La cieca di Sorrento/Parte terza/IX
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IX.
dubbi e speranze.
E Beatrice aveva in quel momento lasciata la penna che avea segnato quelle ultime parole, allorchè suo padre si presentò all’uscio della camera di lei.
Il marchese Rionero stette pochi momenti immobile a riguardar sua figlia, innanzi di entrare... Egli aveva pianto, poichè gli occhi erano, arrossiti, e le gote cosparse di tristezza... Scompigliati e a diversi gruppi cadevangli i capelli ancora lunghi e neri sulle tempia... Una cravatta di seta nera discompostamente messa intorno al eolio; una veste da camera che tutta covriva l’alta persona, indicavano abbastanza la straordinaria lotta di pensieri alla quale testé era stato in preda.
Entrando il marchese, Beatrice avea chiuso il quaderno del suo giornale, ed avea salutato il padre con graziosità. S’intende già che con quel tatto morale così maraviglioso, onde i ciechi indovinano l’individuo che entra nelle loro camere, Beatrice non Scambiava mai il padre pel cav. Amedeo, o Geltrude per la cameriera.
— Buon giorno, figlia mia.
— Sei commosso, papà! sciamò la fanciulla, e il suo volto si alzò verso di lui, quasi avesse voluto guardarlo in viso.
— Sì, figlia mia, tel confesso... non intendo dissimularti lo stato della mia anima...
— E che avvenne, mio Dio!
La giovinetta imbiancò in volto, e restò in quella posizione immobile e quasi stupida, in cui sogliono restare i ciechi ne’ momenti in cui la loro anima è più in movimento.
Il marchese intanto avea chiusa la bussola della camera, ed era venuto a sedersi dappresso alla figliuola.
— Ascoltami, figlia mia... Quello che debbo dirti, e che in questo momento cotanto mi agita, è tal cosa che dovrà decidere del destino dell’intera tua vita.
— Parlate, padre mio, sono tranquilla e rassegnata alla volontà vostra che è pur quella di Dio. Il Marchese avea gittato, in sull’entrare, gli occhi sul giornale della giovinetta, e tosto eragli sorto un pensiero, cui per mandare ad effetto si strinse più daccanto alla figliuola, per modo che la sua mano distendersi potea sul tavolino dov’era riposto il manoscritto.
Giammai il Marchese noti avea violato i segreti della figliuola, e, eomechè non poche volte fatto gli venisse di gettar lo. sguardo su ciò che ella avea scritto, mai non avea voluto, per delicatezza d’animo, profittare della cecità della figlia per indagarne i pensieri che ella tuttodì confidava alla muta amicizia della carta. E quest dilicato sentimento il Marchese non solo, addimostrava in questa particolarità, ma in ogni altra qualunque congiuntura che porta gli si fosse di valersi del* miserando stato della fanciulla per fare alcuna cosa di che ella fosse inconsapevole. Egli trattava sua figlia come se mai fosse stata cieca, ed alla presenza di lei si comportava nella stessa guisa come se ella ogni atto o gesto di lui avesse osservato.
Ma in questa fiata un potente motivo aveasi il Marchese d’ingannare la vigilanza dèlia figlia... L’avvenire di lei potea forse dipendere da una parola che egli avrebbe letta a caso in quel libro... forse una inattesa rivelazione potea trovarsi che lo avrebbe illuminato su i sentimenti della cieca... Egli sapea come angelica si fosse l’anima di quella creatura; sapea che ella avrebbe fatto sempre il voler di suo padre* ancorché morta ne sarebbe di poi; sapea quanti e quali misteri di dilicato sentire nascondevansi nel profondo di quel cuore, santuario di amore, d’abnegazione, di pazienza e di carità.
Tutto ciò sapendo, il marchese si era deciso a strapparle dal cuore, anche a sua malgrado, un lampo che l’avesse rischiarato sulla risoluzione che dovea prender riguardo a lei.
— Pria di tutto, figlia mia, ho bisogno che tu mi apri intieramente il tuo cuore; te lo chieggo in nome di tua madre. Poni da banda l’amore che mi porti; parlami come se Dio medesimo ascoltasse la tua confessione, e com’Egli in fatti l’ascolta... Dimmi, ami tu Amedeo?
La fanciulla arrossò tutta, e chinò il capo quasi che avesse voluto chinar gli occhi.
— Padre mio, disse poscia con voce debole e tremante, a che mi rivolgi questa domanda? Posso io amare altri che te sulla terra?
— Tu dunque non ami il cav. Amedeo?
— Sì, l’amo come i miei fiori, come Geltrude, ma non l’amo come te... Quando egli mi dice di amarmi, quando dice che io sono bella, anch’io il trovo bello ... ma pur le sue parole non mi sembrano sincere, padre mio.
— E che ne sai tu che egli è bello?
— Oh! così bello fosse il suo cuore come il suo volto! Scommetterei che egli è alto, ben fatto, che i suoi capelli e la sua barba sono neri.
Il marchese restò colpito.
— Geltrude ti avrà detto tutto ciò.
— Ohi no, ti assicuro... Geltrude non mi parla mai del cav. Amedeo; io gliel’ho proibito...
Il marchese non aveva udite queste ultime parole, dappoichè con somma destrezza gli era riuscito di aprire il quaderno appunto all’ultimo foglio scritto, e i suoi occhi aveano letto distintamente queste parole:
«No, io non sarò felice col cav. Amedeo...
«Anche senza quello che mi ha detto il medico testè nella villa, io presentiva che quest’uomo ha un falso linguaggio;... le sue parole non partono dal cuore... Il cav. Amedeo è un uomo finto; egli inganna forse mio padre... No, io non sarò felice con lui... Ma a ormai è troppo tardi... Mio padre ha promesso, ha dato la sua parola... ed io sarò la moglie del cav. Amedeo; Iddio mi assisterà...
«D’altra parte, sento che la mia vita non sarà lunga.»
Il marchese respirò, e congiunse le mani in atto di ringraziamento a Dio... Egli si sentiva sollevato da un poso mortale, perocchè fino a quel momento avea creduto che sua figlia fosse presa d’amore pel cav. Amedeo; e di leggieri si comprende come questo sarebbe stato un ostacolo insormontabile per la proposta di Blackman.
Dobbiamo accennare che, dopo la rivelazione fattagli dal medico inglese, il padre di Beatrice avea pregato Dio d’illuminargli la mente e suggerirgli quello che gli convenia di fare. Non era possibile creder finto l’amore di Blackman; le sue ardenti parole e il suo stoico carattere non davano luogo a dubbio alcuno. Dapprima il marchese avea rigettato con ribrezzo l’idea di una unione con sua figlia, che troppa era la deformità dell’inglese; ma l’idea di riveder sua figlia godente della vista lo seduceva, l’abbagliava e scordar gli facea le irregolari fattezze di colui che tanto bene avrebbe ridonato alla infelice giovanetta. D’altra parte, Oliviero Blackman era ricco e rinomato, ed amava immensamente Beatrice. La ricchezza, la gloria e l’amore non avrebbero forse un giorno fatto sparire agli occhi di sua figlia la deformità di suo marito?
Tali considerazioni aveano in parte persuaso il marchese ad accogliere la proposta di Oliviero; ma un dubbio il rendea titubante, che sua figlia fosse innamorata di Amedeo. Ciò lo avrebbe decisivamente costretto a rigettare la specie di contratto propostogli dal medico.
Il Marchese adunque provò una viva soddisfazione nel leggere quelle parole scritte dalla fanciulla, e fermò attaccar di botto il subbiato che più gli stava a cuore.
— Ebbene, figlia mia, le disse con risolutezza, io leggo nel tuo cuore;.. tu non ami Amedeo.
— Ah! sclamò Beatrice,., io non l’ho detto, n’è vero?
— Non è necessario che mel confessi; le tue parole me lo hanno palesato abbastanza.
— Non importa, padre mio, lo sposerò, se vuoi.
— No, Beatrice... la tua tenerezza verso di me mal ti consigliava... Ma Dio non ha permesso che io mi fossi renduto involontariamente il tiranno del tuo cuore... Racconsola ti, figlia mia, Amedeo non sarà tuo marito.
— Veramente! O mio Dio! E la tua parola verso di lui?
— Sarà sciolta per tutt’oggi.
Beatrice tolse tra le sue la mano di suo padre, e due volte la baciò... Una lagrima le scendea giù per la guancia.
Il Marchese restò qualche tempo in silenzio. Il più difficile restava tuttora a farsi: ei non sapeva in che modo- affrontar l’argomento, e rivolgea tra sè medesimo queste dimande: È conscia mia figlia della deformità di Oliviero? Non mi maledirà ella un giorno di averle fatto restituir la vista per venderla ad un uomo di sì sconcia apparenza? Sarà Oliviero un tenero ed affezionato marito?
Questi problemi, che ei si dirigeva, ed a cui non sapea dare alcuna soluzione, l’avrebbero persuaso a differire il difficile abboccamento, se per tutta la giornata che correva non gli fosse stato forza il dare una risposta al medico innamorato. Sicchè, fattosi animo, e quasi che egli fosse stato la figliuola ed ella il padre, al quale accinger si doveva a dimandar una grazia, con voce alcun po’ tremante le disse:
— Beatrice, la tua sorpresa sarà grande quando io ti avrò detto che un altro uomo ha chiesto la tua mano.
— Che! sclamò la cieca... un altro! E chi mai?..
— Oliviero Blackman.
— Egli!!
La fanciulla si covrì il volto con ambo le mani. Non mica il rossore, ma una pallidezza mortale avea coperto le sue sembianze.
Il padre chinò il capo in atto di scoraggiamento, e nell’interno della sua anima sclamò: Ben lo sapevo!
Vi sono alcune situazioni nella vita in cui la cosa più difficile è il profferire una parola, una frase, un concetto; ed il silenzio, invece di troncar le difficoltà, più le ingarbuglia ed infosca.
— Il tuo moto di ripugnanza è giusto, figlia mia, disse indi a poco il Marchese, imperciocchè Oliviero è, come dicesi... deforme.
Beatrice non rispose.
— Sì, continuò il padre, egli è deforme... le sue fattezze sono scontraffatte e irregolari;.. ma non affrettarti a pronunziar la sua condanna di morte... egli ha per sè un potente difensore... la sua anima.
Beatrice continuava nel suo agghiacciate silenzio; ma il suo seno era agitato, e il biancore del suo volto era estremo.
— E dico la sua condanna di morte, ripigliava il genitore, perciocchè ei ne morrà... sì, ne morrà, se tu lo rifiuti; come al contrario, se tu l’accetti, figlia mia, egli strapperà da’ tuoi occhi le tenebre che ora ti circondano, e nell’uomo che sarà tuo marito tu adorerai, sotto laide forme, l’angelo che la Provvidenza ha mandato per ridonarti la luce del sole. Sono appena pochi dì che io conosco quest’uomo, e, non so, ma parmi che la sua anima sia tanto nobile e sublime quanto il suo corpo è ignobile ed abbietto. Qualche cosa è in lui che ti sforza ad ammirarlo. La scienza e la virtù, queste sublimi sorelle figlie del cielo, sembrano aver preso piacere a sdegnare in lui le caduche bellezze della creta e del fango... Non ti parlo della sua fama... della gloria che lo circonda... e dell’oro che ei calpesta... S’egli è deforme, ei ti ama, figlia mia... ti ama con quella passione che è tossico per le anime sensitive, e che, non appagata, non si riposa altrove che nella tomba. Oh se tu l’avessi udito ieri... quando mi parlava del suo amore per te! Il suo accento mi squarciava le visceri. Non ti parlo di me!... Non ti parlo di quella gioia divina che proverei negli anni della mia vecchiezza se baciar potessi un’altra volta i tuoi occhi come allora ch’io li baciava nella tua culla, dopo aver stampato casti baci caldi di affetto sulla fronte di tua madre... Non ti parlo di tal consolazione che obbliar mi farebbe diciassette anni di amarezza e di pianto! Ancorchè fosse un estremo tentativo, ancorchè il tuo intimo convincimento ti dicesse che non mai potrai guarire non bisogna andar contro ai decreti della Provvidenza, figlia mia, e ricusar la grazia che essa vuolti concedere.
— Ebbene, la volontà di Dio sia fatta, rispose Beatrice con accento fermo e risoluto. Io sposerò Oliviero Blackman, se questi restituirà la luce agli occhi miei...
— Che tu sii benedetta, figlia mia, esclamò il padre abbracciandola e baciandola... Tu hai sollevato il mio cuore... Sento nell’animo che un giorno tu amerai Oliviero, non ostante la sua fisica imperfezione. Che ne dici?
— Non so... la felicità non è stato il mio retaggio quaggiù; spero almeno formar la tua padre mio.
Il marchese tornò ad abbracciarla, e questa volta una lagrima di quell’uomo eccellente cadde su i be’ capelli della fanciulla.
— Oh! tu sarai felice... o neanch’io lo sarò... E non sei tu forse la sola, l’intera mia felicità sulla terra?
Poco stante, il marchese usciva per recare ad Oliviero la risposta che questi aspettava con ansia estrema.