Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XV
Questo testo è completo. |
◄ | XIV | XVI | ► |
XV.
A MARIANNA BRIGHENTI
a Ferrara
11 Febbraio (1831)
Marianna mia!
La carissima tua mi è giunta in tempo in cui io era assai ansiosa delle tue nuove, chè non mi piacevano punto quelle che io sentiva della prima opera di costi; ero però contenta di non vedere il tuo nome, ma quel cangiamento di cantanti m’inquietava. Ma tu sei vittoriosa; e non vi è certo bisogno di dirti come io ne sia esultante. È veramente mirabile la candidezza con cui mi assicuri di non poter soffrire amanti non belli oh certo sei di un gusto raro! però hai ragione, ed io ti compiango e ti compatisco perchè ti conviene essere amante di una che necessariamente è gelosissima di te, e che, essendo tu più brava non ti potrà soffrire — ed io non so come realmente si possa rappresentare con verità e con passione il carattere rispettivo, quando altri sen- timenti e tutti opposti sono nell’animo. Non ti faccio però il torto di crederti per questo o ani- mosa o incollerita; sarai piuttosto indispettita, ma bassi sentimenti non entrano certo nel tuo cuore.
Non si è veduto alcun articolo circonstanziato sull’opera di costi, solo poche parole che dicono il Barbiere di Siviglia avere incontrato molto, e tutti gli attori nominatamente, e prepararsi l’Aureliano, di cui la Fanò rimessa in salute sarà il protagonista. Vedi che bella risorsa! e poi il protagonista dell’Aureliano non è Aureliano? — Quanto mai godrei nel vederti jouer Rosina!
Io ho veduto rappresentare questa parte da una che doveva certo rappresentarla al naturale poichè la penultima notte di carnevale si tolse dalle braccia del padre per sposare il più ridicolo Lindoro che si potesse dare, e tolse così l’unica risorsa al padre suo che rimase fremente e disperato. E questa era brava assai ed ha fatto fortuna, e tu l’hai sentita; ora dimmi chi è.
Io mi lusingo che avrai la tua serata di benefizio, e chi deve averla se non tu? Del tuo ritratto non ti dico niente, poichè ti vedo già ben disposta.
Le tue parole con cui mi dici che forse ci vedremo, mi farebbero palpitare dalla gioia, se io non fossi certa che fin tanto che dura il presente mio stato, non potrò mai vederti... ma non anticipiamo un dolore che non sappiamo ancora se dovremo provare, e di cui la sola idea mi fa rabbrividire.
Quanto mai t’invidio, o cara! Sai che tante volte penso che sarei molto più felice nel posto della tua donna? Se non ci credi, te lo giuro. Tu dici che il nome di felicità è nome vano, ma pure ci è qualche cosa che gli rassomiglia e che io non ho mai e poi mai provato; ma quando tu mi assicuri che mi ami, e che mi amerai sempre, io mi ci accosto.
Ti ringrazio delle notizie di G. ma ancora non mi hai detto ove sta. Giacomo voleva passare l’inverno a Pisa poi non si è mosso da Firenze; egli poco può scriverci, ma ora sta benino. A tuo Padre non scrive mai?
Mi scriverai più da Ferrara? Saluto Nina con tutto il cuore: io compiango quella povera ragazza perché dovrà lasciare un soggiorno tanto delizioso.
Addio cara, carissima anima! Ricordati che io ti amo sommamente e che questo amore non verrà mai meno.
Quanto mi sarebbe piaciuto che tu non avessi aggiunto nemmeno una parola a quello che mi dicevi di avere tutto dimenticato!
È che la tua quiete e la tua tranquillità mi sta a cuore più di ogni altra cosa, e poi il racconto di Nina ha fatto che io togliessi di capo ad una certa persona l’aureola, che, dietro la mia immaginazione, gli avevo posta. Ah! non era egli il fiore di virtù, e nemmeno il fiore di quattro foglie.
Io ti bacio con un ardore inesprimibile, e mi raccomando al tuo amore, alla tua tenerezza. Per carità riposati dopo tanta fatica, io spero che il movimento non ti avrà inquietato. Io non mi sono mossa affatto.