Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XLI

XLI. Alla stessa - A Cremona

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XL XLII
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XLI.

ALLA STESSA

a Cremona

7 settembre (1832)

               Marianna mia,

Le tue lettere sono sempre il sospiro della mia vita, quando esse vengono io mi sento veramente felice; e se vi trovo poi che tu sei lieta e contenta, non ti puoi figurare quanto io lo sia. Spero che il soggiorno di Cremona ti piacerà in appresso maggiormente che nei primi momenti; capisco che dopo Roma non avrai occhi per veder altro, ma devi procurare di effacer quanto puoi dalla memoria quello che ti renderebbe un altro soggiorno disgustoso. Già, la tua affacendata vita non ti permetterà certo di pensare a cose estranee alla tua professione, escludendone però una, la quale, mi pare, che non voglia mai dimenticare. Dico, mi pare, ma però non ci vedo chiaro, perchè il mio uccellino si è guastato.

A proposito, se lo vedi, digli che ho paura che si sia abbruciate le ali, chè non può più venir da me, dalla sua amica, e digli che questa disgrazia io già la prevedevo. Aspetto con ansietà le nuove dell’opera, le quali spero mi darai presto, e buone.

Ti ringrazio di quanto mi dici di Persiani, e te ne ringraziano anche le sorelle. [p. 121 modifica]

Marianna mia, quel signore di Fermo che miparlò di te con grand’elogio, è un certo Papalini. Sembra giovine colto e di buona apparenza, intendente di musica, ecc. Dico, sembra, ma io l’ho veduto una volta sola. Mi dirai poi se l’hai conosciuto.

Può essere che qualcuno abbia saputo piacermi, senza però ch’egli il volesse, e quasi anche senza che me ne curassi io, ma già te l’ho detto che fu cosa momentanea, e proprio venuta in tempo per aiutar la mia ragione a prendere il miglior partito, quello che mi conveniva, e cui non mi pentirò giammai d’aver preso. Fu un istante solo, furono pochi minuti, io gli dissi addio, e non sapevo chi era. Se io ti dicessi che non so di dov’è (egli è forestiero), e non mi curo di saperlo, ho gran paura che mi tratteresti da romanzesca, ma non è vero. So che non lo rivedrò più, ma non credere che sia con gran dolore, no, perchè la testa viene in aiuto del cuore, e gli fa intender ragione. Sono sicura che la tua testa è migliore della mia, e che gioverà a te benissimo se vorrai, e se no serviti di un’altra testolina che hai vicina la quale pensa... pensa tante cose... poi sospira — ma io credo che sogni. Addio, non ci vedo, addio. Tu sei la mia cara Marianna.


9 settembre.

               Nina mia!

Finalmente tu mi scrivi, ah! ne sia ringraziato Iddio! Oltre il piacere che mi dai, facendomi [p. 122 modifica]vedere i tuoi caratteri, essi mi consolano ancora vedendo che tu puoi respirare almeno per un momento.

Oh certo vi è della crudeltà nel mandarti quattro lettere per volta, ma pure è anche un piacere, non è vero? Ciò mostra che si è amata, ancorchè non si ami colui che scrive, non importa, si fa finta di amarlo, e gli si risponde lusingandolo, poi chi sa?... Da Pisa si passa in Inghilterra, dall’Inghilterra a Roma, da Roma e Cremona, e poi... Dio sa come andrà a finire la faccenda.

Nina mia, io ti voglio molto bene, perchè sei una cara ragazza; ma non posso sentire le tue promesse di scrivermi una qualunque cosa a lungo, come hai fatto nell’ultima tua; no, non lo posso sentire, chè già so che non mantieni la parola. E poi quando tra una lettera e l’altra vi corrono dei mesi, tutto è finito, non ti ricordi più di nulla. Ma se mi vuoi bene, fammi presto quel racconto che mi hai promesso, ed allora farò pace con te, con te che sei tanto dissipata.

Ti ringrazio delle nuove dell’opera, e me ne rallegro con voi, ragazze mie. Nel Corriere delle dame, si è parlato di Cremona, e degli attori non si lodano che i due principali, la Brighenti e Cosselli. Non v’ha dubbio che avrete già veduto quel giornaletto, se no vi copierei quel che dice della mia amica, la quale io bacio con la più grande tenerezza e col più grande amore.

Ti vorrei dire che fai bene (quando puoi) a riderti delle cose di questo infame mondo, a....... ma non posso più scrivere una parola. La penna mi fa arrabbiare, il sonno mi ammazza. I [p. 123 modifica]personaggi delle tragedie terminano le loro parlate col dire io muoio, ed io farò lo stesso dicendo vado a letto.

Addio, cara Ninetta, perdonami, ma sono delle notti che non dormo; salutami i tuoi genitori — ti abbraccio con tutto il cuore.