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mondo apparente e alle sue leggi estetiche, ci prova come Leonardo venga continuamente attratto, guardando le cose, dal mistero del loro essere.

«Nessuna cosa si può amare nè odiare, ha scritto, se prima non si ha cognitione di quella» 1.

Molti credono che, quando si contempla la bellezza della natura, l’ombra improvvisa di un concetto rompa il dolce stupore di quel delirio di immagini, come una musica brumosa, incerta e piena d’incanto, improvvisata sopra un organino da bocca nelle campagne, ci scrolla dal languore evanescente e gradevole in cui ci eravamo lasciati attirare, quando si trasforma improvvisamente in un’aria nota. Ma quest’antitesi è puramente fantastica e nessuno mi sembra così ingenuo come Keats, quando brindò alla morte della scienza, che spiegandolo avrebbe distrutto l’arcobaleno. Gli antichi, perchè lo credevano Iride, non si commuovevano più di noi davanti all’arcobaleno.

Non abbiamo il diritto, in verità, di dividere secondo schemi regolari e per amore della chiarezza degli atteggiamenti che possono coesistere, anche se si contraddicono, come in uno stagno in cui siano cadute due pietre, i cerchi tremolanti che si allargano intorno ai