La fisica dei corpuscoli/Capitolo 8/5

Capitolo 8 - L'ipotesi dei quanti

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5. — L’ipotesi dei quanti. — Gli studi del Boltzmann avevano già mostrato come si possa mettere in relazione l’entropia di un sistema con la probabilità del suo stato.

Il Planck ha esteso e completato le idee del Boltzmann. [p. 187 modifica]

Per stato di un sistema fisico, per es. di un determinato volume di gas, si intende l’insieme di tutte le grandezze indipendenti fra loro che bastano ad individuare il modo in cui variano col tempo i fenomeni che si verificano nel sistema. Un sistema abbandonato a se stesso va spontaneamente verso uno stato stazionario di massima probabilità; e contemporaneamente, come sappiamo dal 2° principio della termodinamica, l’entropia del sistema va crescendo fino ad un massimo. Entropia e probabilità variano dunque nello stesso senso. Ma mentre l’entropia d’un sistema costituito di più altri è data dalla somma delle entropie dei vari sistemi componenti, la probabilità dell’insieme è invece data dal prodotto delle varie probabilità dei singoli sistemi.

Il Planck stabilisce tra l’entropia S di un sistema e la sua probabilità W la relazione seguente

186)

che esprime la considerazione fatta. Questa relazione assegna alla entropia un valore definito, mentre quella che avea dato il Boltzmann definiva l’entropia solo a meno d’una costante addittiva. Questa posizione del Planck è quella che conduce alla necessità dei quanti, mentre se ci contentiamo col Boltzmann di definire la entropia a meno di una costante quella conseguenza sparisce.

La probabilità W del sistema secondo il Planck è il numero dei possibili aggruppamenti o complessioni che si possono ottenere con gli elementi, che costituiscono il sistema — molecole o atomi od elettroni — compatibili con le condizioni del sistema. Ora è noto che per calcolare quel numero bisogna ricondursi a spazi elementari che comprendano un certo numero di elementi non potendosi giungere alla conoscenza delle grandezze corrispondenti ad elementi singoli. Se l’ampiezza di quegli spazi elementari si può far [p. 188 modifica]diventare piccola a piacere, ossia se può esprimersi con una forma di questo genere

in cui è un volume dello spazio ad n dimensioni, ed , , ... sono le coordinate di questo spazio, allora l’espressione integrale a cui si giungerà per W rappresenta un modo di variare del sistema con continuità; ma se invece quegli spazi elementari sono necessariamente di grandezza finita e quindi esprimibili solo nella forma

allora l’espressione a cui si giungerà deve contenere come elemento necessario quella grandezza G minima, ma finita e quindi includerà una distribuzione in quanti.

Gli spazi elementari G sono i campi di eguale probabilità.

Ora per giungere all’espressione fondamentale del Planck data dalla 186) non esiste, almeno finora, altra via che ricorrere agli spazi elementari di grandezza finita. E precisamente per il caso di oscillatori, che sono gli elementi di un sistema che può assorbire ed emettere radiazioni, ogni oscillatore essendo definito da due grandezze, f che si può chiamare il momento e che rappresenta l’impulso, lo spazio rappresentativo a cui bisogna ricorrere per determinare la probabilità sarà uno spazio a due dimensioni, e l’elemento di questo spazio sarà in grandezza finita ed espresso da

187) .

Questa grandezza h costituisce una costante universale ed è quella che comparisce in tutte le formole che si deducono con la teoria dei quanti. [p. 189 modifica]

Il valore e le dimensioni di questa costante del Planck sono queste

188)

mentre la costante k della formola 186) è data da

189) .