Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/L
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L
AD ANNA BRIGHENTI
a Bologna
30 Maggio (1834)
Qousque tandem abutere, Marianna, patientia nostra?
Se una volta giudicai essere stoltezza il supporre soltanto che la nostra amicizia potesse raffreddarsi, stoltamente giudicai. Se una volta io contava sull’amicizia, sulla simpatia di una diletta mia amica, se giunsi a chiamarla mia diletta, ed a volerle un bene.... oh un bene grande, se io ho creduto di essere corrisposta, ad uno che mi avesse detto — e bene, questo amore tanquam fumus deficiet! — io avrei detto tu menti per la gola, ed a queste mie parole sarla forse succeduta qualche brutta cosa, cui avrebbe pensato a por riparo il mio cavaliere.
E Salomone avea pur detto vanitas vanitatum et omnia vanitas, ma quando io mi sentiva battere violentemente il cuore all’udire un nome amato, quando mi si imporporavano le gote al sentire i trionfi della mia diletta, avrei pur detto al re d’Israele, no, tutto non è vanità.
Perchè poi noi abbiamo dei minuti che valgono dei regni, ma i minuti sono corti, e le vita è lunga! e io lo sento bene che i minuti miei sono stati brevi assai.
Vorrei pur dire al mio dolore, taci! e m’arrabbio perchè non valgo a tanto. Ah! temo che non vi sia nulla di vero sulla terra, fuor che la tomba! (e la tua pazzia, forse dirà una voce).
Ma io non accorderò mai di esser pazza: ma sono addolorata, sono stanca, oh stanca assai! Se il mondo è questo per tutti, non v’è altro che passar via silenziosi sotto le cappe di piombo come. i dannati di Dante.