La vigna sul mare/Natura in fiore

Natura in fiore

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Il piccione Giochi

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NATURA IN FIORE

Tutti gli anni, per Pasqua, da tempi remotissimi, veniva giù a far colazione dai Bardi un frate cappuccino. Veniva giù, da dove? Pasqua non lo sapeva precisamente, da dove, ma s’immaginava un luogo bellissimo, poiché suo padre assicurava che frati e suore si scelgono apposta, per i loro monasteri, i punti più ameni del mondo: giù, dunque, dalla cima violetta di un monte, fasciato di boschi, solcato di rivoli sui margini dei quali crescono gli anemoni, e le ghiandaie scendono a bere ed a bagnarsi le ali celesti.

Il frate, invero, portava con sé un colore e un odore di terriccio di castagno, mentre le punte delle dita dei piedi, nudi entro i sandali di corteccia, ricordavano certi funghi carnosi: e, sebbene cambiasse quasi tutti gli anni, per la famiglia Bardi era sempre lo stesso, come ai tempi di San Francesco: il suo piatto, a tavola, anche, sempre lo stesso, e guai se fosse venuto a man[p. 143 modifica]care, il giorno di Pasqua: poiché l’uno e l’altro significavano tante cose grandi: la religione degli avi, il ritorno della primavera, la benedizione di Dio, e sopratutto la tradizione.

Pasqua, però, fin da bambina aspettava il frate per la novità della cosa, e perché, per lui, quel giorno, si mangiavano cibi insoliti e prelibati; specialmente, poi, perché egli raccontava storie di santi, di diavoli, di antichi guerrieri e di martiri, che facevano a volte rabbrividire, a volte anche ridere.

Quell’anno la sua attesa era più viva che per il passato: quasi trepida, anzi inquieta. Verrà o non verrà, il frate? Perché qualche anno, sì, egli era mancato al banchetto. Verrà, dunque, o no? Se viene vuol dire che Pasqua troverà il fidanzato; se no resterà come le sue vecchie zie che si confortano, per mancanza di sposo, con l’andare tutti i giorni in chiesa e poi parlar male di tutto e di tutti.

Questo destino, a pensarci bene, Pasqua non lo temeva eccessivamente, per sé: c’era tempo, a disperarsi, anche se il frate quell’anno non arrivava: poiché giusto quel prossimo giorno di Pasqua ella compiva tredici anni. [p. 144 modifica]

*

Tuttavia ci fu un momento di panico quando, già apparecchiata la tavola, già, in cucina, pronti ad esser buttati nell’acqua in bollore i cappelletti che odoravano simili a giunchiglie senza stelo, mentre le campane risuonavano come cembali nella festa della bella giornata, il frate ancora non appariva. Tutti lo aspettavano con ardore nascosto; anche le vecchie zie, che rivedevano in lui gli antichi sogni, che, anzi, civettavano con lui: anche la nonna quasi centenaria, che ricordava annate di cattivo raccolto e di sventure domestiche, quando egli era mancato: e tutti, compreso il capo della famiglia, sebbene spregiudicato e niente religioso, si sollevarono dal loro smarrimento quando l’ospite sacro finalmente arrivò.

E tanto più si rallegrarono, riconoscendo in lui padre Flaminio, che era venuto tanti anni prima, da giovane, e adesso tornava in apparenza invecchiato, con la barba grigia come un’onda a sera, ma con gli occhi sempre da serafino: anche la bocca ridente era sempre quella, anzi più scintillante ancora, per i denti d’oro che l’adornavano.

Le vecchie zie gli si fecero intorno, arrossendo fanciullescamente; ed anche il capo della famiglia [p. 145 modifica]aprì le braccia possenti come per stritolarlo contro il suo petto da capitano di corazzieri: ma il frate, che in quanto a robustezza soda e agreste non la cedeva a nessuno, volse tutta la sua attenzione, quasi innamorata, alla nonna quieta, facendole segni di benedizione e di augurio: «Siamo ancora qui, nonna, qui, fra il chiarore del fuoco e quello delle rose di aprile, e ci resteremo ancora per lunghi anni, poiché il Signore si dimentica volentieri di chiamare a sé quelli che vivono senza peccato».

— E questa signorina, — domandò poi, volgendo il viso raggiante a Pasqua, — questa bella moretta, che mi par già di aver conosciuto in Arabia?

— È Pasqua, il nostro unico e tardivo rampollo — dice il genitore, dandole sulle spalle una manata, che, per quanto amorosa e orgogliosa, la fa trabalzare e ingrugnire, spingendola ad allontanarsi da lui per sfuggire ad ulteriori manifestazioni di affetto.

— A tavola, a tavola. E ci racconti dove è stato tutti questi anni, padre Flaminio.

Egli fece un cenno, per calmare la zia impetuosa che troppo voleva; ma per gentilezza, mentre ella gli colmava il piatto, disse, mandando in su le sue grandi maniche:

— Si figuri: ho fatto il giro del mondo. [p. 146 modifica]

*

— Ho fatto anche la guerra, — osservò, come fra sé, quando si accorse che era il momento di compensare gli ospiti della loro generosità, con qualche cosa che li saziasse e li esaltasse come il loro cibo e il loro vino, — ma non voglio raccontarvene che il lato bello. Disgraziatamente fui anch’io fatto prigioniero, e portato in un campo di concentrazione al nord dell’Austria: un luogo tutto pietre, arido, caldissimo d’estate e siberiano d’inverno. Eravamo in molti, ammassati come belve in un recinto di rocce: fame, sete, tristezza, insetti così grossi che si doveva schiacciarli coi sassi. Io tuttavia conservavo la mia serenità, direi anzi la mia allegria, e cercavo di infonderla agli altri. In uno solo non ci riuscivo: un giovane tenente di fanteria, sempre cupo e avvilito, che non parlava mai, che tentava costantemente d’isolarsi, e verso sera si arrampicava su una roccia, a fissare l’orizzonte, quasi aspettasse un segno del cielo che illuminasse la sua disperazione. Ed ecco, una volta, io mi avvicino a lui, piano piano, e gli dico sottovoce:

— Fratello, forse io posso fare qualche cosa per voi. A giorni, con l’aiuto di Dio, io sarò, [p. 147 modifica]per l’indulgenza concessa ai cappellani di guerra, portato di qui in un convento, dal quale, sebbene all’estero, potrò forse comunicare con la patria nostra diletta. Se voi avete fiducia in me...

Egli non mi lasciò proseguire; e mai dimenticherò il suo sguardo di riconoscenza. Disse:

— Sì, al mondo io non ho che una sola persona cara: la mia piccola fidanzata, che da lungo tempo nulla sa di me, e forse mi crede morto. Ebbene, fate in modo ch’ella sappia che io sono vivo; e sopratutto che l’essere prigioniero non è segno, in me, di viltà.

E mi diede l’indirizzo di lei. Che volete? Sono cose che nel mondo succedono. Io conoscevo questa ragazza; non solo, ma ero stato il suo confessore! Grande fu dunque, quasi per un miracolo, la gioia del prigioniero. E più grande fu la mia, quando due anni dopo, finita la guerra, chi unì in matrimonio i due giovani fui proprio io.

*

Pasqua mangiava con buon appetito, ed anzi profittava della reverente attenzione che gli altri prestavano al frate, per servirsi meglio: tuttavia provava un turbamento pensoso, più che per [p. 148 modifica]i racconti ascoltati, per quello che le sembrava significassero.

Sì, non solo il frate era venuto, dalla lontananza dei tempi, e ancor più lungi della cima dei monti: era venuto dai campi di guerra, dai deserti, dai paesi dei pagani; da luoghi, insomma, donde è quasi miracoloso tornare: e raccontava, lui votato a Dio, storie di amore, di amanti che si ricongiungono, di matrimoni straordinarî. E tutto questo per lei, per significarle che Dio, dunque, le avrebbe permesso di trovare marito.

Semplici cose della vita, affermava padre Flaminio, raccontando altre avventure che sembravano inverosimili, ma alle quali la sua voce timbrata dava un accompagnamento di recitativo musicale: sì, semplici, per lui, forse anche per gli altri, non per lei, che ne sentiva tutto l’intricato, indissolvibile mistero: tanto che, mentre egli riproduceva, con voce tenorile, la melodia di un nostalgico canto dialettale, per mezzo del quale, in alto oceano, in un grande transatlantico, si era riconosciuto con un suo amico d’infanzia, ella scappò via da tavola e corse alla loggia.

E le parve di essere abbacinata, come quando la neve copriva il frutteto sotto la sua casa, e il sole l’arricchiva di prismi iridati: era la cascata dei fiori dei peschi, dei susini, dei peri e dei cotogni: anche i meli fiorivano già, con [p. 149 modifica]perle rosa dentro i loro bocci, com’ella sentiva fiorire il suo cuore e il suo seno. Ed anche queste erano tutte cose semplici, per gli altri; per lei, invece, tanto nuove e quasi paurose che ella si sporse sulla loggia e le sue lagrime caddero sugli alberi in fiore.