La fine di un Regno (1909)/Parte III/Documenti vol. II/VI

Documento VI

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Documento VI, volume II, cap. VIII.


Rapporto segreto di Castelcicala
sui tentativi rivoluzionarii dell’ottobre 18959.


MINISTERO
E REAL SEGRETERIA DI STATO
presso
Il Luogotenente Generate
nei Reali Domini al di là del Faro



Dipartimento di Polizia



N. 1743



Oggetto
Spirito pubblico


Palermo, 12 Ottobre 1850

Eccellenza,


Dopo l’arrivo del Piroscafo venuto da Napoli, venerdì 7 dello stante, una grande animazione suscitossi fra tutta la gente turbolenta e trista, e buccinossi che il tempo della riscossa era venuto, e che bisognava affrettarsi a secondare il grande impulso, che veniva da fuori, per far entrare la Sicilia con un insorgimento nel movimento italiano.

Risvegliavansi le passioni sovversive; e per rendere animosi e determinati gli esitanti e gl’incerti, si ripeté quant’erasi precedentemente detto dopo il licenziamento del 1° Reggimento Svizzero sul numero e sulle condizioni dell’Esercito stanziato in Sicilia, e come sarebbe agevole impresa sopraffarlo in moto rivoluzionario.

La notte seguente furono spediti, ne’ paesi de’ dintorni, degli emissari per invitare i facinorosi a tenersi in procinto per un movimento ch’era fissato per la notte dagli 8 al 9 alle 4 1/2 del mattino.

La polizia informata di tutti questi preparativi e della volontà determinata ne’ faziosi di venire alle mani, provvide da sua parte per impedire che lo scellerato disegno si attuasse, ed io disposi quanto occorreva per antivenire qualche colpo di mano sul presidio della città, provvedendo opportunamente senza apparato di forze, e senza allarmare la città.

Durante il giorno 8 le notizie divenivano più incalzanti, sulla volontà determinata de’ [p. 117 modifica]faziosi di venire ad un fatto; ed i rapporti privati e segreti che giungevano da ogni parte al Direttore di Polizia, non mettevano più in forse che nell’ora designata della notte una irruzione avrebbero fatta i facinorosi de’ paesi vicini sulla città, per dar la mano a quei di dentro, che alla lor volta si sarebbero levati in armi.

La città può ben dirsi che fu inconsapevole de’ gravi pericoli che le sovrastavano fin quasi all’imbrunire di quel giorno, e conservò una fisonomia calma e serena; ma sulla sera, avuto vento (sic) della trama, entrò in serie apprensioni, e furon visti votarsi d’un subito tutte le botteghe di pane e pasta, correndo tutti a far provvigioni pe’ giorni ne’ quali durerebbe la lotta. A rifornire il pane e la pasta, di cui sperimentossi tantosto penuria, fu mestiere che la Polizia durante la notte degli 8 avesse fatto lavorare in continuazione negli opifici dell’annona.

D. Salvatore Buccheri di Palermo.
D. Onofrio di Benedetto id.
D. Giuseppe Mastricohi id.
D. Giorgio Boeggi id.
Salvatore Lalicata de’ Colla
Gioachino S1rugo di Mezzomorreale.
Giuseppe De Cristina id.
Bartolo De Cristina id.
Francesco Gandolfo di Bagheria
Vincenzo Tesauro di Villabate
D. Costantino Accardi di Palermo
D. Girolamo Spallina id.
D. Giuseppe Tranchetta id.
D. Vincenzo Campo id.
Fratelli Brassetti negozianti id.
Francesco Feo di Villabate

Nell’ora tarda della notte si fecero occupare gli sbocchi principali, che da’ comuni vicini conducono a Palermo, da quattro Conpagnie di fanteria. Delle pattuglie di polizia e di Compagni d’armi perlustravano la città ed i luoghi suburbani; e le R. Truppe senza farsi uscire da’ Quartieri si tenevan pronti per accorrere al primo avviso d’un movimento sedizioso.

La notte si passò tranquilla, e la previdenza governativa fece abortire lo scellerato disegno de’ faziosi.

Le Polizia seppe il mattino seguente che degli assembramenti di persone armate si erano viste nelle contrade de’ Colli, dell’Uditore, di Boccadifalco, de’ Frassini, di Chiarandà, e della Favara, i quali si erano dissipati in vista dell’attitudine risoluta pigliata dal R. Governo. — Seppe del pari che i primi suscitatori di questo movimento si erano gl’individui a manca scritti, e che la febbre dell’insurrezione non si estendeva al di là del cerchio de’ paesi che fan corona a Palermo.

[p. 118 modifica] I dottrinari e tutti i liberali intelligenti del paese meravigliarono di questa recrudescenza istantanea nello spirito sedizioso della gente di azione, e si avvisarono di profittarne qualora riuscisse l’insano tentativo.

I giorni 9 e 10 si passarono tranquillamente, e la polizia fu intenta a dar la caccia ai compromessi, ed a soffocare lo spirito di vertigine che divampava.

In Bagheria, paese abitato da gente ribalda che in tutti i tempi ha apprestato a Palermo il miglior nerbo degli uomini di azione, un tal D. Giuseppe Mastricchi, veduto mancare il colpo preparato pel mattino del 9, pensò di concitare gli animi di circa un cinquanta abitanti di quella terra, dicendo loro che se fossero animosi a lanciarsi sopra Palermo, la rivoluzione si sarebbe d’un subito compita, avvegnachè nelle condizioni presenti nelle quali trovasi la Sicilia, egli diceva, bastava una scintilla per far divampare un grande incendio.

Quella gente avida di sangue e di rapina accolse l’insano consiglio ed assembrossi nelle ore vespertine del giorno 10 in una casina, che sta sul versante del monte Zafferano lungi dall’abitato.

La più gran parte de’ faziozi eran senz’armi, e si pensò fornirsene disarmando un antro doganale, che stava nella sottostante baja dell’ Aspra, e la Guardia Urbana di S. Flavia e Porticello.

Quella gente si divideva, ed una parte scendendo all’Aspra, sorprendeva l’antro, e toglievano cinque fucili, un trombone, due pistole, cinque sciabole, la munizione, e rubavano diciotto ducati, e le vestimenta, che si appartenevano allo equipaggio, che impotente a resistere, si lasciò disarmare e spogliare.

L’altra parte si recava in Santa Flavia e Porticello, ove disarmava la Guardia Urbana, ed uccideva due disfortunati coloni, de’ quali uno si negò a dar loro le armi, e l’altro ricusossi a seguire la banda. [p. 119 modifica]

Molte fucilate tirarono in Santa Flavia per far baldoria, gridandosi da’ faziosi “Viva Napoleone, Viva la libertà„.

Il Comune di S. Flavia atterrito non osò framestarsi (sic) a quelle sediziose manifestazioni; e le due parti della banda rannodatesi sul versante del monte Zafferano, senz’osare di entrare in Bagheria, ove stanno a presidio due compagnie di fanteria, discesero per la marina sottostante, s’incamminarono verso Palermo, sulle prime ore della sera.

Il direttore di Polizia, che fin dal mattino avea spedito in Bagheria due agenti secreti, alle prime voci che si ventilarono d’un movimento, informato di questi fatti me ne dava avviso, e mi assicurava che isolato si era quell’atto sedizioso.

Egli spediva tantosto il Capitan d’armi Cav. Chinnici con 18 compagni d’armi in Bagheria per incontrare la banda, o per riaprire le comunicazioni con quel Comune, che credeansi intercettate.

Istessamente spediva il direttore di Polizia 12 Gendarmi e 32 Guardie di Polizia, sotto gli ordini dell’Ispettore D. Gaetano Scarlata, nella prossima contrada dell’Acqua de’ Corsari, posizione centrale alle due vie che da Bagheria e Misilmeri menano in Palermo, per tagliare la strada agl’insorti.

Il capitan d’arme Chinnici, giunto a Ficarazzi, si avvenne nella banda, la quale accortasi della forza, si gittò ne’ giardini che stan di costa alla strada senza trar colpo, temente d’esser attaccata pria di giungere a Palermo.

La compagnia d’armi si lanciò per seguirla, ma la disperse in mezzo a’ giardini inselvati di agrumi e di folti canneti, e fu forza rimettersi sulla consolare e proseguire innanzi per volgere a diritta presso Bagheria, e condursi in Villabate ove sembrolle essersi diretti gl’însorti.

Nel frattanto la forza di polizia che stava nella posizione succennata dell’Acqua de’ [p. 120 modifica]Corsari, intese una viva fucilata dal lato di Villabate, e conseguente alle istruzioni ricevute corse a tutta lena a quella parte. In arrivando trovò gl’insorti padroni del paese, che tiravano a dritta e sinistra, gridando “Viva Napoleone, Viva la libertà„.

La polizia attaccò vigorosamente quei ribaldi, col grido di “Viva il Re„ e respingendoli di luogo in luogo, dopo un conflitto di circa venti minuti, sloggiò la banda, che si disperse per la vicina montagna.

Uno de’ malfattori, di nome Antonino Billitteri, cadeva mortalmente ferito, e moriva il giorno seguente, dopo di aver dichiarato i nomi di una parte de’ componenti la banda.

Si seppe che all’arrivo della stessa, la Guardia Urbana di Villabate l’accolse col fuoco, ma soverchiata dal numero cedè e ripiegò.

Uno degli Urbani disgraziatamente fu ucciso.

Il Capo Urbano D. Vincenzo Salmieri si condusse con grande valentia, e stava per cadere nelle mani degl’insorti all’arrivo della forza di polizia.

Questa adempì onorevolmente il debito suo, mostrando energia, coraggio, e devozione al Re (N. S.)

Una colonna di quattro Compagnie di fanteria mosse la stessa notte per Bagheria, Villabate e Misilmeri; ed unita alla forza della Compagnia d’armi e di Polizia, ieri si dava alle ricerche della banda che si è interamente sperperata e dispersa.

Questa colonna, animata da eccellente spirito, infaticabilmente diede ieri una battuta generale nelle montagne che sovrastano Villabate.

Essa va a rientrare in Palermo, e due colonne mobili, di due Compagnie ciascuna, muoveranno dentr’oggi pe’ paesi de’ Distretti di Palermo e di Termini per ispirare temenza a’ tristi, rinfrancare gli onesti, e per disarmare le persone sospette. [p. 121 modifica]

Un funzionario di Polizia, un cancelliere, ed una mano di compagni d’armi ausiliano questa colonna mobile.

Un disarmamento generale si sta effettuando in Palermo, e suo Distretto.

Un Giudice di questa G. Corte Criminale muove stamane per Villabate e Bagheria, onde constatare con atti giuridici tutti i misfatti commessi dalla banda, e si stanno ammanendo degli elementi necessarii, per mettere in lista preparatoria di fuorbando i componenti già noti nell’orda sediziosa.

La banda si è interamente sciolta, e taluni sono rientrati nelle loro case.

Quattro di essi di Villabate jer sera si associarono alla forza degli Urbani per perlustrare il paese, e non si sono arrestati per attrarre i loro complici a tornare fiduciosi nel paese, e quindi arrestarli in una volta.

Tutta l’orda non era al di là di 85 uomini, composta di gente di Bagheria e Villabate, e qualcuno de’ vicini paesi.

Il capitan d’armi Chinnici e l’ispettore Scarlatta sono intenti alla cattura de’ compromessi di Bagheria.

L’attitudine piena di calma del R. Governo, congiunta alla vigoria, ha impresso un salutare terrore a tutti i novatori ed i tristi, i quali sanno che son disposto ad applicare in tutta la provvida sua severità la legge del 27 Dicembre 1858, contro coloro che attaccano la sicurezza interna dello Stato.

Ogni giorno si minaccian sedizioni e rivolture, le quali avrebbero luogo quando in un’ora, ora quando in un’altra, e cercasi con queste sinistre voci di tenere in inquietudine il Governo ed allarmare la gente onesta e pacifica.

Siamo in giorni di agitazione, e fa mestieri che l’Autorità si tenga in guardia contro le macchinazioni di un partito, che vuole a tutto costo mettere a soqquadro la Sicilia.

Si vanno arrestando i promotori di questi disordini, e si veglia indefessamente per farsi [p. 122 modifica] schermo a qualunque sorpresa che i rivoluzionari potessero tentare.

Meditando sa le circostanze, che hanno accompagnato il moto sedizioso cominciato da gente sanguinaria e ladra in Bagheria e finito dopo breve ora in Villabate, sorge la considerazione, che i rivoluzionarii non posseggono quei mezzi di azione, di cui si vantano sempre per rendersi formidabili a’ Governi, avvegnachè quella banda mancava di armi, e fu costretta ricorrero alla violenza ed al sangue per procurarsene.

Sorge pare la considerazione che mancano di unità e di coesione non avendo avuto eco altrove il forsennato conato.

Dallo stesso grido di guerra che levarono colle parole di “Viva Napoleone, Viva la libertà„ si rileva che nessun bene esplicito concetto politico muoveva quell’orda senza bandiera, e che gridava un nome troppo ripetuto da sei mesi in qua, e che nella mente di quella gente stolta e ribalda compendia l’idea delle sue aspirazioni ad un reggimento politico disordinato, e l’avversione al legittimo potere.

In tutto il resto dell’Isola v’è calma aspettante; ed al di là del raggio di 15 miglia da Palermo, non v’è quella affervescenza politica che travaglia queste contrade.

Ho fatto palese a tutte le autorità dell’Isola l’insano tentativo della banda di Baghoria e la pronta repressione usata dal R. Governo.

Mi è grato far fede che in questa congiuntura tutti han fatto il loro dovere.

Tolgo a premura d’informare V. E. di queati interessanti particolari per la debita sua intelligenza.

Il Luogotenente Generale
firmato: Castelcicala


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Risposta del ministre di Sicilia a Napoli.


MINISTERO
E REAL SEGRETERIA DI STATO
per gli affari di Sicilia
presso S. R. M.



Polizia N. 1872



per gli ultimi torbidi di
Villabate


Napoli 19 Ottobre 1850

Riservata

Eccellenza,


Mi onoro assicurar V. E. che avendo posto sotto gli occhi di S. M. (D. G.) il pregevolissimo e riservatissimo Suo rapporto de’ 12 ottobre volgente, N. 1748, relativo agli ultimi avvenimenti di Villabate: la M. S. si è degnata al margine del detto foglio apporre la seguente Sovrana decretazione:

“Inteso degli ordini dati. Inteso con soddisfazione per la pronta repressione. Si preferisca però sempre il prevenire molto, per reprimere poco „.

Il Ministro
firmato: Cumo



A S. E.
Il Luogotenente Generale

Palermo