Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/CIII

CIII. Alla stessa - A Modena

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CII CIV

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CIII.

ALLA STESSA

a Modena

24 gennaio (1849)

               Marianna mia,

Le tue lettere mi son giunte sempre carissime, dacchè la fortuna ha voluto che i nostri cuori fossero uniti da nodo dolcissimo di amicizia; la tua ultima però del 20 dicembre, io non vorrei averla mai avuta, leggendo in essa con tanto dolore il cattivo esito della tua causa. Povere mie amiche quanto io sono afflitta per voi! Ma è Iddio, che prova le più dilette sue creature colle tribolazioni, colle amarezze, coi dolori coi dolori più profondi, affinchè maggiormente spicchino le virtù loro; la rassegnazione, la fede in Dio, Padre nostro amorosissimo, la pazienza ed il coraggio animano a non lasciarsi vincere dalle sciagure.

E questo coraggio vedo con piacere che non vi manca, o mie carissime. Facciamoci dunque animo a vicenda; la mia famiglia è ora esposta alle medesime traversie, ma la fiducia nostra nell’aiuto di Dio e di Maria, è grandissima. Vi onora grandemente la risoluzione di pagare tutti i debiti lasciati da vostro padre, ed egli vi otterrà dal luogo di beatitudine ove speriamo che sia, pace e sufficiente agiatezza. Non occorre ch’io vi ripeta, [p. 289 modifica]mie care amiche, come questo sia il più caldo de’ miei voti; vi dirò solo che alle afflizioni vostre prendon parte tutti i miei, e che la vostra lettera ha recato dispiacenza ad ognuno. Virginia vuol consolarti, o Marianna, co’ suoi baci e colle sue carezze e così alla Nina; gli altri soffrono di vergogna ma vi vogliono tutti bene come è dovere.

Non temere che Viani ne faccia dispiacere col pubblicare le lettere del nostro Giacomo al papà tuo; egli ora ci vuol bene e non vorrebbe per nessuna cosa amareggiare la consolazione che (dic’egli) gli arrecchiamo colla nostra amicizia. Vedrai le belle lettere di Giacomo, oh le vedrai, e ti sembrerà di tornare a quei tempi tanto meno infelici quando egli viveva. Oh! misera condizione della vita umana! L’uomo non si avvede della sua felicità, e della sua sorte meno triste se non lungo tempo dopo, e quando non gli è dato più di goderne. Noi non dicevamo certo di essere felici in quei tempi, anzi ce ne disperavamo, pure, chi non li chiama ora felici?

Il Leopardi non è affatto mio fratello sebbene omonimo, e neppure nostro parente. È napoletano, di una famiglia dell’Aquila.

Ti ringrazio di tanto amore, di tanta benevolenza, di tanto interessamento. Qui si sta tranquilli; non sai che abițiamo in prossimità della Santa Casa di Loreto?

Mi facesti contenta col mandarmi tosto arrivata costi il numero del Messaggere ch’io voleva. Fa di vedere Don Luigi Palmieri, o se no fa di mandargli molti saluti della famiglia Leopardi, e distinti della Paolina, e voglio tue notizie. Addio, [p. 290 modifica]mia carissima ed amatissima Marianna; addio, cara Nina. Baciamoci con tutta la tenerezza che sentiamo a vicenda in tanta comunità di pensieri, di affetti, di sentimenti. Già lo sapete, care anime, che non verrà mai meno per voi l’amore della vostra Paolina Leopardi.