Leonardo o dell'arte/La necessità e le leggi della natura
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LA NECESSITÀ E LE LEGGI
DELLA NATURA
Se ci si chiede che cosa vedessero nella natura i pittori del Rinascimento, bisogna rispondere che ci vedevano un quadro. Non riuscendo a esprimere con delle parole, avvezze a concetti grossi e generici, il mistero ambiguo e fuggevole dello stile, essi finivano per vedere in un quadro semplicemente un mondo più piccolo.
Quando si parla di imitazione della Natura, oggi si adombrano i critici d’arte; mentre in verità dovrebbero adombrarsi i filosofi, perchè l’errore di questa formula non è che un errore di filosofia. Quei pittori infatti — che erano puri pittori — potevano credere, dipingendo, di imitare le cose, solo perchè vedevano il mondo come una pittura — indeterminata e casuale. Imitare la Natura, per quei pittori, voleva dire in maniera imprecisa tradurre in un piccolo spazio un’opera d’arte distesa nell’infinito. Non s’erano accorti, per esempio, del movimento. C’è tutto il mistero della vita nell’ondeggiare dell’erba. In ogni cosa mossa è posto l’enigma delle prime cause e guardando gli effetti del vento si pensa a tutto quello che nella natura è concatenato. Ma essi non riuscivano a sorprendere nella natura il mutar delle cose e ci ritrovavano soltanto delle attitudini. Non vedevano nel movimento che una collana di gesti pietrificati, un complice in deliziose astuzie decorative; nè pensavano che ogni passaggio delle cose da una forma a un’altra e quell’immersione di ogni essere nel tempo e nella durata, includeva, per esempio, una legge di causalità.
Pittori e traduttori, non scienziati e filosofi, trovavano la natura nella pittura, perchè parificando l’universo e l’arte sopra uno stesso piano immaginario, avevano cercato la pittura nella natura. Si dimentica troppo spesso che non si può cercare la natura nell’arte, se non sì cerca l’arte nella natura.
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In Leonardo, quando guarda la Natura, si fondono invece due atteggiamenti: quello rappresentativo e quello conoscitivo.
Lo stesso Trattato della Pittura, in cui Leonardo dovrebbe limitarsi allo studio del mondo apparente e alle sue leggi estetiche, ci prova come Leonardo venga continuamente attratto, guardando le cose, dal mistero del loro essere.
«Nessuna cosa si può amare nè odiare, ha scritto, se prima non si ha cognitione di quella» 1.
Molti credono che, quando si contempla la bellezza della natura, l’ombra improvvisa di un concetto rompa il dolce stupore di quel delirio di immagini, come una musica brumosa, incerta e piena d’incanto, improvvisata sopra un organino da bocca nelle campagne, ci scrolla dal languore evanescente e gradevole in cui ci eravamo lasciati attirare, quando si trasforma improvvisamente in un’aria nota. Ma quest’antitesi è puramente fantastica e nessuno mi sembra così ingenuo come Keats, quando brindò alla morte della scienza, che spiegandolo avrebbe distrutto l’arcobaleno. Gli antichi, perchè lo credevano Iride, non si commuovevano più di noi davanti all’arcobaleno.
Non abbiamo il diritto, in verità, di dividere secondo schemi regolari e per amore della chiarezza degli atteggiamenti che possono coesistere, anche se si contraddicono, come in uno stagno in cui siano cadute due pietre, i cerchi tremolanti che si allargano intorno ai due gorghi minuscoli sulla superficie dell’acqua possono tagliarsi senza rompersi. E’ lecito stabilire delle categorie soltanto quando ci si ricorda che nella vita umana si mescoleranno e che il pensiero è, per sua natura, un immenso crogiuolo.
Non credo dunque, come il Berenson, che l’atteggiamento conoscitivo abbia corrotta l’arte di Leonardo, ma penso òhe bisogna tenerne conto, per capire come Leonardo vedesse la Natura, anche quando si preparava a dipingerla.
Guardandosi intorno, Leonardo nota prima di tutto «la necessità, maestra e tutrice della Natura» 2.
Che cosa sia veramente la «necessità» non è fàcile dire. Leonardo non la definisce che dai suoi effetti 3. Questa necessità, più che vista è sentita, amata come il segreto regolatore di quell’illusorio disordine. «O potente e già animato strumento dell’artificiosa natura — esclama Leonardo, in un passo che è quasi un canto, ed ha ormai conquistato molta gloria — o stupenda necessità, tu costringi con la tua legge ogni effetto per la più breve via a partecipare della tua cagione!» 4.
Questa necessità è dunque l’ordine vitale dell’universo, quella che governa i rapporti fra le cause e gli effetti con delle leggi: la legge della omogeneità della Natura, che permette l’analogia 5, la legge della causalità meccanica 6, e la legge del minimo mezzo.
D’istinto Leonardo cerca nella natura un modello di perfezione umana e la sua grande gioia è di scoprire che l’intrigo furioso dei fatti è disciplinato da regole ragionevoli. Così, egli vede nella natura una vera e propria legge di compenso, che quasi sottintende una coscienza.
«La Natura mostra le cose più perfette nella specie de’ loro colori quanto esse sono più disformi» 7. Legge di compenso che — in ogni modo — deve essere rigorosamente giusta. «Non ti dare ad intendere di racconciare i suoi errori; perchè errore non è in essa» 8.
La natura è perfetta. Niente è inutile. Tutto è necessario; quindi tutto è dipendente.
Capire un fenomeno naturale vuol dire in certo senso determinare in che rapporti è con gli altri fenomeni; rivelare come ogni fatto dipenda da infinite cause e concause; inseguire e catturare le innumerevoli risonanze che i fatti spandono silenziosamente intorno a sè.
Leonardo riesce male, guardando l’ universo a prescindere dalle sue leggi e dalla necessità..
Quando Leonardo guarda il cielo pensa che «non si dà vacuo in natura» 9 e che perciò «è necessario che le parti dell’aria circostante alla fuga dell’umido riempiano di sè il principiato vacuo; e questo tal moto è detto vento».
Quando guarda le foglie pensa che «ha messo la natura le foglie degli ultimi rami di molte piante, che sempre la stessa foglia è sopra la prima e così segue successivamente se la regola non è impedita; e questo ha fatto per due utilità di esse piante; la prima è perchè nascendo il ramo e il frutto nell’anno seguente dalla gemella vena dell’occhio che sopra in contatto dell’appiccatura della foglia, l’acqua che bagna tal ramo possa discendere a nutrire tal gemella, col fermarsi la goccia nella concavità del nascimento di essa foglia; ed il secondo giovamento è che, nascendo tali rami l’anno seguente, l’uno non euopra l’altro, perchè nascono volti a cinque aspetti i cinque rami ed il sesto nasce sopra il primo assai remoto» 10.
Quando guarda l’universo ripensa all’uomo «detto dagli antichi mondo minore» 11, perchè egli dice: «se l’uomo ha in sè osso, armatura e sostenitura della carne, il mondo ha i sassi, sostenitori della terra; se l’uomo ha in sè il laco del sangue, dove cresce e discresce il polmone nell’alitare, il corpo della terra ha il suo oceano mare, il quale ancon lui cresce e discresce ogni sei ore per lo ali, tare del mondo» 12.
Egli ammira dunque la natura non tanto per la sua apparenza, quanto per il suo meccanismo; e nello spettacolo immobile delle cose non riesce a non guardare il moto — e cioè il loro divenire.
In questo caso, quello che Bernardo Berenson chiama il più delizioso dei retori, Walter Pater, non avrebbe torto di scrivere: «He seemed to those about him as one listening to a voice silent for other men» 13 (Sembrava agli altri intorno a lui come uno che ascoltasse una voce silenziosa per il resto degli uomini).
La natura è concepita come un ente assoluto, perfetto, intelligente, cosciente, ritmo solenne di potenze regolate da leggi e sottomesso alla necessità. «O mirabile giustizia di te, primo motore — esclama — tu non hai voluto mancare a nessuna potenzia l’ordine e qualità dei suoi necessari effetti!» 14.
Note
- ↑ [p. 102 modifica]Richter, 1172.
- ↑ [p. 102 modifica]Richter, 1135.
- ↑ [p. 102 modifica]Solmi, Studi sulla filosofia naturale di Leonardo, Modena, 1898.
- ↑ [p. 102 modifica]Richter, 22.
- ↑ [p. 102 modifica]Solmi, Nuovi studi sulla filosofìa naturale di L. Atti dell’Accademia Virgiliana, Mantova, 19041905.
- ↑ [p. 102 modifica]Solmi, Studi sulla filosofia naturale. B. L., Modena, 1898.
- ↑ [p. 102 modifica]B. 615.
- ↑ [p. 102 modifica]B. 694.
- ↑ [p. 102 modifica]B. 919.
- ↑ [p. 102 modifica]B. 822.
- ↑ [p. 102 modifica]B. 55.
- ↑ [p. 102 modifica]B. 55.
- ↑ [p. 102 modifica]W. Pater, The Renaissance Ultima Edizione. New-York, 1919.
- ↑ [p. 102 modifica]Richter, 1134.