La leggenda di Tristano/LXXIII

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LXXIII. — Or dice lo conto che lo re Marco e li baroni suoi e li cavalieri di Cornovaglia rimasero tanto dolorosi che non puono essere piú, e tutti istanno col capo inchinato e sanza dire intra loro neuna parola. In cotale maniera istanno tutto lo giorno e non vi n’ha neuno che pensasse che persona per sua prodezza diliverasse la reina. E quando viene la notte e T. sí torna da cacciare molto allegro e con grande compagna di cavalieri, e vegnono alo palagio del re Marco e truovano lo re Marco e tutti li suoi baroni istare sí come uomini morti, molto tristi. E T. si ne maraviglia molto, quando gli [p. 100 modifica] trovò istare in tale maniera. E T. sí parla alo re Marco e dice: «Ree, onde è venuto questo dolore cosí novellamente? ché stamane vi lasciai io cosí allegro ed ora v’ho trovato istare cosí doloroso». E lo re disse: «T., questo dolore è addivenuto ora novellamente ed hálomi fatto Pallamides, in questa maniera, che venne a me e dissemi che la reina sí gli avea prome[sso] uno dono, e imperciò ch’ella non si potea obrigare sanza mia volontade, sí volle ched io sí concedesse alo dono ch’ella avea promesso. Ed io non prendendo guardia al dono dar lui, sí lo concedetti lo dono, ed egli si domandoe che volea la reina Isotta, la quale ne volea menare con esso lui. Ed io quando intesi queste novelle, fune molto dolente sí com’io dovea essere, ed io sí gli dissi e pregalo assai ched e’ gli dovesse piacere di non farmi questo disinore cosí grande, sí com’era di menarne la reina. Ed io s gli disse ched egli si prendesse dell’oro e del’argento quanto volesse o altro, qualunque cosa egli volesse o gli piacesse di mia corte. Ed egli disse ch’egli amava piú sé che me. Allora sí prese la reina e sí la menò via. E non ebe in tutta Cornovaglia nessuno cavaliere lo quale arme ardisse di prendere incontra di lui, se non solamente lo cavaliere innaverato, lo quale iera in mia corte, che prese l’arme e andoe dirieto a Pallamides e non sappiamo che sí ne sia addivenuto di lui». E quando T. intese queste parole, sí ne fue molto dolente, piú che neuno altro cavaliere e disse: «Ei Dio, e chi uddio mai parlare di cosí malvagi cavalieri, sí come sono quegli di Cornovaglia, che per diliveragione di loro donna non vollero prendere arme?». E incontanente T. sí comincioe a gridare l’arme per armarsi. E lo re Marco prese l’arme e disse che non s’armerebe per nessuna maniera, e T. dice che sí farae. E allora sí gli comanda lo re Marco che perciò che T. gli era tenuto, egli si debia rimanere di non andare la notte.