La leggenda di Tristano/LXXIV
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LXXIV. — A tanto sí si rimane T. di non andare la notte dinfino alo mattino. Molto fae grande pianto T. tutta la notte per madonna Isotta e in quella notte non dormi egli né poco ned assai. E quando venne appressando lo giorno e T. che molta ira hae trapassata quella notte con grande doglia, sí chiama Governale ch’egli gli aparecchi l’arme e sí gli dice ch’egli sí gli faccia compagnia. E Governale cosí fae. A tanto si fue armato T. e incomincia a chiamare Governale che gli porti lo scudo e la lancia. E cavalcano tanto che vennero alo prato lá dove Sigris iera abattuto. E T. toca lo cavaliere cola lancia, credendo egli che fosse morto, e lo cavaliere levoe alta la testa e T. vide ch’egli era vivo. E T. gli disse: «Cavaliere, come ista’ tue?». E quegli rispuose e disse: «lo istarei bene sed io fosse aiutato». Allora T. cavalca tanto ch’egli ritrovoe lo cavallo di Sigris, e puoselo a cavallo e menollo a una badia di monaci, la quale iera presso di quello luogo e raccomandollo assai ali monaci. Or sí parte T. da Sigris e torna a Governale e cavalca tanto che vegnono ala foresta, lá dove ierano due vie, le quali vie l’una andava per lo diserto e l’altra andava di fuori. Disse T. a Governale: «Piglia tu la via di fuori del diserto ed io piglierò quella dentro delo diserto». Disse T. a Governale: «Se tanto aviene che tue truovi Pallamides, torna a me per la via delo diserto e io sí cavalcherò tutto pianamente». Allora disse Governale che lo fará volontieri. Allora cavalca Governale e trovò lo fiume lo quale madonna Isotta avea passato, e passando dall’altra parte vide la torre delo varvassorio. E cavalcando in quella parte per dimandare di novelle ed egli sí vide Pallamides giacere lungo lo fosso dela torre. E Governale incomincia a chiamare Pallamides e Pallamides non udia Governale, ché dormia. Allora Governale ismontoe da cavallo e pigliollo per l’elmo e incomincialo a chiamallo, e tanto lo chiamò e tanto lo tirò per l’elmo che Pallamides fue isvegliato. E Governale disse a Pallamides: «Per aventura tu non fai bene che tue istai qui in tale maniera. E non sai tue che se T. lo buono cavaliere ti truova, che tue sarai [in] aventura dela persona?». Allora rispuose Pallamides e disse: «Se T. fosse con meco quie, non credo ch’elli mi togliesse quello ch’io abo guadagnato lealmente. Ma tu perché m’hai isvegliato dlo piú dolce sonno, che mai avesse neuno cavaliere? ché io si iera cola mia donna in grande sollazzo e in grande allegrezza, e tu se’ venuto ed hámi tolto lo mio sollazzo. Ma se tu fossi cavaliere, tu Scatteresti bene cara. Or ti dico che tu ti parti di qui, ch’io voglio sapere s’io truovo cosí dolce sonno com’ie avea ora indritto». Allora si pose giuso a dormire. E Governale torna inverso T. e truova T. nelo diserto e contogli sí come avea trovato Pallamides a piede d’una torre. Allora torna T. e Governale inverso la torre, lá dove avea trovato Pallamides. E T. quando vide che Pallamides dormia, disse: «Vae chiama Pallamides e digli che vegna ala battaglia, ch’io l’aspetto». Ed allora sí ritorna Governale a Pallamides e prendelo a chiamare, e Pallamides non intendea neente di queste cose. E allora Governale sí ismontoe giuso da cavallo e prese anche Pallamides per l’elmo e comincialo a tirare per grande forza. E tanto lo tiroe che Pallamides si fue isvegliato. E dappoi che fue isvegliato, vide ch’iera lo scudiere, quegli che altra volta l’avea isvegliato e trattolo di si dolce pensiero ov’egli iera, che gli parea essere cola sua donna a tanto compimento d’amore. Ed egli disse alo scudiere: «Iscudiere, tu se’ troppo folle, e dicoti, se tu fossi cavaliere, tu l’acatteresti caro ciò che tu fatto m’hai». E Governale rispuose e disse: «Io sí vi dico che voi sí dobiate prendere l’arme, che lo tuo pensiero non ti vale neente, ché messer T. t’aspetta alla battaglia». E quando Pallamides intese che T. aspettava lui ala battaglia, incontanente si leva suso in piede e prende suo iscudo e sua lancia e monta a cavallo e viene via ala giostra con T. Allora sí si disfidano insieme l’uno l’altro e dappoi sí si vegnono a fedire insieme intrambodue li cavalieri ed ispezzansi le lande adosso insieme. E ferirsi sí forte insieme l’uno l’altro che intrambodue li cavalieri si vanno in terra de’ loro cavagli e li cavagli sopra li cavalieri, sí che ciascuno fue assai disbrigiato di questo cadere. E incontanente sí si rilevano suso intrambi li cavalieri e sí mettono mano ale spade e viene l’uno inverso l’altro e incominciansi a fedire dele spade e a dare di grandi colpi, sí che in poca d’ora non vi n’ha nessuno di loro che non abia assai fedite e che a ciascuno fae bene bisogno di riposarsi del combattere. E madonna Isotta, la quale istae ala finestra e vede T. combattere, molto n’è allegra perch’egli combatte per suo diliveramento. Ma molto este dolente quando videa li grandi colpi che Pallamides dava a T. e molto si disconforta madonna Isotta dela battaglia delo primo assalto. Ma dappoi che fuorono riposati intrambi li cavalieri, sí rincominciano lo secondo assalto e T. sí ’ncomincia a fedire Pallamides ed a dagli di grandi colpi, sí che in poca d’ora incominciò a menare Pallamides a tutta sua volontade. E madonna Isotta, vedendo la battaglia e conosciendo la ventura la quale aveano, sí come donna che n’iera usata di vedere, incontanente sí conosce bene che Pallamides ha lo peggiore dela battaglia, e ch’ala fine egli non potrebe durare con T. Ma li due cavalieri sí si servono d’altro che di parole, li quali sí si danno di molto grandi colpi e d’una parte e d’un’altra, e ali colpi sí conosce bene Pallamides che alo ferire dele spade T. non è suo amico, e conosce bene Pallamides che alo diretano dela battaglia e’ non potrae durare con T. E non potea credere che in Tristano fosse tanta forza quanta v’iera né tanta prodezza. Allora vedendo madonna Isotta li due cavalieri combattere e veggendo la loro prodezza, disse infra se medesima: «Qualunque l’uno di questi cavalieri morisse, sí ne sarebbe troppo grande damagio». E sovra ciò sí fece cosí madonna Isotta, ch’ella sí si parte incontanente dala finestra e viene ala porta e fece abassare lo ponte e uscio fuori e venne ali cavalieri. E Governale disse: «Madonna, [piacciavi di] mettere pace intra ambodue li cavalieri, sí che non muoiano in tale maniera». E la reina disse che questo fará ella volontieri, s’ella potrae. Allora comanda madonna Isotta ali cavalieri e disse: «Lasciate questa battaglia». E li cavalieri fecero suo comandamento. E la reina disse: «Lasciate istare questa battaglia, perch’io voglio [che] tu Pallamides sí mi facci uno messaggio, lo quale io ti diroe». E Pallamides rispuose e disse: «Io faroe tutto ciò che voi mi comanderete». Allora disse la reina: «Io ti comando che tu vadi ala corte delo re Arturi e saluterai dala mia parte lui e la reina Ginevra e tutta la sua corte e diragli che nel mondo non sono se non due cavalieri e due donne». Allora rispuose e disse Pallamides: «Questo messaggio farò io bene», ma bene conoscia egli che la reina lo mandava il piú per dilungallo da sé, che per far lo messaggio. Allora sí piglioe Pallamides suo cavallo ed or sí parte dala reina per fare lo messaggio, che comandato gli era. E madonna Isotta sí prende T. e Governale e menagli nela corte e comincia a cercare le fedite di T. e trovoe che non avea fedite da dubio né da damaggio. Allora disse T. a madonna Isotta che a lui sí parea ch’a questo punto e’ si potessero meglio partire e sanza meno disinore che mai, «ché voi sapete bene lo convenentre che è intra me e voi, ch’io non mi posso tenere di voi né voi di me». Allora disse madonna Isotta che a lei sí parea che fosse lo meglio di ritornare allo re Marco, anzi che andare in altra parte, imperciò che troppo biasimo gli parrebe avere. Allora disse T. che a lui sí ne parea quello che ne paresse a lei. E la notte sí si posano intrambodue li cavalieri e posano con grande gioia. Alo matino si levoe T. e sí prende l’arme sua e monta a cavallo e madonna Isotta e Governale altresí e partonsi e vienonsine a Tintoil in Cornovaglia. E cavalcando in tale maniera, si pervennero alo palagio del re Marco e quivi ismontano. E T. sí prende madonna Isotta per mano e fuerono venuti nela sala davanti alo re, lá dov’egli era co’ suoi baroni. E T. disse: «Re Marco, io vi ramento e dico che voi un’altra fiata sí dobiate meglio guardare madonna la reina Isotta e no la donate piú ad altrui, ch’egli è maggiore briga l’aquistare che non è lo donare». E allora dice lo re Marco che non darae mai e non concederae mai dono nessuno a neuna persona, ch’egli imprimieramente non ne traga sua dama.