Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXXX

LXXX. Alla stessa - A Forlì

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LXXIX LXXXI

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LXXX.

ALLA STESSA

a Forlì

22 luglio (1840)

               Mia carissima,

Ricevetti puntualmente la cara tua sebbene diretta a Marianna Corsetti, ed oggi ricevo l’altra tua a me diretta. Da ora in poi scriverai al Signor Giuseppe Corsetti. Tutte le tue lettere sono la mia consolazione, e il caro amor tuo è il mio conforto in questa mia triste vita, ma io vorrei vederti lieta, se pure la letizia è per animi come i nostri, o almeno tranquilla, Marianna mia. Già non puoi dubitare ch’io mi affligga al tuo dolore e pianga al tuo pianto, e vorrei essere tra le tue braccia per confondere le nostre lagrime, le quali sarebbero allora più dolci; e vorrei esser teco per trascinarti via più sollecitamente da cotesto luogo, fonte di tanto dolore, e ti consiglierei a far lavorare la mente in quel luogo delizioso ove sei per andare, e tacere il cuore, che parla sempre più per nostro tormento che per consolazione nostra. Io mi sarò spiegata male, ma non ho voluto dire che sei in contrasto con Nini; ho conosciuto troppo bene il tuo carattere per giudicarti male: io porto invidia alle tue rare qualità, al tuo cuore, al tuo ingegno, al tuo discernimento rarissimo. Ma volea [p. 225 modifica]dirti che, siccome Ninì è più calma e più fredda di te, e vede le cose senza velo e giudica rettamente, così dessi retta ai suoi consigli, i quali poi, guarita che fossi, troveresti anche tu sani ed imparziali, e giustissimi; e non credere ch’io non ti compastica assai, Marianna mia. Oh, non so far rimprovero ad alcuno di seguire i movimenti del proprio cuore, particolarmente poi nello stato nostro (il quale, lo dico solo all’orecchio tuo, è il più ridicolo stato che vi sia al mondo), e capisco bene quanto sia difficile a te più che a chiunque altro il guarire e il preservarsi ancora da simili mali. Sto aspettando con impazienza il tuo lavoro portoghese (mi pare); lavora sempre e non stare in ozio, fa di non lasciarti sedurre dalle bellezze di Campiglio per non andare a rever al lume di luna, cosa ch’io ti farei proibire dal confessore, come perniciosissimo all’anima tua. Raccomando pertanto a Ninì di non lasciarti mai sola a spasso per quei beati luoghi, essa pure sarà, credo, del mio parere. Baciala tanto per me, e dille che ami sempre la mia Marianna, come degnissima di tutto l’amor suo. L’opera di Sinigaglia ha fatto fiasco; già non son più i cantanti promessi. La nostra Cleofe saluta ed abbraccia affettuosamente le due sorelle Brighenti, e fa i suoi doveri coi genitori. Essa vede accostarsi lietamente il giorno del suo parto, così Iddio si degni accordarglielo felice! Nel mese futuro crediamo ch’ei debba succedere, io vi penso sempre con dolore, non reggendomi il cuore di veder penare quella cara creatura. Raccomando alle mie amiche di voler dire ogni giorno un’Ave per essa. Auguro a Brighenti un esito felice ai [p. 226 modifica]suoi affari, e molta pazienza per isbrigarli. Addio, cara Marianna mia! Vorrei esser teco, fosse anche per un solo momento, per darti un bacio, che valesse ad esprimerti l’immenso amor mio; almeno avrei avuto un momento di vita!!

Questa mattina io mi pettinava quando mio fratello mi ha data la tua lettera, e siccome tutt’altro pensava fuorchè tu potessi diriger la lettera a Paolina Leopardi, non mi pareva affatto il carattere tuo, e non aprendola subito in presenza della cameriera, andava fantasticando di chi fosse quella lettera non conoscendo io nessuno di Forlì, e credeva che ti fossi maritata e tuo marito mi scrivesse. E qui vorrei farti una domanda, e non la posso fare! Ai cari tuoi Genitori mille e mille saluti.