Lettere (Sarpi)/Vol. I/5
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V. — A Monsignor Luigi Lollin.1
Come le annotazioni di H. Stefane2 sono appresso le Pirronicæ e sopra quelle solamente non mi servirebbero, essendo in quello con Math. le cose che mi si rendono oscure. Di Lipsio3 pur l’altro giorno parlai con un Fiamingo, che mi considerò fredde le opere composte dopo ch’egli s’è composto co’ padri Gesuiti; e mi commendò alquanti giovani di Leida, volendo che avessero relazione a Lipsio quale Scipione e Lelio a Terenzio. Ma quel Gilberto Anglese non fa professione di scrivere eruditamente, ma cose sode. Della calamita, tutti quelli che hanno toccato qualche cosa, hanno balbutito: questo è il primo che ne scriva. Resta bene qualche cosa da fare alla perfezione; nondimeno l’uomo e l’opera sono degni di eterna memoria; nè credo che se V. S. illustrissima consumerà qualche giorno leggendolo, sarà perduto. Nessuna produzione de’ savi è più naturale, secondo la dottrina di Socrate nel Convito, quanto se si fanno ex philosophiâ: per il che possiamo dire, mai essere stato il Collegio in tanta perfezione, essendo oltre quelli di Terra-ferma, nella mano del Consiglio, il signor Niccolò Contarini e il signor Pietro Duodo; onde se si farà il solito carnevale, sarà, come quel di Plutarco, convivium sapientum. Il freddo qui essendo stato acutissimo già quattro giorni, si è rallentato, e non ci è speranza che presto debba succedere l’istesso costì. Io non poteva manco leggere, che le specie delli caratteri s’agghiacciavano prima che giungere alla vista. Ora si può vivere. Bacio la mano di V. S. illustrissima, a quale prego Dio Nostro Signore che doni ogni felicità.
- Di Venezia, il 20 gennaro 1603.