Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXXXXIX
Questo testo è completo. |
◄ | LXXXVIII | XC | ► |
LXXXIX.
ALLA STESSA
a Modena per Campiglio
20 luglio (1844)
Cara Marianna mia,
Oggi (20 luglio) ricevo la tua del 14 da Forlì; sono poche ore ch’io l’ho letta, e mi affretto a manifestarti i sentimenti che questa lettura mi ha inspirati. Tutte le tue lettere, tutte, dal punto in cui ci siamo conosciute fino a questa del 14, mi han tutte rallegrata e confortata mirabilmente, quest’ultima ha mirabilmente accresciuta l’abituale mia malinconia, e poi io non ho capito niente; niente! Questa lettera è per me un mistero ch’io non valgo a spiegare. Vedo che siete infelici, che tu stai male, Marianna mia, che volete qualche cosa da me, ma cosa? Io non capisco niente. La lettera tua del 16 maggio io non l’ho avuta, l’ultima ch’io ho di te è del 3 aprile, (e ti risposi il 26), e mi raccontavi la tua malattia, e come già avevi migliorato e speravi di mangiare in piedi l’ovo benedetto. Dopo quella lettera non ne ho avuta altra, e me ne doleva sempre, e sempre pensava a te, e mi lamentava che dopo tante mie preghiere pure non volessi rompere il silenzio. Ora, tu sei stata male di nuovo, e non sei ancora guarita, e credi di non guarirne; non sai, Marianna mia, quanto mi renda infelice questo pensiero? Non sai quanto già sono desolata ora che ho letta questa sciagurata lettera del 14 in cui mi parli dei tuoi affanni come se io non vi prendessi parte, della tua malattia, come se per me fosse cosa indifferente? Dunque, invece di mettere anche me nel numero di quelli che si annoiano degli amici allorchè sono infelici, che voltano loro le spalle per non compatirli, per non aiutarli, (e tu hai fatto questo con me, hai pensato ch’io abbia tradita l’amicizia che mi lega a te, alla cara tua famiglia da tanti anni) non potevi pensare piuttosto che quella lettera del 16 maggio io non l’avessi ricevuta? questa è la seconda lettera tua che nel corso di pochi mesi si è perduta: la prima fu quando mi davi conto della morte della povera mamà tua. Io non credo che ciò succeda per colpa di Corsetti, il quale ho trovato sempre fedele e puntuale, ma per sicurezza maggiore incomincia a dirigere le tue, così: Al Nobil uomo Sig. Conte Leopardi Direttore delle Poste Pontificie Ancona, e siccome questo Leopardi è mio fratello, così le avrò egualmente bene e sicure. Poi spiegami un poco a che proposito mi parlavi di predilezione ai figli o nipoti, e come poteva dispiacermi, (e ne parlavi con franchezza), e a che proposito mi parlavi dell’amore non fra uomo e donna ma fra donna e donna, e dei sentimenti tuoi riguardo alle persone cui vuoi bene; in somma quella tua lettera per me è un’algebra, e io la tengo avanti a me, e la leggo e rileggo, e come mi arrabbio di non poterne indovinare il senso! ma non è possibile. Poi, chi è la nota Signora, che non ha avuto nessuna lettera? altro mistero! Poi, com’è che Brighenti vuol metter collarino e diventar Monsignore? Marianna mia, io metto giù quella lettera che mi fa girar la testa senza frutto, e ti dico e ti ripeto che io sono affezionatissima a te e alla tua famiglia, ch’io non mi cambio nė per velleità nè per leggerezza di carattere; che, siccome tu sei sempre la stessa, bravissima, di animo e di cuore eccellente come ti ho sempre conosciuta e spero che non ti cambierai mai, così non può essere ch’io non ti riguardi sempre come cosa carissima e degna di tutta la mia tenerezza ed affezione. Così potessi impiegarmi per la vostra famiglia; con che lieto cuore lo farei! ma pur troppo io non valgo a niente, e non saprei nemmeno camminare per quelle strade per cui si arriva a qualche cosa. Chè, se mai avessi in idea ch’io potessi giovarvi, non hai che a dirmelo, ed allora se non mi riuscisse o non fosse nei miei mezzi o nella mia opinione, non col silenzio, ma colle parole ti spiegherei i motivi che mi farebbero operare. Ma fatti coraggio, Marianna mia, e sopratutto fa di guarire bene e presto, e non ti avvilire nè scoraggiarti per le sciagure e le miserie di questo mondo. Fa uso delle immense risorse che hai in te stessa, nell’amore dei tuoi; non iscoraggiare il povero papà tuo il quale ha più che mai bisogno di conforto e di pace; io spero che tu m’abbi scritto in un momento di stanchezza della vita, come ne abbiam tanti di questi momenti noi che ci siamo troppo lasciate trasportare dalla sensibilità, dalla squisitezza di sentire; io spero che nella villa attingerai pensieri più calmi, e insieme alla salute ritroverai a pace e la calma di cui hai bisogno. Oh! Non rendere più infelice la tua Paolina col pensiero ch’essa debba vivere senza di te, debba vivere senza la speranza di gittarsi un giorno fra le tue braccia. Ora vedrai Giordani, e sarà questa una consolazione grande per te ed i tuoi. Fa di rammentare a lui una antica sua conoscenza, fatta in tempi migliori; eppure anche allora eravamo infelici! Io raccomando a lui di consolare la famiglia Brighenti, e d’inspirare a tutti loro quel coraggio ch’è necessario per tirare avanti fino che Iddio ne chiama; e salutalo da parte della sorella del nostro Giacomo, e fa che una riga o una parola almeno metta per essa nella tua lettera. Bacio Ninì e abbraccio Papà con tutta l’anima, e a te, Marianna mia, vorrei che questa lagrima che mi scende, sulle guancie nel lasciar te, esprimesse quanto mi dolga il saperti travagliata ed infelice, e quanta affezione e quanto amore senta in cuore per tutti voi e perte la tua Paolina Leopardi.