Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LI
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LI
AD ALLA STESSA
a Bologna
11 giugno (1834)
Cara Marianna mia,
Tutti i ragionamenti del mondo, e nemmeno i tuoi, varranno a provarmi essere sopportabile senza lamentarsi un silenzio di tre mesi, in tempo di vacanza, vale a dire di assai minori brighe e fatiche. No, io non me ne persuaderò mai, nè avrò forza e coraggio di sostenere un si lungo silenzio, un tratto si lungo di tempo in cui non sentirò più la voce della mia amica, senza dolore vivissimo ed eguale impazienza. Nè ti prometto di non far più uso di testi latini: ora che vedo produrre essi tosto il loro effetto, chè senza di quelli aspetterei ancora una tua parola.
Quauto sei buona, Marianna mia; lascia ch’io ti abbracci e ti baci colla maggior tenerezza. La tua cara lettera mi ha colmata di gioia: ora, io son più lieta d’assai perchè mi hai assicurata che mi vuoi bene e che me lo vorrai sempre. Oh lasciami questa deliziosa idea, Marianna mia; lasciami questo pensiero soavissimo: esso sarà il mio conforto nelle amarezze della mia vita, di questa mia triste vita, la quale ormai non ho più lena di sopportare.
Vengo dall’avere assistito alla monocazione di una cara giovine, ove ho pianto assai, ed ove ho attinto pensieri stranissimi. Pure con tutta questa stravaganza di pensieri, non posso pensare senza palpitar di dolore che la Malibran verrà a Sinigaglia e ch’io non la sentirò. Fino a tanto che i fogli non ne hanno data la sicurezza, ho fatto sempre voti ardentissimi perchè non fosse vero ch’essa venisse qua, ora pensa che ho sempre una spina al cuore, ed una melanconia da non poter reggere sentendo sempre parlare di lei senza sperare di vederla. Un’altra cosa pure ch’io bramerei tanto di vedere, sarebbe..... le gambe della mia amica quando sosterranno un Romeo.
Oh si io verrei apposta a Livorno per vederla in devoto pellegrinaggio. Intanto ti raccomando lo studio della scherma, il quale servirà a farti diventare cavaliere perfetto ed intrepido. S’io potessi verrei con grandissima allegrèzza a sollevarti dalle tue faccende domestiche, e siccome io sono molto attiva, credo che ne sbrigherei molte e lascierei a voi, ragazze mie, il tempo per istudiare e per iscrivermi più spesso. Che ne dici? Se mi vuoi, dimmi una parola.... ed io vengo tosto ma col patto di seguirti sempre e di non lasciarti mai come vorrebbe fare il tuo innamorato.
Sono impaziente di sapere ove andrai dopo Livorno; non vorrei che andassi a Messina perchè è troppo lontana, ma se vedi Giacomo digli.... anzi non gli dir niente, chè siamo inquieti con lui. Egli ne avea promesso di venir qua a primavera, e poi non viene e non scrive mai. Mi fa gran pena la sorte del nostro amico1 essa è molto severa: ma di giudizio egli ne ha avuto poco.
Chi sa quando mi scriverai nuovamente! se da costi, o da Livorno? vedi ch’io non son poi tanto pigra quanto tu dici, e, sebbene gli occhi miei stentino a stare aperti per il troppo pianto, pure ho scritto fin qui, strofinandomeli sempre e pregandoli a sopportare la luce un’altro poco.
Intanto io ti saluto, e ti bacio col più vivo del cuore, o cara anima, e ti prego ad accarezzare per me la Nina, e a salutarmi caramente il papà, mentre sono sempre tutta tua.