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presenza della Russia. Questa lo retrospinse, si distolse così dalle guerre oscure dell’Asia e si rivelò all’Europa stupefatta.

La Russia si rivelò avendo i piedi sulle tre sue rivali: la Turchia, la Polonia e la Svezia. Si rivelò, avendo alla sua testa un principe riformatore, d’origine germanica, che sopraponeva la civiltà occidentale alla civiltà slava, cui nè la Prussia, nè l’Ungheria, nè la Polonia, nè la Russia essa stessa, non avevan potuto realizzare. La civiltà di Pietro il Grande, eterogenea e superficiale, non neutralizzò la pressione, cui nell’interesse slavo le facevano, e fanno, le masse. Essa mantiene quindi la Russia in un eretismo continuo ed in lotta con il movimento che si sviluppa nel resto dell’Europa. Ma ciò appunto crea sordamente una rottura irreparabile tra lo Tzarismo, istituzione asiatica germanizzata, e la razza slava.

Contro lo spirito di questa razza l’Austria tenne il patibolo rizzato in permanenza per sei mesi in Ungheria; chiamò, più tardi, lo Tzar per schiacciare i Maggyari; consacrò la servitù della Boemia per supplici rinnovellati. Contro lo spirito di questa razza, le tre potenze che possedevano popoli slavi, si divisero la Polonia — tra le quali potenze la meno colpevole fu sicuramente la Russia, che obbediva alla sua natura slava e che covava dei lunghi odi e delle gelosie implacabili. Ma l’anima slava è restata inconcussa. Lo spirito occidentale della dinastia dei Romanof è adesso la pietra d’intoppo della razza slava — per gli uni, perchè lo trovano eccessivo, per gli altri, perchè non lo trovano abbastanza audace.