Le Nuvole (Aristofane-Romagnoli)/Parabasi
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PARABASI
corifeo
Vi dirò, spettatori, liberamente il vero,
10 giuro per Dioniso che crebbe il mio pensiero.
Così vincere io possa, m’abbia così nomea
di sapiente vate, come io, che ritenea
voi spettatori acuti, e questa la migliore
mia commedia — sovr’essa versai tanto sudore! —
stimai che voi goderne doveste la primizia!
Pur me la dovei battere, in onta alla giustizia,
vinto da dei buffoni. Ond’è ch’or vi rampogni,
oh accorti, per cui spesi le mie fatiche. Ad ogni
modo, a chi più capisce, fra voi, non verrò meno.
Da che fra gente a cui dolce è parlar, si pieno
successo ebbero il Casto e il Dissoluto, ch’ io
esposi — non potevo darli per frutto mio,
ch’ero zitella: un’altra li prese e adottò; poi
11 nutriste e allevaste da generosi voi —
da quel di pegno ho certo della saggezza vostra.
Or, come Elettra, questa commedia a voi si mostra,
ben conoscere il ricciolo saprà di suo fratello! Che garbo è il suo, vedete! Prima di tutto, è giunta senza quel cuoio pendulo, marchiano e rosso in punta, che fa ridere i bimbi; poi non balla il trescone, non dà la berta ai calvi; né il vecchio col bastone canta ariette, e picchia chi gli càpita sotto, perché le busse scusino ogni pili insulso motto; né squassa in corsa fiaccole, né strilla: evviva, evviva! In sé solo fidando, sol nei suoi versi, arriva! Tal poeta io mi sono: e non mi gonfio; né cerco d’infinocchiarvi, con 1 ammannir due, tre volte la stessa roba: mi stillo il comprendonio per trovare idee nuove, non del solito conio, tutte quante ingegnose. Io son quei che, percosso Cleone in piena pancia, quand’era un pezzo grosso, quando lo vidi a terra, più non gli feci offesa. Gli altri, da poi che Iperbolo die’ una volta a lor presa, quel misero e sua madre pestan sotto le piante, senza tregua. Schiuse Eupoli la via col Maricante, dove i miei Cavalieri travesti alla carlona, fior di birba, ficcandoci quella vecchia sbomiona che ballava il trescone — quella che in una scena di Frinico, finiva in bocca a una balena. E dopo, Ermippo anch’egli ha scritto contro Iperbolo, e tutti, un dopo l’altro, s’attaccano ad Iperbolo, rubando a me l’immagine delle anguille. Non piaccia mai ciò ch’ io scrivo, a quanti ridono a tal robaccia: ma se le mie trovate vi procaccian diletto,
voi stimeranno i posteri persone d’intelletto.
Strofe CORO
Giove elle in cielo domina,
dei Beati il possente
Signore, prima a questa danza invito;
e lui che il formidabile tridente
vibra, e le amare squassa acque del pelago
selvaggiamente e il lito;
e il nostro genitore
che tutto nutre, il venerando e celebre
Ètere; e il reggitore
dei corsieri flammei, che domina
coi folgoranti lumi
la terra, eccelso Dèmone
fra gli uomini ed i Numi!
corifeo
Rivolgete a noi la mente, spettatori benaccorti:
ci lagnam con voi, d’avere ricevuti gravi torti.
Mentre più d’ogni altro Nume vi largiam noi benefizi,
solo a noi non offerite libagioni e sacrifizi.
Pur, noi sempre vi assistiamo 1 Quando certe spedizioni
preparate senza testa, noi siam li, con pioggia e tuoni.
così, quando generale proclamaste il conciapelle
Paflagone, odio dei Numi, ne facemmo delle belle!
Aggrottammo il sopracciglio, cupo il tuono rimbombò
tra le folgori, Selene la sua rotta abbandonò,
ed il sole, in sé torcendo lo stoppin, disse: «Mi nego
di più stare a farvi lume, se Cleone andrà stratego! »
Nondimeno, l’eleggeste: già, si sa che quei d’Atene
sempre male si consigliano, ma gli Dei volgono a bene
ogni loro strafalcione. Quanto a trarre giovamento
da quest’ultimo sproposito, ve l’insegno in un momento.
Quel gabbiano di Cleone pria convincere bisogna
di rapina e corruzione, poi la strozza entro la gogna
incastrargli. E allora, pure se incappate in qualche errore
come avvenne pel passato, tutto andrà per la migliore.
Antistrofe C0R0
Anche tu scendi, o delio
Signor, fra il nostro coro,
tu che tieni le cinzie eccelse vette;
e tu. Dea, che in Efèso il tempio d’oro
abiti, ove con gran pompa t onorano
le lidie giovinette;
e Palla, che sostiene
l’ègida, Dea di nostra terra indigena,
protettrice d’Atene;
e quei che schiara del Parnaso i vertici
con faci rutilanti,
dell’orge re, Diòniso,
fra delfiche Baccanti!
corifeo
Antepirrema
Mentre s’era sulle mosse per venire, con Selene
c’incontrammo: e che facessimo tanti auguri a quei d’Atene
pria ci disse, e agli alleati. Quindi aggiunse come fosse
corrucciata con voialtri: glie ne fate delle grosse,
Già una draijima almen di fiaccola risparmiar vi fa ogni mese. Come 4>ce questo o quello, nell’uscire, mentre imbruna? « Non comprar, bimbo, la fiaccola: ve’, che bel chiaro di luna! » E vi fa, dice, tant’altro bene. E voi, che imbroglio fate, che su e giù, senz’alcun ordine, confondete le giornate? E poi, quando a denti asciutti se ne tornano gli Dei dai festini a casa loro, se la pigliano con lei, che le feste non trovarono computate nel lunario. Così voi, quando si devono offrir vittime, al contrario giudicate, torturate. Quando in cielo ci s’abbruna per Sarpèdone, per Mènnone, noi Celesti, e si digiuna, voi trincate e sghignazzate. E noialtri, per protesta, quando membro alle Amfiziònie andò Iperbol, dalla testa gli strappammo la corona. E così l’avrà capita, che conviene sulla luna regolar la propria vita!