Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XCIII
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XCIII.
ALLA STESSA
a Forlì
17 Agosto (1845)
Mia carissima,
Acciò non mi avvenga in questa come nelle altre volte, quando non ritrovava mai l’ora di scriverti, sebbene ti avessi di continuo e nella mente e nel cuore, pochi giorni dopo il ricevimento dell’ultima tua rispondo a quella carissima, capo per capo, per non dimenticare cosa alcuna. E prima di tutto: Giacomo si è chiamato sempre Giacomo, nome di famiglia, nome di mio avo paterno. E come ti è venuto in mente che abbia avuto altro nome? Ti ringrazio poi dell’offerta che mi fai dell’edizione di Firenze. A Sinigaglia ne abbiamo trovate copie, e così finalmente è venuta in nostra mano questa edizione tanto desiderata ed aspettata, e questa vita scritta da Ranieri, che tanto ne fa desiderare un’altra? Per quelle copie poi che ne bramarono alcuni di qui, e così si erano associati, io non me ne impiccio; è affare di librai, e non ne ho avuto io l’incarico. Però si vede che Le Monnier è assai trascurato, oppure questa edizione ha avuto uno smercio incredibile, per cui esso si è tenuto addietro, e dal compensare i collaboratori (intendo Viani e Giordani ecc.) e dal mandarne copie dalle nostre parti, ove non si trovano affatto. Venendo all’eredità avuta da Giordani, non puoi credere quanto dispiacere io provi nel vedere che non ti posso servire in questa si piccola cosa, il verificare cioè se nel foglio di Milano si parla di questo. Il fatto sta che noi non abbiamo questo foglio, e nessuno lo ha in Recanati. Una volta lo aveva il nostro Vescovo, e sperando di trovarlo anche adesso ho fatto subito le mie ricerche e ho saputo che non viene più, stante le enormi gravezze postali; dono munificentissimo di Sua Santità, che ha raddopiato il prezzo del foglio stesso, sebbene punto lieve. Io stento a credere che Giordani taccia a Brighenti un tale affare, pure è possibile. E a Forlì non viene la Gazzetta privilegiata di Milano? Non mi pareva di aver fatto elogi della poesia di Ceretti, e non l’ho qui per rileggerla, ma son sicura che Nina avrà ragione, son tanto pochi quei versi che giungano a contentarci! In quanto poi al vederci, lascia che io ne dubiti sempre. Perchè, che tu faccia una grossa vincita al lotto, vorrei dubitarne sperando che avrai bastante giudizio per non aver questo vizio, di giuocar sempre al lotto, a rischio di passar tutta la vita pagando sempre e non vincendo mai. Se papà divenisse Governatore di Recanati, oh allora si, ma appena lo crederò se mi sarà dato di vederlo. In quanto poi al maritarmi io.... questa idea tua mi ha fatto ridere. Anche lo spirito santo dice che omnia tempus habent, e il tempo mio è un pezzo che già è passato.
Ancorchè i mariti piovessero da ogni parte, per me tutto è finito, io morirò colla corona di bianco spino in capo, invece del giglio come usa tra noi. Ora quest’uso è troppo antico e io voglio il bianco spino, come emblema della estrema mia predilezione per la primavera, pel caro mese di maggio in cui vediamo fiorite le siepi. Io credo di averti già altre volte raccontata la storia dei miei mariti, anzi di quelli che non son divenuti tali, o per dir meglio la storia di me che non son divenuta più moglie, sicchè non starò a ridirterla, come cosa noiosa per te e per me d’irritabile pensiero. Non parlar dunque più dell’idea o della speranza di vedermi moglie di un modenese o di un bolognese, ma odora piuttosto l’essenza del bianco spino e ricordati allora della tua amica che morirà prima di aver provato un istante di vera gioia al mondo. Domanda a Brighenti che legge le Gazzette quanti anni aveva quel Giuseppe Len, stato ucciso nel suo letto a Lucerna poco fa, e quando esso te lo avrà detto, sappi ch’egli era mio coetaneo, vedi dove sono andata a cercare i coetanei.
Volevo dire una parola a Nina, e si è fatto tardi; poi, come ho da sperare che risponda a me quando non risponde nemmeno agli amanti suoi? Oh cattiva, cattiva! Ti ringrazio dell’offerta del Gussalli, ma io l’ho avuto in dono da Viani, e leggerò presto, chè adesso sono ingolfata nella lettura dell’Hebreau errant, e sai bene, che quando si pon mano a tali libri, si vorrebbe leggerli tutti d’un fiato. E i Misteri di Parigi, che te ne pare? Io li ho trovati deliziosi, e giustificanti la fama loro. Se ti capitassero per le mani i Misteri di Londra, dimmelo.
Addio, carissima — addio voi tutti, miei cari. Segui pure a dirigere a Carlo propriamente; l’ultima l’ho avuta senza alcun ritardo. Non posso darmi pace del non trovare il foglio di Milano, del non esser buona a nulla per te, per tutti voi cui voglio tanto bene.