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mie care amiche, come questo sia il più caldo de’ miei voti; vi dirò solo che alle afflizioni vostre prendon parte tutti i miei, e che la vostra lettera ha recato dispiacenza ad ognuno. Virginia vuol consolarti, o Marianna, co’ suoi baci e colle sue carezze e così alla Nina; gli altri soffrono di vergogna ma vi vogliono tutti bene come è dovere.
Non temere che Viani ne faccia dispiacere col pubblicare le lettere del nostro Giacomo al papà tuo; egli ora ci vuol bene e non vorrebbe per nessuna cosa amareggiare la consolazione che (dic’egli) gli arrecchiamo colla nostra amicizia. Vedrai le belle lettere di Giacomo, oh le vedrai, e ti sembrerà di tornare a quei tempi tanto meno infelici quando egli viveva. Oh! misera condizione della vita umana! L’uomo non si avvede della sua felicità, e della sua sorte meno triste se non lungo tempo dopo, e quando non gli è dato più di goderne. Noi non dicevamo certo di essere felici in quei tempi, anzi ce ne disperavamo, pure, chi non li chiama ora felici?
Il Leopardi non è affatto mio fratello sebbene omonimo, e neppure nostro parente. È napoletano, di una famiglia dell’Aquila.
Ti ringrazio di tanto amore, di tanta benevolenza, di tanto interessamento. Qui si sta tranquilli; non sai che abițiamo in prossimità della Santa Casa di Loreto?
Mi facesti contenta col mandarmi tosto arrivata costi il numero del Messaggere ch’io voleva. Fa di vedere Don Luigi Palmieri, o se no fa di mandargli molti saluti della famiglia Leopardi, e distinti della Paolina, e voglio tue notizie. Addio,
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