù che tu possiedi, e che sarebbe buono che tutte possedessero. Figurati poi se, avendo tale stima di te, non dovrò amarti sempre, e desiderare col più vivo del cuore di esserne amata! Ma in quei giorni aveva una malinconia che mi uccideva: già sai qual nuovo affanno è venuto ad opprimerci, e fu appunto allora che la prima voce di tal cosa m’istupidi dal dolore e non potevo nè scriverti, nè far nulla, chè uno soltanto era il mio pensiero, quello che mi agghiacciava dallo spavento; e non avevo cuore di tormentarti con i miei lamenti, con i miei pianti. Già sai che il tempo raddolcisce tutto, e perciò crederai che ora siamo un pochino più tranquilli, e quelle voci infami che si erano sparse nel paese e che ci facevano riguardare come assassino chiunque vedevamo, sonosi ammutite o forse erano sogni di fantasia alterata... ma forse anche erano vere, e di qui, ora o non si esce di notte, o si esce accompagnati con armi ed armati, il che Marianna mia, è cosa molto brutta e nuova per noi che eravamo finora innocenti e puri come l’acqua. Da tutto ciò vedi che se non abbiamo menato una vita lieta, ora poi è finita ogni speranza di pace, perchè nemmeno valerebbe il mutar paese, anche se il potessimo. e tu lo capisci bene. Fa che io veda presto i tuoi caratteri: ora mi sono necessari più che mai, ed ho bisogno di sentirti bene, e lieta più di quanto mi dici. Fa di salutarmi i tuoi genitori e di riconciliarmi con la mia Marianna, poichè sebbene Alaide abbia supplito per lei allorchè era inquieta, io non mi fido di Alaide la quale sta per andare in fumo e sparire, ed io avrei perduto per sempre un’amica dilettissima.
Nina mia, mi hai pur dato le cattive nuove! La malattia di tua sorella mi fa pena assai, ed il rimanente di quanto mi racconti mi fa rabbia, sicchè tutto insieme forma una bella dose di malinconia e di dolore che non puoi credere.
Mi raccomando a voi altre, ragazze mie, acciò, se avete tempo, mi scriviate presto. Io vivo con il pensiero di voi, anime dolcissime, e con il desiderio ardentissimo di sentirvi liete e contente. E tu (signora Nina) lo sarai presto; all’arrivare di un tale costì il tuo cuore batterà più forte, ed io vedrò tutto, e vedrò le tue belle gote colorirsi ad un certo suonare di campanello, e vedrò le tue smorfie e i tuoi vezzi... mi spiace che non potrò sentire i discorsi, pure chi sa? Oh allora si che Arturo va un miglio lontano; perchè credi, Nina mia, che io non sappia niente?
Con quanta gioia verrei a rimpiazzarti nel posto d’infermeria di tua sorella! Bada che un giorno tornando dall’aver tenuta una lunga conferenza col forestiere (forse per affari spirituali) non abbia a trovare il tuo posto occupato, che io non ti cederei più!
Addio, Nina cara; credi alla tenera amicizia della tua Paolina.