Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XVI

XVI. Ad Anna Brighenti - A Bologna

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XV XVII
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XIII.

ALLA STESSA

a Ferrara

4 Marzo (1831)

               Cara Nina mia,

È vero, io mi sono ingannata! credevo che molte lagrime avessi tu sparse nel partire da Ferrara, o anche credevo che tu potessi diventare tedesca; ma nulla di ciò è accaduto, sebbene poi tu stessa confessi che ci poteva essere gran pericolo. Frattanto io ti ringrazio della tua sollecitudine di scrivermi appena giunta costì, e certo, i giorni in cui ricevo lettere di voi due, care anime, sono sempre per me giorni di festa, e di consolazione grande.... Ma mi viene in mente che Marianna stia male; sarebbe mai vero? e neppure una sola parola ha messo nella tua lettera? Io vorrei allontanare questo pensiero di sommo dolore, pure sempre l’ho in mente, e mi affliggo all’idea che l’eccessiva fatica di Ferrara le abbia fatto male, e non mi tranquillizzerò sino a tanto che non vedrò i tuoi caratteri. Per carità, Nina mia, non mi dire che io potrei vedere le mie amiche; per carità non me lo dire! Con una menomissima parte di quella libertà che godono tutti quelli che vivono, io godrei almeno un momento dell’ineffabile gioia che voi, o care, [p. 39 modifica]mi fareste provare; ma io non mi azzardo a dire il rigidissimo sistema d’osservazione in cui io sono tenuta, e che mi fa sicura di non dover trovar pace fuor che... già comprendi dove. Dunque, Nina mia, dimmi che mi hai burlato, e che sarebbe impossibile che noi potessimo vederci. Auguro però e di vero cuore alla mia cara amica il realizzamento del suo progetto, solo mi dispiace che dovrà nuovamente trovarsi con un contratto che non le va troppo a genio. Il mio primo pensiero, quando Bologna divenne libera, fu questo — chi sa che Brighenti non occupi nuovamente qualche posto, per cui debba vivere più tranquillamente la sua famiglia? Ed io mi compiacevo in questa idea, che poi vedo essere anche la sua, ma, come tu dici benissimo, se le cose non vanno meglio, per ora sono assai imbrogliate.

Non credo che questa lettera verrà aperta altro che da te, però posso dirti, senza commettere imprudenza, che noi ci meravigliamo assai che dalla dotta Bologna non esca una forma migliore di governo, delle leggi o regole proprie allo scopo che ci siamo proposti, di esser liberi — chè, se tu sapessi i pasticci, le cose contradditorie che si fanno da noi, ti farebbero rabbia. E ancora non so dirti, e noi non sappiamo ancora se siamo stati conquistati o liberati; certo che le cose vanno con gran disordine, e la libertà è una bellissima. cosa, ma pare che noi siamo caduti da una schiavitù in un’altra.... pure stiamo meglio ora che ci è lecito almeno di sperare, quando un mese fa non potevamo far altro che sospirare. L’altro giorno passarono i studenti di Bologna (se pure [p. 40 modifica]erano studenti) i quali si erano fermati a riposare venti quattro ore a Loreto, ed erano tutti cascanti per le marcie a cui non sono avvezzi. E sento dire vi fossero dei molto belli giovani, ma io non li vidi, chè per colmo di fortuna in questo orribile paesaccio la casa mia, che è quasi la più bella fabbrica di Recanati, sta confinata in un luogo da dove non passa un’anima.

È veramente gradevolissimo il ritratto che mi fai di una certa Nina, la quale mi pare che sia una molto cara e spiritosa ragazza. Oh! se questa ragazza fosse qua, darebbe molte faccende alla sorellina, se volesse sgridarla tutte le volte ch’essa si trovasse di cattivo umore!

E se noi fossimo insieme, io spererei, ma non sarei affatto sicura di darti nel genio, chè io sono malinconica assai, e non so se potrei eccitare la tua simpatia — e poi tu sei avvezza alla società, ed io non la conosco che nei libri. Ma se io potessi vedere te e la cara tua sorella, fosse anche per un solo istante, la memoria di questo istante quanti giorni mi farebbe passare felicemente!... Ma io non posso compromettere delle persone così care, nè assicurar loro che potressimo vederci, come tu dici, o in chiesa o dalla finestra, poichè in chiesa io vado una volta la settimana (vedi quanto sono buona!) e quello che io posso vedere dalla finestra è sempre sorvegliato da mia madre, la quale gira per tutta la casa, si trova per tutto, e a tutte le ore; onde per questa volta almeno io debbo dirti piangendo di non venire, ed assicurare te e la carissima amica che questa cara offerta io la serberò come nn tratto prezioso [p. 41 modifica]di amicizia, e la considererò come un permesso di chiedervi un’altra volta, a circostanze cangiate, quello che ora sono costretta a rifiutare; perchè se Minna continua nella sua professione, posso sperare che si accosterà qualche altra volta a questi liberi paesi.

Paolina Leopardi1 si è sgravata felicemente di una bambina. Nina mia, mi vorrai sempre bene? io lo spero, poichè dice il proverbio che amore si paga con amore, ed io sono sicura che ti amerò sempre.

Io prego caldamente la cara caldamente la cara tua sorella a scrivermi presto, fosse anche una sola riga, per dirmi soltanto che sta bene. Addio, dilettissime anime! con tutto il cuore io vi abbraccio, e mi raccomando alla vostra tenerezza, al vostro amore.



  1. Paolina Mazzagalli, moglie di Carlo.