Le notti degli emigrati a Londra/La Polonia e la Russia/II

La Polonia e la Russia - II

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II.


L’unità della razza slava ha il suo elemento di certezza nell’uniformità della lingua — uniformità spinta sì lontano, che gl’indigeni del Don e della Volga possono comprendere e quasi conversare con quelli della Pomerania, della Boemia, della Polonia, della Dalmazia, e col Bulgaro del mar Nero. La razza slava è la seconda espressione della natura europea, indigena ancora sul suolo che occupa oggidì e non venuta dall’Asia, poco modificata. Dappoichè lo slavo, cui ci dipinge la cronaca di Nestor all’XI secolo, è esattamente lo stesso che quello dei nostri dì, non avendo che due varietà un po’ spiccate: al nord, la sotto-razza scandinava; al sud, la sotto-razza ellenica. [p. 271 modifica]

La slava è stata sempre una razza conquistata. I popoli dell’Asia e quelli della Germania occidentale l’hanno, a volta a volta, calpestata e dominata; perocchè dessa invocava l’aiuto degli uni per sottrarsi all’oppressione degli altri — come fecero i popoli delle penisole itala ed iberica. I Kimris, o Cimbri, furono i primi a passare sulla razza slava. I Sarmati — nomadi dagli occhi di lucertola, di origine mongolica e di razza puramente asiatica — vennero a cacciar via i Kimris, e furono cacciati a loro volta dai Goti — popoli usciti dalla Scandinavia, trascinando dietro a loro un’accozzaglia di Celti, di Slavi e di Germani. Questi dominatori, portanti una civiltà cui Odin aveva forse ricevuta dalla Persia o dall’India, fondarono un impero slavo, assiso sul Danubio e sul Dnieper, nell’Ukrania, ed alle sponde del mar Nero, risuscitarono la dominazione cimbrica, e riaserrarono la frontiera romana, sotto il nome di Daci e di Marcomanni. Nomadi, essi imperavano a cavallo sui popoli indigeni, coltivatori sedentanei, e vivevano a cavallo — come i polacchi nella convenzione della pospolite. Se la loro potenza avesse durato, forse i Goti si sarebbero fusi con gl’indigeni. Ma queglino fra gli slavi, che avevano emigrato sotto la dominazione gotica, ritornarono come vanguardia degli Unni — popoli asiatici — e respinsero lo straniero dal suolo della loro patria.

Gli Unni rimpiazzarono i Goti, che retrocessero sulle possessioni romane ed annunziarono Attila. Questi si manifestò all’Europa come la folgore, dominando dalle frontiere della Cina fino al Baltico e procedendo sopra Roma, menando con lui un miscuglio di guerrieri di tutte le nazioni e di tutte le [p. 272 modifica]stirpi cui aveva traversate. I Goti batterono gli Unni sulle sponde del Netad e li ricacciarono in Asia. Poi si divisero dagli slavi: questi rivennero nelle loro contrade e conservarono le loro abitudini ed il loro organamento sociale; i Goti seguirono la loro attrazione naturale verso l’Occidente.

La razza slava ed i suoi rami ellenici erano attirati verso l’Oriente e Costantinopoli.

Lasciamo da banda la varietà ellenica, o dorica, la quale, in faccia delle concezioni gigantesche e mostruose della Caldea e dell’Egitto, si concentrò e s’isolò, e seguiamo il movimento della varietà Tsciuda.

Questo ramo della razza slava del nord, occupava le sponde orientali del Baltico, si stendeva lungo il mare Bianco fino alle foci dell’Oby e nei profondi del continente Asiatico. Queste contrade, quasi deserte oggidì nella parte che forma le vaste solitudini della Siberia, mostrano nelle tombe e nelle gallerie delle mine dell’Altai le tracce di una civiltà, il cui sovvenire storico è perduto. Questa varietà della razza slava abitava il doppio versante della catena degli Ural, di cui l’uno discende verso l’Oby e l’altro verso la Volga. Queglino che accampavano sull’Oby, e formavano l’Obdoria o l’Ugoria discesero, verso l’XI secolo, alla volta del bacino del Danubio, e costituirono la razza dominante dei Maggyari in Ungheria. Queglino che guardavano la Volga, andarono a formare la Bulgaria o Volgaria. Questa corrente d’invasione settentrionale, sul fuoco centrale della razza slava, si opponeva alla corrente meridionale, la quale, trascinando seco dei brani della razza mongolica, partiva dall’Oriente e dalle sponde [p. 273 modifica]del Caspio. La sede dell’impero, Costantinopoli, trovavasi così allogata fra due osti.

Carlomagno, avendo distrutto gli Avari, residui di razze asiatiche, gli slavi restarono liberi. Gli Ugri Maggyari si spiegarono nel mezzodì fino al di là delle Alpi e nell’Italia. I Normanni, scandinavi, svilupparono la loro supremazia sulla razza slava del Nord e fondarono l’impero Russo — sulle contrade occupate un dì dai Goti — sotto il nome di Polanieni, o abitanti della pianura — appellativo conservato di poi da uno dei rami della razza slava quando essi si separarono.

Con un istinto ammirevole, fin dai suoi incunabili, questo impero russo ebbe coscienza del destino che lo spingeva e guidava. La sua aspirazione è l’Oriente. Il suo centro, Costantinopoli. Esso abbraccia il cristianesimo bizantino e mantiene i legami naturali tra i popoli conquistati ed i popoli della medesima razza slava annessi. E quando Costantinopoli, al XV secolo, cadde in potere dei Turchi, l’idea morale, i frantumi tradizionali e materiali dell’impero di Oriente, si trovano agglomerati in lui. L’unità orientale fu così rappresentata dall’impero russo in faccia dell’occidente sbocconcellato. Questa posizione, queste tendenze assorbenti, sarebbero di già esse sole bastate per svegliare la rivalità delle nazionalità nascenti della medesima razza: l’Ungheria, la Polonia, la Svezia.

Gli Stati slavi dell’Europa centrale però non si fondarono con la medesima facilità e con la medesima celerità! La Polonia, la Boemia, l’Ungheria, la Prussia, la Transilvania, la Lituania, la Moravia avevano la medesima costituzione politica — vale a [p. 274 modifica]dire, il principio elettivo dei popoli primitivi sfuggiti alle strette di Roma. Essi avevano la stessa legge del suolo e dei costumi; e quindi una vicissitudine tempestosa di principati locali e passaggeri.

La Boemia, cittadella dell’indipendenza slava, legata agli slavi per la razza ed ai Germani per gl’interessi, sempre irresoluta in fra i due, attaccata dagli uni quando la si collegava agli altri, non seppe padroneggiare la situazione e profittare della sua civiltà brillante e precoce. Sotto Ottocaro III, la Boemia rifiutò l’Impero e lo fece passare nella casa d’Austria. Sotto Carlo IV, al momento di divenire il centro della potenza imperiale, ripugnando, a causa della sua natura slava, da tutte le combinazioni artificiali, la Boemia ricadde nell’irresolutezza e divenne la preda dell’inflessibile ascendente austriaco.

Una sorte eguale, per le medesime cause, toccò all’Ungheria. Centro, sotto Attila, della dominazione delle razze asiatiche, essa fu sempre un punto di attrazione per questi popoli. I maggyari, slavi, ma della famiglia semi-asiatica delle razze dell’Ural e della Volga, dominarono la razza slava indigena. Poscia, organizzati a casta conquistatrice e guerriera, respinsero le invasioni asiatiche. Essi avrebbero potuto dirigere, in luogo della Russia, lo slavismo dell’impero orientale; ma il cattolicismo che avevano abbracciato, li tenne a parte e li condannò all’inferiorità politica.

Il cattolicismo non è simpatico alla natura slava; e là stesso ove lo si è impiantato, esso ha cangiato di carattere. Sradicata senza sforzi, presso gli Scandinavi, alterata nel suo spirito in Polonia, in Ungheria, in Boemia, la dottrina cattolica ha contri[p. 275 modifica]buito alla caduta di questi Stati sotto la pressione dell’invasione tedesca e dell’ascendente russo, mentre che dessa paralizzava la loro influenza sull’impero d’Oriente. Gli è al cattolicismo altresì che la Polonia deve le sue vicissitudini ed una parte delle sue sventure.

In uno Stato di quasi anarchia per parecchi secoli sotto i suoi dodici woivodi o palatini, la Polonia si presenta col nome di regno al XIV secolo e forma uno stato, mediante la sua riunione con la Lituania, sotto il dominio dei Jagelloni. La sua rivalità colla Russia comincia alla sua culla e riempie la sua storia — passando per le medesime fasi della lotta che s’impegna tra l’Inghilterra e la Francia. E forse questa rivalità avrebbe finito in una fusione violenta sotto l’invasione degli antichi Unni di Attila, divenuti i Tartari di Gengis-Khan, se un baratro profondo e fatale non li avesse divisi per sempre, il cattolicismo, alimentato dall’influenza astuta ed interessata della corte di Roma.

Il ritorno degli Asiatici arrestò per lungo tempo lo slancio della civiltà slava.

La razza slava ha dovuto lottare perpetuamente contro i popoli nomadi, arrivando dalla medesima direzione, ma non essendo sempre della medesima razza, puramente asiatica. La razza bianca occupò originariamente tutta quella parte dell’Asia che guarda l’Europa, ove la presenza della razza gialla è recentissima: la Siberia, il Caucaso, le contrade della Transoxiana e del Caspio.... quelle contrade insomma che la Russia conquista adesso l’una dietro l’altra, con grande spavento della Turchia, della Persia, e dell’Inghilterra, — la quale vede le sue pos[p. 276 modifica]sessioni indiane separate dalle russe, nell’Asia Centrale, unicamente dal Punjab. Le sabbie che sterilirono paesi un dì fertili, e l’indebolimento consecutivo di queste popolazioni, incapaci di difendersi contro le invasioni asiatiche, determinarono il ritorno della razza bianca nell’Occidente dell’Europa.

Questi popoli — Sciti degli antichi — per gli slavi e gli orientali ora i Petscienequi, i Torqui ed i Polovtzi, ora i Turcomanni ed i Tartari, erano una varietà della razza bianca europea, che reagivano su questa, in virtù della legge dell’affinità. Il nome di Tartaro è stato attribuito ora alla razza mongolica che lo porta ancora al presente — e che, al contrario, distrusse la potenza dei Tatari con i quali li si confonde. I Tatari avevano molestato la razza slava. Sotto la pressione delle orde mongoliche, i differenti rami degli slavi si collegarono, si fusero. Le regioni lasciate vuote dai Tatari furono occupate dai Cosacchi dell’Ukrania, del Don, e dell’Iaik — un miscuglio di soldati, di avventurieri e di cacciatori, che ebbero l’incarico di difendere questa frontiera contro gli stabilimenti fissi dei Tatari della Crimea e delle orde formidabili dei Kan del Kaptsciac o dell’Orda Dorata.

La razza mongolica si scatenò contro la Russia con una ferocia senza mercè. La divisione dei popoli slavi favoriva la sua invasione; ma l’invasione provocò, per controcolpo e per necessità di difesa, l’unità slava e la creazione affatto asiatica dell’autocrazia dello Tzar.

L’unità inghiottì la libertà.

In questi scompigli, Kief, la culla religiosa e civilizzatrice delle razze slave, perdè la sua superiorità. [p. 277 modifica]Si era visto, del resto, i sovrani russi, per una preveggenza politica particolare, trasportare successivamente la loro capitale su i punti ove il progresso del loro dominio sembrava richiedere la loro presenza. All’origine, essi avevano abbandonata Novgorod, la città della civiltà scandinava, per il soggiorno di Kief, che inoculò alla razza slava lo spirito bizantino. Souzdal li mise, in seguito, in contatto diretto con gli Tsciudi della Permia e dell’Ural; Volodimir, con quelli della Volga; Moskou divenne infine la testa di ponte della razza slava, che salvò l’Europa, respingendo gli urti delle razze asiatiche. Pietroburgo ebbe il suo torno quando la Russia si rivolse verso l’Occidente, provocata dalla Svezia: e Varsavia è una tappa verso Costantinopoli.

La caduta di Novgorod aprì il passo all’ordine Teutonico, il quale, col nome di conversione religiosa, applicò un feudalismo feroce ai popoli slavi del Baltico. La ripulsione grondante odio, che questi cavalieri religiosi incontrarono, li fece sottomettersi alla Polonia. Essi salvarono così la conquista ma compromisero la potenza protettrice.

L’unione scandinava non ebbe effetto, perchè fondata sopra elementi diversi. La Danimarca e la Norvegia erano attirate verso l’Inghilterra, a causa delle loro affinità cimbriche. La Svezia, dopo la rottura del trattato di Colmar, spinta dalla sua natura slava, si avanzò verso le Provincie slave del Baltico.

Avendo abbracciata la Riforma, la Svezia ne ricavò una grande importanza militare, intervenendo in Alemagna sotto Gustavo Adolfo nella guerra dei Trenta-anni. Carlo XII volle anche egli spiegare la sua ascendenza sulle province slave, ma si trovò in [p. 278 modifica]presenza della Russia. Questa lo retrospinse, si distolse così dalle guerre oscure dell’Asia e si rivelò all’Europa stupefatta.

La Russia si rivelò avendo i piedi sulle tre sue rivali: la Turchia, la Polonia e la Svezia. Si rivelò, avendo alla sua testa un principe riformatore, d’origine germanica, che sopraponeva la civiltà occidentale alla civiltà slava, cui nè la Prussia, nè l’Ungheria, nè la Polonia, nè la Russia essa stessa, non avevan potuto realizzare. La civiltà di Pietro il Grande, eterogenea e superficiale, non neutralizzò la pressione, cui nell’interesse slavo le facevano, e fanno, le masse. Essa mantiene quindi la Russia in un eretismo continuo ed in lotta con il movimento che si sviluppa nel resto dell’Europa. Ma ciò appunto crea sordamente una rottura irreparabile tra lo Tzarismo, istituzione asiatica germanizzata, e la razza slava.

Contro lo spirito di questa razza l’Austria tenne il patibolo rizzato in permanenza per sei mesi in Ungheria; chiamò, più tardi, lo Tzar per schiacciare i Maggyari; consacrò la servitù della Boemia per supplici rinnovellati. Contro lo spirito di questa razza, le tre potenze che possedevano popoli slavi, si divisero la Polonia — tra le quali potenze la meno colpevole fu sicuramente la Russia, che obbediva alla sua natura slava e che covava dei lunghi odi e delle gelosie implacabili. Ma l’anima slava è restata inconcussa. Lo spirito occidentale della dinastia dei Romanof è adesso la pietra d’intoppo della razza slava — per gli uni, perchè lo trovano eccessivo, per gli altri, perchè non lo trovano abbastanza audace.