Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LII

LII. Ad Anna Brighenti - A Bologna

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LI LIII

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LII

AD ANNA BRIGHENTI

a Bologna

24 ottobre (1834)

               Cara Nina,

Hai fatto bene a scrivermi e a togliermi di pena dopo il terremoto del 4 corrente, ed io te ne ringrazio assai, chè i miei pensieri andavano al di là della realtà, e mi tenevano grandemente agitata per vor, mie care anime. Vorrei credere che a quest’ora foste tutti tranquilli costi, nè aveste più a temere da quella [p. 148 modifica]sciagura che per me è una delle più grandi: leggo sempre con ansietà i fogli di Bologna, e mi ha fatto pena il vedere che, pochi giorni sono, si sentivano ancora altre scesse. Dalla carissima tua però mi pare che questo flagello non ti metta grande spavento, poichè ne fai la descrizione con una cert’aria che mostra in te un gran coraggio, coraggio ch’io certo non avrei. La tua lettera mi ha fatto destare parecchie notti con un gran palpito parendomi di sentire il terremoto, cosa che, grazie a Dio, non era punto vera.

Quando tu mi scrivevi non eri niente allegra; chè la tua lettera assomiglia un poco al Miserere: pure, non fa niente, almeno ho veduto i tuoi caratteri, ho avuto le nuove delle mie carissime amiche, sento ch’esse mi vogliono ancora bene. Non puoi credere, Nina mia, con quanta vivacità di sentimenti io desideri la felicità di quelle ch’io risguardo ed amo come mie sorelle, e però non puoi immaginarti quanto cruccio mi rechino i tuoi lamenti sulla sciagura di questi nostri tempi, nei quali più soffre chi più è virtuoso. Ed essendo così, non v’ha alcun dubbio che voi, o mie care, non dobbiate esser punto felici e fortunate in questo infame e scellerato mondo; oh certo! noi non lo saremo a meno che non rinunziamo ai nostri principi, a meno che non ci condanniamo da noi stesse a non avere più il coraggio di guardare il cielo senza arrossire. Come è stato nel passato, così sarà sempre per me oggetto di ammirazione grande e di compiacenza vivissima il trovare in voi, o dolcissime anime, quello ch’io credeva non vi fosse più su questa terra, una [p. 149 modifica]virtù rara, una illibatezza esemplare in una professione in cui ne sembrerebbe impossibile il preservarsi, in mezzo ad occasioni continue, a pericoli sempre rinascenti. Non v’ha dubbio che questa vita di sacrifizi sarà una volta premiata, e che abbiate finalmente a godere il frutto della vostra bontà, o mie carissime anime. Sarà un giorno bello assai per me quello in cui saprò che la mia Marianna si è tolta alla sua laboriosa carriera, portando seco l’ammirazione e la stima di quelli che sono stati degni di conoscerla. Io affretto sempre con i miei voti un sì bel giorno, e sebbene sia avvezza a non vedermi troppo esaudita nei miei desideri, spero che il cielo mi consolerà almeno in questo.

Sei veramente troppo buona, Nina mia, nell’aspettare e desiderare di sapere quella certa notizia di me ch’io credeva di averti a dare. Io allora lo credeva, o almeno lo sperava, ora, non vi è altro. Si trattava di un matrimonio statomi proposto da una mia amica di costì, al qual matrimonio, dietro relazioni ch’essa me ne dava, io non mi mostrai lontana, se non altro per il grande contento di venire a Bologna. Se l’affare fosse andato innanzi, prima di conchiudere avrei chiesto informazioni esatte alle mie amiche; ma poi non ne ho inteso più parlare, e naturalmente, a quest’ ora, l’idea di maritarmi non mi fa più ridere. Anzi se la mia situazione fosse o promettesse di essere un tantino meno miserabile non permetterei che mi si parlasse più di tale materia. Non credere ch’io ti faccia volontariamente mistero del nome dello sposino: non te lo dico perchè non lo so. [p. 150 modifica]

Io già sapeva di un incendio accaduto costì nell’appartamento della Marchesa Ricci assente, ma certo non mi passò affatto in mente che la cara Ninetta se ne stesse dalle sue finestre a contemplarlo, intrepida e senza timore che quelle vampe si dilatassero fino a lei, ed affrontando per curiosità freddo e reuma. Anche noi abbiamo avuto un’estate piena in un certo tempo di fulmini, i quali cadevano a mucchi, e per uno dei quali mori all’istante una povera donna. Giacomo ne scrisse sui primi di settembre che a momenti saria venuto da noi1, poi non ci ha scritto più e non è più venuto, ma sappiamo che sta benissimo. Due bellissime sorelle del bellissimo Ranieri si fanno monache a Roma e stanno per giungere colà, noi crediamo che in loro compagnia Giacomo se ne partirà di Napoli, ma che venga da noi non lo crediamo punto. Addio, cara Nina, amami quanto io ti amo. Amen.


A te, Marianna mia, do con tutta l’anima un bacio affettuosissimo, e mi raccomando all’amor tuo, alla tua tenerezza. Se mi vuoi bene scrivimi presto, e dammi conto di te, dei tuoi affari, delle tue speranze. Oh come ti auguro una vita tranquilla, oh come vorrei che avessi finalmente a godere di quella pace e di quella felicità che meriti! la tua amica non forma voto più ardente di questo. Il solo pensiero di venire a trovarti (pensiero mantenuto più giorni) mi faceva balzare di gioia, ora, non balzo più; sono ricaduta nel solito inerte e melanconico mio stato. Cosa n’è di Giordani?



  1. Epist., lett. 528.