Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXXXI
Questo testo è completo. |
◄ | LXXX | LXXXII | ► |
LXXXI.
ALLA STESSA
a Forlì
29 settembre (1840)
Veramente ti sta benissimo, Marianna mia, di lamentarti meco per avere io adottato il nuovo modo d’indicar la data, io che l’ho imparato proprio da te, e la prima volta non capiva cosa volessero dire quei tre numeri! Piuttosto tienti un po’ meno distratta, e fai i conti meglio, e vedrai non esser colpa mia se Cleofe partorisce un mese prima di quello che credevi. Del resto poi, ero io che doveva scriverti prima di ora la consolazione che ci avea data questa cara Luisa col dare alla luce una graziosissima Virginia il 30 agosto; e volea farlo, e lo avrei fatto se ne avessi avuto il tempo. Però tutti noi siamo grati alle care tue parole ed all’affezione di voi altri, carissime anime. Luisa è sensibilissima all’amicizia che le mostri, e te ne ringrazia assai, e vuole che accosti Virginia al tuo viso acciò tu le dia un bacino, ora che Virginia non te lo può ancora dare. E già avrai veduto come questa bambina assomiglia alla mamma, e come questa l’ha fatta bella e sana e buonissima, di una bontà rara veramente. E poi noi siamo stati veramente lieti di vederla (la mamma) superare felicemente tutti i dolori dell’enfantement con coraggio, non essendo però stati nė molto lunghi nè eccessivi. Sicchè rallegrati pure meco un’altra volta. Ma non mi rallegro mica io del sentirti quasi malata ancora, e di un male tanto incomodo e doloroso. Abbiti cura per carità, e fa di guarirti presto, altrimenti non potresti godere le bellezze del caro luogo ove sei per andare, e ch’io ti invidio tanto tanto. Io mi
consumo pel desiderio di aria, di sole, di moto; e mi consumo sempre inutilmente. Ma il tuo Campiglio deve ridarti la pace, quella pace che hai perduta e che devi procurare a tutti i costi di riacquistare.
Nella situazione mia, le pene che tu provi e mi dici essere molte e crudeli, sarebbero eterne, ma il tuo stato è assai diverso; tu hai modo di distrarti, e devi farlo, e lo farai se vuoi veramente bene ai tuoi, e anche a me che mi affiggo al sentirti affitta. Marianna mia, io ti compatisco e ti compatisco assai, perchè un cuore com’è il tuo non è fatto per viver solo, e per questo io diceva che il nostro stato è ridicolo: intendeva dire il nostro stato di donne non maritate. E qui, bisogna pure che ti faccia quella domanda che mi morì in gola l’ultima voltà: non ti mariti? Ora vai ad esser ricca, e giacchè è quasi impossibile, o almenoè assai difficile il prender marito senza che ci accompagni una buona quantità di denaro, fattene accompagnare e scegli bene. Non so se ti ho mai detto che questo matrimonio di mio fratello mi ha riconciliata col matrimonio, facendomi vedere che quella è pur la dolce vita. Ed io credeva che senza amore violento prima del matrimonio, senza conoscersi prima ben bene, non vi fosse mai felicità, ma vedo che non è così; vedo che l’amore viene anche dopo, e può durare e dura, e rende questa vita meno triste e meno infelice. Sicchè...?
Ti ringrazio del tuo lavoro che mi manderai: puoi credere se io andrò superba di questo caro dono, e sarò lieta che il tuo amor propio non l’abbia vinta. Col marchese Antici domiciliato in Ancona non ho alcuna relazione, sebbene sia mio zio carnale. Ma vi sono certe antipatie che non vi è forza di superare; io l’ho avuta sempre per lui. Non so di qual corrispondenza parli Galvani; una volta gli ho scritto pregandolo a consegnare ad un tale un involtino ch’esso aveva, diretto a me. Me lo mandò senza rispondere; ecco la corrispondenza. Abbi cura al tuo male e fa del moto; io consolo Luisa col raccontarle questo tuo incomodo; essa pure incomincia a partirne, sembra per effetto del puerperio, e vuole sentirti guarita. Ti raccomando all’amore dei tuoi genitori e di Ninì, i quali abbraccio e bacio con tutto il cuore.
Addio, cara Marianna, già sai di essere sempre la mia diletta, e che l’amor tuo è la vera consolazione della tua Paolina.