La via del rifugio/I sonetti del ritorno

I sonetti del ritorno

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L'amica di nonna Speranza La differenza


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I SONETTI DEL RITORNO





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I.


 
Sui gradini consunti, come un povero
mendicante mi seggo, umilicorde:
o Casa, perchè sbarri con le corde
di glicine la porta del ricovero?

La clausura dei tralci mi rimorde 5
l’anima come un gesto di rimprovero:
da quanto tempo non dischiudo il rovero
di quei battenti sulle stanze sorde!

Sorde e fredde e buie... Un odor triste
è nell’umile casa centenaria 10
di cotogna, di muffa, di campestre...

Dalle panciute grate secentiste
il cemento si sgretola se all’aria
rinnovatrice schiudo le finestre.

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II.


Il profumo di glicine dissìpi
l’odor di muffa e di cotogna. Sotto
la viva luce palpiti il salotto!
E il mio sogno riveda i suoi princìpi

nei frutti d’alabastro sugli stipi — 5
martirio un tempo del fanciullo ghiotto —
nei fiori finti, nello specchio rotto,
nelle sembianze dei dagherottipi.

O Casa fra l’agreste e il gentilizio,
coronata di glicini leggiadre, 10
o in mezzo ai campi dolce romitaggio!

Fu bene in te, che, immune d’artifizio,
serenamente il padre di mio padre
visse la vita d’un antico saggio!

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III.


O Nonno! E tu non mi perdoneresti
ozi vani di sillabe sublimi,
tu che amasti la scienza dei concimi
dell’api delle viti degli innesti!

Eppur la fonte troverò di questi 5
sogni nei tuoi ammonimenti primi,
quando, contento dei raccolti opimi,
ti compiacevi dei tuoi libri onesti:

il tuo Manzoni... Prati... Metastasio...
Le sere lunghe! E quelle tue malferme 10
dita sui libri che leggevi! E il tedio,

il sonno... il Lago... Errina... ed il Parrasio...
E in me cadeva forse il primo germe
di questo male che non ha rimedio.

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IV.


Nonno, l’argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri:
passi tra i fichi, tra i susini e i peri
con nelle mani un cesto di primizie:

«Le piogge di settembre già propizie 5
gonfian sul ramo fichi bianchi e neri,
susine claudie... A chi lavori e speri
Gesù concede tutte le delizie!»

Dopo vent’anni, oggi, nel salotto
rivivo col profumo di mentastro 10
e di cotogna tutto ciò che fu.

Mi specchio ancora nello specchio rotto,
rivedo i finti frutti d’alabastro...
Ma tu sei morto e non c’è più Gesù.

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V.


O tu che invoco, se non fosse l’io
una sola virtù dell’Apparenza,
ritorneresti dopo tanta assenza
tra i frutti del frutteto solatio.

Verresti dal frutteto dell’oblio, 5
d’oltre i confini della conoscenza,
a me che vivo senza fedi, senza
l’immaginosa favola d’un Dio...

Ma non ritorni! Sei come chi sia
non stato mai, o tu che vai disperso 10
nel tutto della gran Madre Natura.

Ohimè! Sul pianto pianto nella via
l’implacabilità dell’Universo
ride d’un riso che mi fa paura.

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VI.


«Beati mortui qui in Domino moriuntur»
(Cartiglio dell’orologio solare).


Avventurato se colui che visse
pellegrinando, eppur così v’agogna,
o vecchie stanze, aulenti di cotogna,
o tetto dalle glicini prolisse,

avventurato se colui morisse 5
in voi! E in Te, Gesù, nella menzogna
dolce, rendesse l’anima che sogna
alle tue buone mani crocefisse!

Questo è nei voti del perduto alunno,
o Gesù Cristo! Un letto centenario 10
m’accolga sotto il mónito dell’Ore.

Ritorna la viola a tardo autunno...
non morirò premendomi il rosario
contro la bocca, in grazia del Signore?