sai, Marianna mia, quanto mi renda infelice questo pensiero? Non sai quanto già sono desolata ora che ho letta questa sciagurata lettera del 14 in cui mi parli dei tuoi affanni come se io non vi prendessi parte, della tua malattia, come se per me fosse cosa indifferente? Dunque, invece di mettere anche me nel numero di quelli che si annoiano degli amici allorchè sono infelici, che voltano loro le spalle per non compatirli, per non aiutarli, (e tu hai fatto questo con me, hai pensato ch’io abbia tradita l’amicizia che mi lega a te, alla cara tua famiglia da tanti anni) non potevi pensare piuttosto che quella lettera del 16 maggio io non l’avessi ricevuta? questa è la seconda lettera tua che nel corso di pochi mesi si è perduta: la prima fu quando mi davi conto della morte della povera mamà tua. Io non credo che ciò succeda per colpa di Corsetti, il quale ho trovato sempre fedele e puntuale, ma per sicurezza maggiore incomincia a dirigere le tue, così: Al Nobil uomo Sig. Conte Leopardi Direttore delle Poste Pontificie Ancona, e siccome questo Leopardi è mio fratello, così le avrò egualmente bene e sicure. Poi spiegami un poco a che proposito mi parlavi di predilezione ai figli o nipoti, e come poteva dispiacermi, (e ne parlavi con franchezza), e a che proposito mi parlavi dell’amore non fra uomo e donna ma fra donna e donna, e dei sentimenti tuoi riguardo alle persone cui vuoi bene; in somma quella tua lettera per me è un’algebra, e io la tengo avanti a me, e la leggo e rileggo, e come mi arrabbio di non poterne indovinare il senso! ma non è possibile. Poi, chi è la nota Signora, che non ha avuto