Lettere (Sarpi)/Vol. I/4
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IV. — A Galileo Galilei.1
- Eccell. Signor Padrone mio Colend.
Poichè li 25 miglia per quanto siamo distanti, m’impedisce il discorrere con V. S. (cosa che desidero sopra tutte le altre), voglio tentare di farlo con intermedio delle lettere, e al presente nel proposito ch’incominciai trattare con esso lei, quando l’altro giorno fummo insieme, della inclinazione della calamita con l’orizonte. Il nostro autore molto ragionevolmente dice, quella non essere una attrazione ma conversione più tosto, nascendo dalla virtù d’una e dell’altra, che vogliono essere situate in un certo modo insieme: per il che il più desiderato modo di situarsi è quello quando per li poli; imperocchè fa l’asse uno, e se ci è moto, ancora tutte le parti participano del moto non solo circa l’asse della grande, ma anco circa il suo; anzi forse si fa talmente uno, che perde il suo equinoziale e fa accostare quello della grande, perdendo ambi due li poli in che si congiungono, e facendo come d’un corpo li due poli estremi. Ma se sono situate per li equinoziali, si vede anco la unione avendo li assi paralelli, e l’equinoziali in un piano, e participando il moto sopra quelli. Ora, nelle altre situazioni io non so vedere che cosa voglino fare. Andava pensando che accomodassero in qualche maniera insieme il cerchio d’ambe due paralello all’equinozione e per il vertice della regione, ma non è così. È ben forza che voglino accomodarsi in qualche maniera pertenente alle sue parti, e che da quelle venga regolata e denominata. Le parti non sono se non poli, asse e cerchi parellelli. Come adunque? forse come il nostro autore dice? che però non veggo come e a che fine, nè qual parti o quale vogli situare. Ma egli come ha trovato il suo modo? per esperienze o per ragione? Non per esperienze; perchè con la terra, e questo ricercherebbe viaggio regolato per una quarta: non con la terrella, perchè si ricerca che il versorio non abbia sensibile proporzione con la terrella, acciò nell’istesso luoco sii il centro e la cuspide; altrimenti non ha fatto niente. Non mi par manco che per ragione, imperocchè bisogna render cause della descrizione di que’ cerchi che lui chiama conversionis, che nella picciola dichiarazione2 ne descrive tre (B. C. L. sotto l’equinoziale; O. D. L. di 45; G. L. di 90). Essendo tutti li tali come si vede nella figura grande descritti sopra il punto della regione come centro, intervallo una retta da esso centro al polo opposito; cerco prima la ragione di questo intervallo. Poi perchè questi cerchi conversionis non sono simili, ma quello del 45 e un quarto, li precedenti più, li seguenti meno; al che si dà per regola che siino tra il polo opposito L. e il cerchio B. O. G, quale è descritto sopra il centro della balla, intervallo quella che può quanto il semidiametro e il lato del quadrato; quale è la ragione di fare questo centro e tanto intervallo (12. 14.)? Poi, perchè debbono essere divisi in tante parti, come un quadrante, così li grandi come li piccioli? Queste sono le difficoltà. Della spirale non ho difficoltà alcuna, ma è un bel genere di elica, generandosi di due moti circolari. Prego V. S. che abbia un poco di considerazione sopra le mie difficoltà, e supplisca al mancamento del mio autore, il quale ha taciuto le cause delle più oscure cose che siano: almeno avesse detto come ne è venuto in cognizione! Appresso, perchè desidero far isperienza di questa inclinazione, per levarmi la fatica, prego V. S. scrivermi il modo tenuto in far il versorio, con che li applica li perni; se con fuoco o con colla, o come e di che materia li fa, e sopra che li appoggia; e in somma ogni particolare, perchè non vorrei consumar tempo in isperimentar molte cose, poichè ella ha fatto la fatica. Qui farò fine, pregando V. S. scusare la mia importunità, e non curare di rispondermi se non con suo comodo, sì che non venga impedita nè da’ suoi negozi nè dalli studi. Però li bascio la mano.
Di V. S. eccellentissima.
- Di Venezia, il dì 2 settembre 1602.
Note
- ↑ Inedita: come l’antecedente. Questa lettera non rimase ignota all’egregio E. Albèri, collettore della corrispondenza letteraria dell’immortale Galileo; ma da lui negletta, siccome “oscura e mal dettata:„ al quale giudizio, rispetto anche a quella che qui segue col num. VIII, non sapremmo, per verità, contraddire. Senza indagar le cause della differenza di stile che passa tra queste e le altre scritture del nostro autore, non credemmo doversi tal lettera omettere in una generale raccolta, tanto più avendone sotto gli occhi l’autografo; e ci siamo sforzati, nello stamparla, di recarvi la maggior chiarezza che ci è stato possibile.
- ↑ Questa parola, dopo molto affaticarci, ci è riuscita illeggibile. Le lettere di essa più chiare o meno incerte, sono: .....anzione.