Lettere d'una viaggiatrice/Viaggio a Cosmopoli/Nizza la bella
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NIZZA LA BELLA
Nizza, febbraio......
Stanco da morire, affranto, abbrutito dal lungo tragitto, il viaggiatore guarda con occhi istupiditi ed esasperati il largo paese, che era la meta del suo pellegrinaggio, nulla vedendo bene, nulla comprendendo più, col suo cervello agonizzante di fatica e di noia: e invano fra i grandi alberi delle sue ampie, aerate, chiarissime vie, Nizza sorride benignamente dai suoi mille palazzi, dai suoi mille villini: invano, in fondo alle sue strade ricche, di splendidi magazzini, in fondo alle sue avenues, azzureggiano intensamente il cielo e il mare: invano, una folla di persone ben vestite, passeggia, va, viene lietamente, intorno a voi, fuggendo lieve sui raggi scintillanti delle biciclette, fuggendo a suon di tromba sulle cento vetture automobili, passando al trotto dei bei cavalli: invano. Il viaggiatore in un ebetismo profondo, invoca solo la provvidenziale stanza, e l’oscurità e il silenzio, e la posizione orizzontale e gli occhi chiusi e l’oblio del paese donde partì e l’ignoranza del paese dove arrivò; egli si affanna a introdursi nel suo albergo, a salire nel suo ascensore, a penetrare in una stanza qualsiasi, quella a lui destinata, a immergersi in quell’ombra e in quella immobilità, che guariscono da ogni fatica. Ma, di già, nella strada, una bimba gli ha offerto un grosso fascio di violette, per quattro soldi: ma già nell’atrio del suo albergo egli ha incontrato delle donne bionde, vestite di bianco, che portavano viole nelle mani e sul petto: ma già, nello stesso ascensore, una vecchia signora, un vecchio signore, risalgono, portando anch’essi delle violette: il penetrante, fresco, giovenile profumo, già ondeggiante nell’aria, all’entrare della stazione, è più forte, più insistente, nelle strade, nelle case. Chiudete le imposte, fate l’ombra, fate il silenzio, venti minuti, mezz’ora, quanto? Chissà! Nella camera accanto, due voci leggiere, freschissime, due voci di sedici anni, cinguettano in inglese; e dalle imposte socchiuse, entra, anche nelle ore pomeridiane, un raggio di sole che si allunga, biondo, ridente, irresistibile, sui fiori rossi del tappeto, vivificandoli, sul merletto bianco delle cortine del letto, rendendolo più candido, sulla seta rossa del piumino, infiammandola: vi voltate verso il muro per resistere alla tentazione. Ma un ritmo soave e dolce e suadente la calma, si eleva sempre, soavemente, alle vostre orecchie; è il rumore del mare che blandamente finisce, e ricomincia il suo moto sulla riva naturale, sotto la Jetéepromenade: ma, infine, le vostre violette messe in un gran bicchiere d’acqua, nella stanza chiusa, col sole che le riscalda, odorano anche più. Vi chiamano, vi chiamano, quel mare, quel sole, quel profumo: vogliono che voi li riconosciate, voi, voi, che venite dal sole, dal mare, dal profumo, vogliono che voi sorgiate, che usciate all’aria libera, che vi penetriate di tutte le loro grazie e di tutte le loro dolcezze, voi che le conoscete!
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Così, basta che voi apriate le vostre finestre al sole che vi ha bussato, e che usciate sul verone a guardare, intorno: basta che voi, non sapendo più resistere, prendiate il cappello e scendiate nella via: basta che lasciate camminare i vostri piedi, dove vogliono, perchè la ineffabile beltà di Nizza, vi trasporti in una regione di alto e gaio incanto. Questo mare delizioso non è stato manomesso dall’uomo e mentre la Promenade des Anglais ha, come via Caracciolo, viali per pedoni, per cavalieri e per carrozze, mentre anche vi è una jetée, cioè una banchina, tutta guarnita di panchine, di panchette, di sedie, per chi voglia sedersi al sole, il mare, giù, è libero, si frange con molle tenuità sulla riva e voi potete dirgli quel che i poeti gli dissero, da Omero ad Arrigo Heine: questo mare delizioso, non è nascosto dalle case, dai palazzi, ma la città è tagliata in una guisa così vasta, così aperta, così formata a paesaggio, per modo di dire, che il mare l’avete sempre innanzi, da lontano o da vicino, un pochino o molto. Queste vie ariose, dalle più piccole alle più grandi, da quelle aristocratiche alle più umili, tutte, tutte quante, sono adorne di alberi, alberi tutti verdi, alberi tutti fioriti, alberi rigogliosi, di cui, nella notte, quando passate sotto il cielo stellato, quando passate sotto la grande luce bianca delle lampade elettriche, nelle piazze che sembrano dei parchi signorili, l’odore fresco vi dilata il petto. Questi villini, queste ville, questi alberghi — quanti alberghi, quante pensioni? cento, duecento, cinquecento? — hanno, ognuno, avanti o, intorno un piccolo giardino, adorno di aiuole, di palmizi, di palme, un giardino dai brevi viali per cui si arriva al portone, e dentro, e fuori, e intorno, e dovunque, questo verde abbraccia, stringe, divide, riunisce, vivifica, profuma Nizza, la rende così amena, così cara, così graziosa, così poetica che, qualcuno, molti vengono qui, solo per contemplare tutto ciò, per impregnarsene la vista e la fantasia. Questecase sono tutte dipinte chiarissime, di bianco dolce, di un grigio tenero, di un nocciuola velato, persino di un azzurro come l’aria e hanno l’aspetto così netto, così lindo, così gentile, anche le più piccole, anche le più povere e sono in verità, così nette, così linde entro e fuori, che confortano l’animo di tutte le persone pulite. Queste case, tutte quante, hanno dei larghi balconi, delle larghe verande, delle terrazze con balaustre, le terrazze italiane, e da queste aperture tutto l’azzurro, tutto il sole entra nelle case, e su questi balconi, sulle verande, sulle terrazze stanno al sole, sotto gli ombrellini, tutti i freddolosi, tutte le infermiccie, tutte le convalescenti, o, in gran folla, tutte le amatrici del sole. In questo paese, la coltura dei fiori è un vero fanatismo: chiunque ha un pezzo di terra, vi mette delle viole, dei geranii, delle rose, e i fiori vi crescono così più belli, così più fragranti, così più ricchi di petali, così più vivi di colore di qualunque altro paese: in questa Nizza, i rami dei lilla bianchi circondano odorosamente gli alti eucalitti, e le umili violacciocche crescono ai piedi dei palmizii, così, dovunque vi è una mano che li curi e il sole che li baci. Ineffabile beltà, invero, che viene dalla natura bella, ma che l’affetto, l’amore, l’adorazione dell’uomo ha resa perfetta: ineffabile beltà, non solo della natura grezza, confusa e disordinata, come altrove, ma resa più composta, più fine, più squisita della educazione dell’uomo; ineffabile beltà che Dio volle e donò largamente, ma che anche gli uomini vollero, in un quadro di libertà, di luce, di bellezza, di fragranza, di grazia. Qui, il malato sembra convalescente, sul suo terrazzo fiorito, e il convalescente sembra guarito nella sua carrozzella spinta a mano, lungo la Promenade des Anglais e l’uomo sano acquista una leggerezza e un vigore nuovo, e un bisogno di espandersi, di vivere all’aria aperta, serenamente e lietamente e l’uomo giovane sente tutto il piacere della vita, poiché la beltà delle cose, intorno, la immortale beltà gliene ispira il senso più alto. Che era, infine, Nizza, se non una città bella, semplicemente, senz’altro? Ma gli uomini, sia pure per speculazione, sia pure per trafficare, sia pure per sfruttare il forestiero, ne hanno fatto una città perfetta, perfetta per la vita fisica e per quella immaginativa, una città piena di comodi, piena di eleganze, piena di squisitezze, pur rispettandone la poesia naturale, la grazia naturale, la simpatia naturale. E dal paesaggio al pranzo, dalla temperatura agli alberghi, dalle prospettive alle carrozze, dalla educazione del popolo alla coltivazione dei fiori, da tutto quello che piace agli occhi a quello che piace a ogni altra cosa nostra, alla nostra anima, al nostro stomaco, alle nostre gambe, l’armonia della bellezza naturale con quella della vita quotidiana, è completa. Qui le donne arrivano e si vestono di bianco, e hanno il passo svelto, e sorridono, poichè esse intendono di dover armonizzare nel quadro: e gli uomini hanno come una novella primavera nello spirito, nelle vesti, nella cortesia, poichè così si è, a Nizza la bella: e tutti hanno fiori e ne donano, e tutti entrano, dal primo giorno, dalla prima ora, in quest’armonia di linee e di cose, in una contemplazione estatica, in un viver sereno e oblioso, poichè la beltà di Nizza è tale, naturale e umana, nobile e pratica, poetica e fatta per procurare l’oblio.