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care, il giorno di Pasqua: poiché l’uno e l’altro significavano tante cose grandi: la religione degli avi, il ritorno della primavera, la benedizione di Dio, e sopratutto la tradizione.

Pasqua, però, fin da bambina aspettava il frate per la novità della cosa, e perché, per lui, quel giorno, si mangiavano cibi insoliti e prelibati; specialmente, poi, perché egli raccontava storie di santi, di diavoli, di antichi guerrieri e di martiri, che facevano a volte rabbrividire, a volte anche ridere.

Quell’anno la sua attesa era più viva che per il passato: quasi trepida, anzi inquieta. Verrà o non verrà, il frate? Perché qualche anno, sì, egli era mancato al banchetto. Verrà, dunque, o no? Se viene vuol dire che Pasqua troverà il fidanzato; se no resterà come le sue vecchie zie che si confortano, per mancanza di sposo, con l’andare tutti i giorni in chiesa e poi parlar male di tutto e di tutti.

Questo destino, a pensarci bene, Pasqua non lo temeva eccessivamente, per sé: c’era tempo, a disperarsi, anche se il frate quell’anno non arrivava: poiché giusto quel prossimo giorno di Pasqua ella compiva tredici anni.