La giovinezza e studi hegeliani/Nota
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NOTA
Il presente volume contiene il frammento autobiografico della Giovinezza, che rimase incompiuto per la morte dell’autore, la Logica di Hegel riassunta in quadri sinottici, il Manifesto per la traduzione del Handbuch einer allgemeinen Geschichte der Poesie unitamente a due abbozzi della Prefazione che poi, essendo la versione rimasta incompiuta, non fu pubblicata.
Gli ultimi due di questi scritti risalgono al periodo giovanile del De Sanctis e precisamente al tempo della sua detenzione a Castel dell’Ovo in Napoli. Il primo, invece, appartiene all’ultimo periodo della sua vita; tuttavia, riferendosi ai tempi dell’adolescenza e della gioventù, può essere collocato in questo volume di Memorie, lezioni e scritti giovanili, come propose il Croce nel suo disegno di edizione 1 e come fece giá il Cortese nella sua edizione 2.
Il De Sanctis cominciò a raccogliere e a scrivere le sue memorie nell’anno 1881, quando, dimessosi dal Ministero Cairoli, si ritirò a vita privata. Una noiosa malattia agli occhi lo afflisse in questi ultimi anni della sua vita e gli impedi di scrivere di suo pugno queste memorie, che egli dettò alla nipote Agnese, sua segretaria in questi ultimi anni, come si rileva da due lettere, una del 13 e l’altra del 25 dicembre 1881, la prima delle quali è indirizzata a Bruto 3 e la seconda a Enrico Amante; in questa rivolge all’amico l’invito a mandargli alcuni appunti sui particolari del periodo giovanile vissuto insieme a Napoli4.
Poiché egli contemporaneamente attendeva ai suoi studi letterari (nel 1883 si dedicò alla raccolta dei suoi articoli e delle lezioni sul Leopardi), non poté portare a termine le memorie che rimasero interrotte, per la morte sopravvenuta, al 1844. In una lettera inviata al De Meis, il 6 ottobre del 1883, e cioè poco tempo prima della sua fine, si legge: «Io sono ridotto che non posso fare una visita, non parlare in pubblico, non troppo scrivere, non troppo occuparmi. E se non fosse la mia cara nipote, sarebbe una disperazione. Ma lei fu il mio angiolo durante la malattia agli occhi: perché potei a mio agio dettarle le mie Memorie; e sono giunto sino al 1844. Quanto altro mi rimane! quante volte debbo parlare di te, di cui ho già parlato due volte. Mi sono ricordato il tuo giocatore, altro che quello di Gemisto! ed ho fatto l’analisi della scuola in que’ momenti entusiastici. Ora sto compiendo il mio Leopardi, e mi è accanto sempre lei, che mi aiuta nelle letture, nella raccolta de’ materiali, nello scrivere» 5.
Il manoscritto, rimasto incompiuto, fu affidato dalla signora Marietta Testa, vedova del De Sanctis, a Pasquale Villari6, il quale lo pubblicò quasi per intero — salvo l’ultimo capoverso del cap. I 7 — nel 1889 presso l’editore Morano di Napoli. Poiché dopo questa prima edizione non si poté più reperire il manoscritto integrale, al Villari si richiamarono tutte le edizioni successive della Giovinezza, fra cui, in particolare, quella del Cortese che vi apportò alcune lievi modifiche8. Ma nel 1958 Gennaro Savarese annunciò sul «Giornale storico della letteratura italiana»9 la scoperta di alcune pagine del manoscritto, corrispondenti ai primi dieci capitoli, e, curando la recente edizione del frammento autobiografico per le edizioni Einaudi, egli stesso si è rifatto per quella prima parte al testo manoscritto, che ha riportato integralmente, indicando via via le varianti che il Villari vi aveva apportato e che finora non era stato possibile identificare.
La presente edizione tiene naturalmente conto dell’avvenuto reperimento di parte del manoscritto, al quale si rifa (nella lezione edita dal Savarese) per i primi dieci capitoli, mentre per il resto si attiene all’edizione Villari. Tale criterio è parso il più rispondente alle finalità di questa edizione delle opere desanctisiane, che è di offrire il testo più vicino a quello pensato e dettato dal De Sanctis stesso; non soltanto, perciò, sono state ripristinate le originarie parole e forme di sapore dialettale dal Villari sostituite con toscanismi spesso arbitrari, ma sono state anche accolte — preferendole agli emendamenti del Villari — alcune «inavvertenze» e incertezze del manoscritto, più rispondenti, crediamo, al tono conversevole e confidenziale usato dall’autore nel dettare le sue memorie10. Anche per la parte in cui si segue il Villari, sono state mantenute alcune oscillazioni grafiche e alcune citazioni imprecise di opere o versi, ritenendo che il modo in cui il De Sanctis citava a mente abbia la sua importanza per rendere il tono spontaneo, familiare e colloquiale di questi ricordi11.★★★
Francesco De Sanctis compilò i Quadri sinottici della Logica di Hegel nel periodo che va dal 1850 al 1853, al tempo della sua prigionia a Castel dell’Ovo. Egli impiegò quei giorni di forzata clausura in un’operosa attività intellettuale, dedicandosi allo studio della lingua tedesca; ci è noto infatti che si servi della grammatica di Le Bas e Regnier e si esercitò leggendo le liriche di Goethe12. Queste notizie furono date al Croce da Ferdinando Flores, legato da intima amicizia al De Sanctis, al quale durante la prigionia fornì i libri necessari, inviandoli per mezzo di Giovanni De Sanctis; questi ogni giorno faceva portare il pranzo al cugino da una vecchia domestica, alla quale il De Sanctis affidava i fogli della traduzione della Scienza della logica. Nel restituire i libri, negli ultimi giorni del carcere, il De Sanctis inviò in dono al Flores anche i due manoscritti, quello del canto La prigione dedicato allo stesso Flores, e quello della Logica di Hegel riassunta in quadri sinottici. Questo manoscritto fu dato nel 1908 a Benedetto Croce dal Flores che l’accompagnò con una lettera contenente le notizie che abbiamo riferito.
Il Croce nel 1909 pubblicò sulla «Critica» (vol. VII, pp. 24i-242) un foglio del manoscritto, precisamente il quadro della categoria del finito, con le notizie relative al manoscritto, ricavate dalla lettera del Flores. Aggiunge il Croce che la riduzione in quadri sinottici della logica hegeliana è un lavoro parallelo ed indipendente rispetto alla traduzione fatta dal De Sanctis, nello stesso periodo, della Wissenschaft der Logik, il cui manoscritto finì poi nelle mani del De Meis. Il Croce, nel 1909, considerò inutile la pubblicazione dei Quadri sinottici, perché non avrebbe potuto sostituire la traduzione integrale dell’opera hegeliana; ma, dopo che la Scienza della logica è stata ormai tradotta in molte lingue e anche in Italia abbiamo la traduzione laterziana a cura di Arturo Moni (Bari, 1925), è ormai il tempo di considerare i Quadri sinottici del De Sanctis come un’opera di riduzione, indipendente dal lavoro di traduzione. Si avrebbe così il criterio più idoneo a giudicare con maggiore obbiettività la serietà, la pazienza e l’intelligenza ohe il Croce riconosce al De Sanctis in questo studio della logica hegeliana.
Non manca tuttavia una certa originalità, anche se essa è limitata e marginale. La riduzione da lui fatta dell’opera hegeliana aveva evidentemente uno scopo puramente strumentale: doveva servire solo a rendere al De Sanctis più chiaro e comprensibile il testo hegeliano. Ma, sia pure in questi limiti, essa non manca di interesse.
La riduzione, come dice il titolo, è fatta in quadri sinottici; il metodo ternario della dialettica hegeliana, che si svolge attraverso l’avvicendarsi di tesi, antitesi e sintesi, viene qui esteriorizzato nella stessa forma della stesura: il De Sanctis divide ciascuna figura della logica hegeliana, che, come è noto, si svolge secondo il metodo dialettico, in tre parti, corrispondenti al momento positivo, a quello negativo e a quello della sintesi, ed affianca l’uno all’altro. Sicché ogni quadro risulta diviso in tre paragrafi affiancati che, quando è necessario, si suddividono a loro volta ciascuno in tre parti.
Il manoscritto si trova attualmente a Napoli, nella Biblioteca Croce, e siamo grati alla famiglia Croce che ci ha permesso di prenderne visione. Esso si compone di 53 fogli, ognuno dei quali comprende, salvo qualche rara eccezione, un quadro, corrispondente ad una figura della logica, o una sezione, corrispondente a un momento di una figura. In questi 53 fogli è compresa la logica oggettiva dell’essere e dell’essenza, contenuta nei primi due volumi della Scienza della logica, ventitré dedicati all’essere, trenta all’essenza. Ognuna di queste due parti contiene, oltre alla divisione in quadri, le divisioni proprie dell’opera hegeliana, in sezioni e capitoli. I titoli delle varie ripartizioni sono in genere quelli hegeliani, e il testo non è altro che una traduzione abbreviata della Scienza della logica, di cui si riproducono, tradotte, parole e frasi e talora interi periodi. Ma il modo di riduzione e di riassunto riflette l’interesse del De Sanctis di cogliere questo o quel passaggio della Scienza della logica.
II manoscritto viene ora pubblicato per la prima volta; lo riproduciamo per intero, senza alterazioni o modificazioni sostanziali, tranne, qua e là, per la punteggiatura e per la grafia e per qualche passo, in cui era necessario chiarire il senso sulla scorta dell’opera hegeliana. Quanto alla disposizione tipografica, abbiamo creduto opportuno rinunciare all’affrancamento sinottico delle parti di ciascun quadro, perché la forma sinottica, anziché giovare alla intelligibilità del testo, lo appesantisce inutilmente. Oltre a correggere qualche mera svista materiale, o a render chiara, mediante l’interpretazione del contesto, qualche parola non facilmente intelligibile, abbiamo sempre sviluppato quelle parole abbreviate che si trovano nel manoscritto; abbiamo scritto quindi: «determinazione» per «det.e», «rapporto» per «rapp.°», «negazione» per «negaz.e» ecc. In questo lavoro di revisione abbiamo tenuto presente l’edizione del 1841 della Wissenschaft der Logik a cura di L. Henning (che indicheremo con He) e quella del 1923, a cura del Lasson (La) nonché l’edizione italiana a cura di A. Moni (Mo) per la traduzione.
Nel manoscritto, poi, si presentano alcuni passi di lettura incerta, a causa di rimaneggiamenti o di parole sovrapposte, oppure per una svista, che contraddice al significato del passo. Indichiamo questi passi col riferimento alla pagina della presente edizione ed al foglio del manoscritto:
p. i85 r. i0: «Esistere - essere determinato - finito», ms (f. r. 2): sotto la parola «finito» si legge «relativo», ma La: «endliches», Mo «finito»;
p. i94 r. 32: «rapportarsi negativamente alla sua limitazione», ms (f. 7): sotto «limitazione» era scritto «determinazione»;
P. i95 r. 3i: «Fichte», ms (f. 7, 2): «Fitchte»;
p. 203 r. 27: «l’essere, che nella instabilità», ms (f. i0): sotto queste parole si legge «negazione della negazione»;
p. 205 r. 25: «Ma l’uscito è se stesso», ms (f. i2): «Ma l’uscito è se stessa»;
p. 209 rr. 24 sgg.: «Ciascun grado, rapporto su di sé tra una pluralità di simili intensità, è in essenziale rapporto con le altre, ed ha in questa continuità la sua determinazione o qualità — non indifferente all’estrinseco e rapportato in sé ad esso»: abbiamo inserito il «non» per chiarire il discorso; La: «die nicht gleichgultige Beziehung auf das Aüsserliches»;
p. 2i0 r. 2i: «L’Uno è il Quantum come infinito», ms (f. 14, 3): «L’uno e il Quantum come infinito»; La: «Das Eins ist Unendlich»;
p. 2i3 rr. 7 sgg: «Il quantum è così non solo in rapporto, ma è posto come rapporto — quantum che ha in sé la qualitativa determinazione», ms (f. i6): sotto «qualitativa» si legge «quantitativa»; La: «das jene qualitative Beziehung»;
p. 222 r. i5: «Cosi è posto un passaggio dell’indifferente quantitativo rapporto»; in ms (f. 20) non è chiaro se sia «dell’indifferente» o «dall’indifferente»; adottiamo la prima lezione perché correlativa a «dello specifico essere determinato»; La: «der»;
p. 225 r. 33: «In esso la misura e le sostanzialità poste con essa», ms (f. 22); «In esso la misura e le sostanzialità poste con esse».
Essenza:
P. 249 r. ro: in ms (f. 24) manca «Sezione seconda»;
p. 261 rr. i5 sgg.: «e così essendo la totalità delle determinazioni del contenuto e de’ suoi mutamenti corrispondente al mondo apparente», ms (f. 39): «e così la totalità delle determinazioni essendo e de’ suoi mutamenti corrispondente al mondo apparente»;
p. 267 rr. ii sgg.: «la sua riflessione supponente e la rapportantesi su di sé sono in questa determinazione differenti: quella una forza estrinseca sussistente per sé, questa passiva in rapporto a lei», ms (f. 41): «la sua riflessione supponente e la rapportantesi su di sé sono in questa determinazione differenti: quella una forza estrinseca sussistente per sé, quella passiva in rapporto a lei»;
p. 268: in ms (f. 42) il secondo paragrafo è diviso in due parti distinte, l’uno di fianco all’altra; la seconda è collegata alla prima con «(seguita)», che abbiamo eliminato, facendo seguire le parti l’una all’altra;
p. 269 r. i8: «al loro terzo o alla loro unità», in ms (f. 42) non è chiaro se sia «o» oppure «e»; abbiamo quindi seguito Mo (p. 181);
p. 273 r. i: «l’assoluta forma che come duplicità è identica con sé» ms (f. 44) «l’assoluta forma che come duplicità è identico con sé»: abbiamo concordato tutto con «forma», del cui concetto si parla, in correlazione al passo precedente, in cui si trattava dell’assoluto contenuto
★★★
Anche la traduzione del Handbuch einer allgemeinen Geschichte der Poesie di Karl Rosenkranz è del periodo della prigionia a Castel dell’Ovo. Anzi essa deve la sua esistenza, in un certo senso, proprio alla prigionia; infatti il De Sanctis, uscito di prigione nel i853 e andato in esilio, non prosegui più la traduzione e non scrisse nemmeno quello che aveva promesso nel Manifesto, come sviluppo e completamento dell’opera.
La pubblicazione della traduzione, eseguita dalla stamperia Del Vaglio di Napoli, nel i853, si ferma ai due primi volumi, sebbene in un grosso fascicolo di manoscritti, conservato fino a qualche tempo fa nella Biblioteca Provinciale di Avellino, vi fosse il materiale per il terzo volume. I due volumi, che portano sulla verde copertina il titolo Manuale di una storia generale della poesia ma non indicano il nome del traduttore, furono pubblicati per le cure assidue di Ferdinando Flores e di Bruto Fabbricatore; ma, forse perché incompleti, non ebbero molta fortuna e ben presto scomparvero, per riapparire, come dice il Croce13 e come ripete il Cortese14, intorno al 19i0, in un numero esiguo di copie, sui banchi dei venditori napoletani.
Il De Sanctis ne annunziò nel i852 la pubblicazione con un Manifesto anonimo, ma con certezza da lui compilato. Il Croce, poi, trovò un notevole numero di copie del Manifesto in un gruppo di carte desanctisiane a lui donate dalla famiglia del Flores e lo pubblicò nella «Critica» del 19i2, con alcune brevi notizie.
Il Manifesto è stato riprodotto dal Cortese nel secondo volume di Memorie e scritti giovanili (pp. 2i3-i5) senza alcuna modificazione, tranne una, laddove scrive «Jacobi» per «Jakob», così come è nell’originale.
I due frammenti della Prefazione furono pubblicati nel i93i da Carlo Muscetta nella «Nuova Italia» (pp. 63-65); insieme, il Muscetta pubblicò uno dei tre abbozzi conservati fra le stesse carte, l’unico che gli sembrasse «contenere qua e là concetti non espressi e frasi caratteristiche del De Sanctis per concisione e profondità di pensiero», mentre gli altri due, rimasti perciò inediti, erano, secondo il Muscetta, «quasi interamente rifusi nei frammenti». I frammenti furono poi riprodotti dal Cortese integralmente, salvo per le aggiunte che l’autore stesso aveva cancellato (a p. 300, r. 25, dopo «della sua esposizione» seguiva, cancellato; «Del qual noi vogliamo discorrere alquanto, perché il lettore abbia un concetto quanto si può chiaro e del suo scopo e della sua qualità intrinseca»; a p. 30i, r. 36, dopo «alla contraddizione» c’era, cancellato: «mediante una reciprocanza d’azione»).
Non ci è stato possibile consultare per questi frammenti il manoscritto, già conservato presso la Biblioteca Provinciale di Avellino, poiché nel i936 la direzione della Biblioteca lo donò al dr. Tullio Tamburini, allora prefetto di Avellino, il quale, emigrato in seguito in Argentina, portò con sé a Buenos Aires — secondo quanto egli stesso ebbe a dichiararci — il manoscritto desanctisiano, che è andato poi smarrito.
Dalla pubblicazione curata dal Muscetta, riproduciamo l’abbozzo contenuto nel manoscritto; si noterà facilmente che altro non è se non lo schema della Prefazione, di cui i frammenti sono una prima elaborazione, rimasta interrotta:
[ABBOZZO DI UNA PREFAZIONE AL «MANUALE» DEL ROSENKRANZ]
Questo libro può tornare utile ad un tempo come avviamento ad un epilogo. Quelli che sono digiuni di estetica e di poesia possono aver quasi un filo che li conduca per l’intricato laberinto di tante monografie, bibliografie, storie, articoli, discorsi, lezioni, giudizi, cumulo enorme di scritti e saggi e quadri che spaurisce il pensiero. E si trova come una carta geografica dove il viandante prima di porsi in cammino, può consultarvi gli indirizzi, le distanze, i luoghi notabili ecc... Quelli che sono pratici di questi studi troveranno in esso, per valermi di una comparazione dello stesso autore, come una vasta galleria di quadri ecc.
In effetti l’autore non ha potuto fare un libro compiuto che basti sol esso; e perché importa conoscere il disegno dell’autore, cominceremo dal determinare i cancelli in cui volontariamente si è chiuso! Compilazione. Buone fonti e primitive e lettura di poeti - Empirismo - Sua insufficienza Unità organica - razionale - Esagerazione - Costruzione a priori - presupposto e concetto - Fondamento del metodo di Rosenkranz - Divisione trinaria - Sua esagerazione - Palliativo tavola sinottica fuori dell’opera - Quadro generale all’ultimo - come risultamento - Apparenza di questo palliativo senza sostanzialità - Metodo dialettico sua bontà - Utilità della costruzione per l’insegnamento - Concordanza del sistema con gli ultimi risultamenti critici - Chiarezza e qualità dell’esposizione - Utilità dei sommari. Sobrietà e scelta dei particolari - Esattezza storica e cronologica - Sobrietà nei fatti politici e sociali - Qualità - Critica antica - Formole ed empiria - Reazioni - Romanticismo - Scuola di Hegel - Comprovare tutti gli elementi allegati legati e giustificati - Moderazione del Rosenkranz - Tracce di reazione - Predilezione per la oratoria - Debolezza dell’elemento individuale - Giudizi critici raccolti - Ha letto piú i critici che i poeti - Mancanza di calore abilitá - quadro vivace e preciso della moderna critica tedesca - Sismondi - Bouteweck, Jakob ecc. Schmidt, Diez - Spirito proprio di autore, non scolaro che copia, ma intelletto libero.
Franz Brunetti |
- ↑ B. Croce, Gli scritti di F. de Sanctis e la loro varia fortuna, Bari, Laterza, 1917, p. 108.
- ↑ F. de Sanctis, Memorie e scritti giovanili, a cura di N. Cortese, vol. I («Opere», voi. XI), Napoli, Morano, 1931.
- ↑ «Ti dissi, credo, che ora sto gettando le mie Memorie. La Genoviefa è un capitolo estratto da quelle. Desidero mi si mandino le bozze per la correzione, che mi preme assai», in Carteggio di F. de Sanctis, a cura di B. Croce, in «Atti dell’Accademia Pontaniana», voi. XLV, 1915, memoria n. 7. Il capitolo dedicato a Genoviefa fu pubblicato nella «Strenna dell’Associazione della stampa periodica in Italia», II, 1882, pp. 193-94.
- ↑ In Carteggio cit., p. 14.
- ↑ Carteggio cit.
- ↑ Si veda la lettera della vedova De Sanctis in appendice all’edizione Villari (Napoli, Morano, 1889, pp. 375-78).
- ↑ Si veda la Nota al testo dell’edizione a cura di G. Savarese (F. De Sanctis, La giovinezza. Memorie postume seguite da testimonianze biografiche di amici e discepoli, «Opere di F. De Sanctis», vol. I, Torino, Einaudi, 1961), p. XLIV.
- ↑ Memorie e scritti giovanili cit., vol. I, p. 328. All’edizione Cortese si rifecero poi, sino al Savarese, gli editori successivi, i quali in vero si curarono meno della critica del testo che del commento e dell’illustrazione delle memorie desanctisiane.
- ↑ II manoscritto della «Giovinezza» di F. De Sanctis, in «Giornale storico della letteratura italiana», vol. CXXXV, 1958, pp. 392-403.
- ↑ Cosi, per es.: p. 3 r. 5: «casati» per «ammogliati»; p. 7 r. 6: «Leicester» per «Kenilworth»; p. 8 r. 5: «mi veniva zio» per «mi era zio»; p. i2 r. 3i: «era a sua casa» per «era in sua casa»; p. i6 r. i8: «sarebbe stato a guadagnar quattrini» per «sarebbe arrivato a guadagnar quattrini»; p. i7 r. i5; «ritieni» per «rilievi»; p. 20 r. 27; «L’abate ci faceva le operazioni» per «L’abate faceva le operazioni»; p. 23: «dentro a me» per «dentro di me»; p. 23 r. i8: «non sapevo scerre fior da fiore e non distinguere albero da albero» per «non sapevo scerre fior da fiore e non distinguevo albero da albero»; p. 27 r. 3: «ne domandò» per «mi domandò»; p. 3 or. 23: «e vedendo citare al mio avversario» per «sentendo il mio avversario citare»; p. 33 r. 8: «e cominciai a sfogliare» per «e cominciai a sfogliare i libri»; p. 35 r. 3: «mi avevo messo in corpo» per «mi ero messo in corpo» (ma a p. 44 r. 28 e a p. 45 r. i0 e 33, dove nel ms. si legge «Scmücher», abbiamo senz’altro corretto «Schmückler», cosí come lo stesso Savarcse ha fatto, per es., per «Lamettrie» che nel ms. è «Lametrie»). Abbiamo poi lasciato a p. 38 e sgg. «zio» per «zio Carlo», che per il De Sanctis è appunto lo «zio» senza ulteriori specificazioni. Del Villari, d’accordo col Savarese, abbiamo accolto a p. i3 l’integrazione «in punta di piedi» per «in punta».
- ↑ Riportiamo qui di seguito gli evidenti errori di stampa rilevati in Villari, indicando prima con la pagina e il rigo il luogo della nostra edizione e quindi l’espressione corrispondente in Vi: p. 55 r. 7: «arrivai alla fine», Vi: «arrivar alla fine»; p. 7i r. i8: «A Morra s’era in grande apprensione». Vi: «A Morra c’era in grande apprensione»; p. 99 r. ii: «intontito». Vi: «intondito»; p. ii0 r. 24: «malizietta inconscia». Vi: «maliziosetta inconscia»; p. i22 r. 30: «birichino». Vi: «birrichino».
- ↑ Nella lettera al Villari della vedova De Sanctis, pubblicata, come s’è detto più sopra, in appendice alla Giovinezza edita a cura di Pasquale Villari (Napoli, 1889), si legge il seguente episodio sulla prigionia del De Sanctis a Castel dell’Ovo: «Scorsero sei mesi, quando [il tenente Santo Vito, suo carceriere] gli si presentò di nuovo, dicendo: — Signor De Sanctis, il governo vi accorda un libro a vostra scelta; volete un romanzo? Questo vi divertirebbe. — Niente affatto, voglio la grammatica tedesca. — Come! fate il liberale, e amate i tedeschi? — Io amo imparare la loro lingua, e però ho anche bisogno di carta e penna. — Questo poi sarà impossibile; domani avrete la grammatica. — Cosi fu fatto, c il De Sanctis da sé imparò il tedesco, che gli fu assai utile negli anni di esilio a Zurigo». Non possiamo essere sicuri che la grammatica di Le Bas e Regnier gli sia stata data dalla direzione del carcere, perché questo episodio riferito dalla signora Marietta De Sanctis deriva dal racconto che il marito le faceva nei primi anni del loro matrimonio, per cui non è da escludere qualche imprecisione. Possiamo tuttavia considerare, in base all’episodio che abbiamo citato, la sua operosità durante la prigionia.
- ↑ «La Critica», 19i2, pp. i46-47.
- ↑ Memorie e scritti giovanili, II, pp. 297.