se a caso trovi un pubblico di gusto al par di quello:
ben conoscere il ricciolo saprà di suo fratello!
Che garbo è il suo, vedete! Prima di tutto, è giunta
senza quel cuoio pendulo, marchiano e rosso in punta,
che fa ridere i bimbi; poi non balla il trescone,
non dà la berta ai calvi; né il vecchio col bastone
canta ariette, e picchia chi gli càpita sotto,
perché le busse scusino ogni pili insulso motto;
né squassa in corsa fiaccole, né strilla: evviva, evviva!
In sé solo fidando, sol nei suoi versi, arriva!
Tal poeta io mi sono: e non mi gonfio; né
cerco d’infinocchiarvi, con 1 ammannir due, tre
volte la stessa roba: mi stillo il comprendonio
per trovare idee nuove, non del solito conio,
tutte quante ingegnose. Io son quei che, percosso
Cleone in piena pancia, quand’era un pezzo grosso,
quando lo vidi a terra, più non gli feci offesa.
Gli altri, da poi che Iperbolo die’ una volta a lor presa,
quel misero e sua madre pestan sotto le piante,
senza tregua. Schiuse Eupoli la via col Maricante,
dove i miei Cavalieri travesti alla carlona,
fior di birba, ficcandoci quella vecchia sbomiona
che ballava il trescone — quella che in una scena
di Frinico, finiva in bocca a una balena.
E dopo, Ermippo anch’egli ha scritto contro Iperbolo,
e tutti, un dopo l’altro, s’attaccano ad Iperbolo,
rubando a me l’immagine delle anguille. Non piaccia
mai ciò ch’ io scrivo, a quanti ridono a tal robaccia:
ma se le mie trovate vi procaccian diletto,
voi stimeranno i posteri persone d’intelletto.