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come vuoi cantare se ancora stai male? come vuoi studiare, come vuoi affaticarti? Io non capisco nulla, non so nulla; so che vorrei vederti fuori di questo intrigo, e lo vorrei con tutto il cuore. Poi vorrei che guadagnassi in breve tempo la metà, o anche un terzo di quanto ha guadagnato
la Malibran, e che lasciassi andare di camminare per questa spinosa via, dove ad ogni passo s’incontrano guai e fastidi, e dove un animo come il tuo non può trovarsi lieto e tranquillo mai. Ed intanto goditi la celebre donna con cui canti, e ridi dei suoi vezzi e dei suoi capricci e parlamene e raccontami qualche cosa di lei. Ma sopratutto guarisciti, Marianna mia, e dimmelo subito: mi faresti torto col supporre che io non fossi in un desiderio ardentissimo di sentirti bene: ora non posso pensare che a te.
Non ti venga più in mente se non vedi mie lettere che io possa essere sdegnata teco; no, per carità, non lo pensar più. Se io non cambio natura tu sarai sempre per me quello che ora sei, l’unica mia consolazie, e quasi vorrei dir con San Paolo — gaudium meum et corona mea — e non sarà mai possibile che io non riguardi in te il modello della bontà, della dolcezza, dell’amor filiale, di tante virtù che tu possiedi, e che sarebbe buono che tutte possedessero. Figurati poi se, avendo tale stima di te, non dovrò amarti sempre, e desiderare col più vivo del cuore di esserne amata! Ma in quei giorni aveva una malinconia che mi uccideva: già sai qual nuovo affanno è venuto ad opprimerci, e fu appunto allora che la prima voce di tal cosa m’istupidi dal