Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XCII

XCII. Alla stessa - A Forlì

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XCI XCIII

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XCII.

ALLA STESSA

a Forlì

1 Agosto (1845)

               Mia carissima,

Come hai veduto non mancai di mandarti subito il libro di Montanari, il quale pregoti di rimandarmi quando non sarà più utile al papà, essendo l’esemplare della nostra biblioteca. Sento da Viani che Montanari ci ha fatto delle aggiunte, ma non le conosco. È veramente una consolazione il pensare che il papà tuo si accinga a scrivere di Giacomo: io son certa che lo farà meglio di quanti l’han tentato finora. Con tutto il cuore vorrei mandarti quanto avessimo di cose che potessero servire al papà per iscrivere, ma il bello è che non abbiamo niente, come ho dovuto dir sempre a Viani e a chiunque me ne ha richiesto. Ma non dubito punto che Brighenti riesca di parlare di Giacomo in modo da contentare tutti; egli che è bravo scrittore, e che ha conosciuto il suo amico si può dire dalla sua fanciullezza. Un solo esemplare è in Recanati della edizione di Le Monnier, eppure molti la vorrebbero, han dato commissione a un nostro libraio di firla venire, e Viani ne scrisse a Le Monnier ma inutilmente, e non vi è più speranza che ne mandi copie. [p. 262 modifica]

Aveva voglia di leggere la traduzione del Gussalli, come cosa lodata da Giordani ma quanto me ne dici mi fa passare la voglia1.

Non è possibile che si accresca l’affezione mia per te, ma se lo potesse, certo accadrebbe dopo che mi hai detto che il nostro Giacomo ti prediligeva2. E già io me ne avvedeva dalle sue parole e non ricordo, ma forse avrò fatta a lui anch’io la dimanda sacrementelle che suol farsi allorchè si parla di relazione fra uomo e donna: ne eri innamorato? So bene che mi faceva elogi grandi di tutta la tua famiglia, e io voleva che mi descrivesse minutamente le due Brighenti, ed egli lo faceva, e gran tempo passavamo insieme passeggiando la sera su e giù per una gran camera oscura (chè a lui faceva male la luce), e discorrevamo assai; così avessi potuto ritenere a mente i suoi discorsi che ora mi paiono di un tempo remotissimo. Certo, noi ci amavamo assai, ed egli non amava nemmeno ch’io uscissi di casa quando vi era occasione di qualche serata, chè, quello era il tempo che noi passavamo sempre insieme, e lo serviva sempre io, e l’ho fatto con grande amore fino all’ultima volta, che c: demmo, senza saperlo, l’estremo addio. Oh! tu non puoi sapere le lagrime che verso al pensare che non è morto fra le mie braccia: che prima di lasciarci per sempre non ci siam dette di quelle cose, la [p. 263 modifica]di cui memoria rimane eterna! Poi, mio dolore incancellabile sarà sempre il ricordarmi che era più di un anno ch’egli non poteva scrivere affatto per i suoi occhi; Giacomo poteva supporre che fosse per dimenticanza o per disamore; oh, credimi pure, Marianna mia, che questo pensiero è il tormento continuo della mia vita, e che vorrei dar tutto perchè potessi una volta sola parlare con Giacomo. Mille volte l’ho nei miei sogni, ed è una consolazione per me, almeno di qualche momento.

Oggi riprendo la penna, ieri non avrei potuto parlarti di altro. Godo assai nel sentirvi tutti bene, e in pace, e amorosi gli uni degli altri; queste sono le vere ricchezze: di vivere tra persone amiche. Segui pure a fare la tua torta di riso; vorrai farla una volta anche per me? Allora vedrai come la tua Paolina farà onore a’ tuoi lavori e vedrai come la sorella ha i medesimi gusti del fratello, come anzi non mangia (per cattiva e sciocca abitudine presa una volta quando temeva (l’ingrassare) che cibi dolci e nient’altro.... ma tu riderai a queste parole di un futuro che sempre più si rende impossibile; ne rimane almeno la speranza!

Ricevi e gradisci i saluti di Cleofe e i baci di Virginia; mio fratello anch’egli riverisce tutta la tua famiglia. Addio, cari miei, addio. Già lo sapete come io vi porto tutti in mezzo al cuore, e come spero di stare egualmente nel vostro. Io ti bacio, cara Marianna, con tutta l’anima. Per maggior sollecitudine nel recapito, dirigi pur sempre le tue direttamente a Carlo.



  1. La spedizione di Edoardo Stuart, dal latino del Cordara (1844).
  2. Vedi nelle mie Note Leopardiane — Un amore sconosciuto di Giacomo Leopardi.